Vannacci ringrazia Repubblica, pornhub elettorale e Le Pen: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: la sfida per la Commissione Ue, il generale straccia Zan e Ursula von der Leyen

Vannacci ringrazia Repubblica, pornhub elettorale e Le Pen: quindi, oggi...

- Oggi Massimo Gramellini riesce a scrivere che il neo bipolarismo italiano, cioè Meloni contro Schlein, sarebbe l’effetto della battaglia femminista delle due leader contro “i maschi alfetta” che sono stati spodestati. Vabbè. Ma soprattutto sostiene che ad agevolarle “è stata una legge elettorale, quella proporzionale, che spinge a contendere i voti più all’alleato che all’avversario”. Bufala mefistofelica. Il grande risultato di queste europee è che nonostante il proporzionale, che da che mondo è mondo favorisce la frammentazione partitica, emerge comunque una contrapposizione di stampo bipolare. Che poi l’ha scritto egregiamente ieri Verderami, sempre sul Corriere. Magari Massimo potrebbe leggere ogni tanto il quotidiano su cui scrive.

- Si apre la partita per la Commissione Ue. E visto che l’Europa è stata costruita col peggiore dei sistemi da azzeccagarbugli, è forse il caso di fare un poco di chiarezza. Primo: il presidente della Commissione Ue viene proposto dal Consiglio Europeo, cioè dai capi di Stato e di governo in quel momento regnanti, anche se hanno perso le elezioni. I commissari, cioè i ministri europei, vengono distribuiti allo stesso modo: gli Stati ne scelgono uno, in base non al risultato delle elezioni ma al governo in carica in quel momento. Cosa cambia allora dopo il 9 giugno? Semplice: oggi al Consiglio Ue ci sono governi più o meno forti. Meloni è in rampa di lancio, e farà valere la sua forza elettorale; Macron e Scholz non potranno imporsi.

- Secondo appunto: si partirà da Ursula von der Leyen perché il Ppe ha la maggioranza in parlamento. La domanda allora diventa: chi può appoggiarla, visto che l’asse Ppe-Pse-Renew non ha abbastanza voti per coprirsi dai franchi tiratori? L’ipotesi che per partito preso ci si rivolga solo ai Verdi, escludendo “le destre”, è impensabile: immaginare che i perdenti (socialisti e liberali) possano imporre ai vincitori (il Ppe) l’alleanza con chi è “scomparso” dal panorama politico (i verdi) sa di fantascienza. Dunque Meloni si farà dare un Commissariato di peso e poi voterà la fiducia, non fosse altro perché sarebbe strano se un capo di governo indicasse un commissario e poi non sostenesse la commissione di cui questo fa parte. Quindi l’Ursula bis potrebbe avere il voto di un pezzo di Ecr, Ppe, socialisti e liberali. Ma al Parlamento europeo la partita - più che alla fiducia - si gioca dopo. Sui singoli provvedimenti, dove spesso i gruppi politici si spaccano al loro interno in base alle esigenze nazionali. Ed è qui che l’Ecr di Meloni cercherà di giocare di sponda con l’Id di Marine Le Pen e con i membri più conservatori del Ppe. Come già successo a fine della scorsa legislatura.

- Occhio a dare per morto il Movimento Cinque Stelle.

- Con Vannacci in lista, Fratelli d’Italia avrebbe raggiunto il 30%. Così, giusto per dire quant’è costato ad FdI farsi scappare il generale. Ma è anche vero che la muscolosità del soldato non si confà ad un ruolo di primo piano nel partito di Giorgia abituata com’è a non avere comprimari.

- Fa sorridere come gli intellettuali di sinistra abbiano preso tutto sommato bene la mossa di Emmanuel Macron di sciogliere le camere e andare direttamente al voto. Anche Stefano Bonaccini è convinto abbia fatto la scelta giusta perché in democrazia “decidono i cittadini”. Sono gli stessi che alla caduta del governo Conte I, del Conte II e di Draghi ci spiegavano per filo e per segno quanto fosse pericolosa una crisi istituzionale nel mezzo di pandemie, guerre e situazioni economiche instabili. A quanto pare, il rapido ritorno al voto risulta pericoloso solo il Italia.

- In Francia rischia di accadere l’impensabile. Il Rassemblement National di Marine Le Pen e i gollisti hanno trovato l’accordo: si uniranno alle elezioni legislative di luglio per cercare un primo storico governo di destra-destra. Resta fuori Reconquete di Eric Zemmour e Marion Marèchal, nipote della Le Pen, segati proprio per permettere il patto elettorale con i gollisti. Marine sa che per puntare all’Eliseo deve rompere quel “cordone repubblicano” che le ha sempre impedito di conquistare il potere. E quale migliore occasione se non quella di relegare nel ruolo di reietto Eric Zemmour al suo posto? In questo modo, se interpretiamo bene la mossa politica, Le Pen grazie ai gollisti si candida ad abbandonare lo storico isolamento del suo partito e ad entrare nel novero dei movimenti “repubblicani”. Se dovessero vincere le elezioni, e portare Jordan Bardella al governo, nessuno potrebbe più impedirle di salire all’Eliseo con la scusa della difesa della democrazia.

- Adorabile notizia: pare che dopo la nottata elettorale, subito dopo lo spoglio (delle schede, s’intende), gli italiani ci abbiano dato dentro con l’onanismo. Pornhub ha registrato una notte di fuoco da parte degli elettori con un +27% di filmati porcellini visti rispetto ad una normale domenica di giugno. La domanda è: festeggiano il risultato o si consolavano con un po’ di hard?

- Vi siete mai chiesti chi è il vero sponsor di Roberto Vannacci? No, non parliamo di Matteo Salvini. Adesso che il generale è stato ufficialmente eletto all’Europarlamento, con relativo futuro politico forse radioso, è forse arrivato il momento di ringraziare sentitamente chi l’ha reso chi è diventato. Non l’Esercito. Non i suoi studi. Non l’esperienza militare. E neppure “Il Mondo al contrario”. Ma la redazione di Repubblica che tirò fuori chissà come il suo ignoto libro autoprodotto e lo rese il caso editoriale dell’anno. Non v’è peggior eterogenesi dei fini della manovra editoriale portata avanti del quotidiano di Molinari, sposata dagli intellettuali chic e da diverse televisioni, tutti convinti di azzoppare un generale per finire col trasformarlo in onorevole. Chapeau.

- Rischia di restare fuori dall’Europarlamento Annalisa Corrado, schleiniana di ferro, diventata famosa non tanto per le sue doti politiche (che di sicuro vi saranno) ma per la proposta estemporanea di abolire il ferro da stiro in favore del clima. Tutto dipende da Alessandro Zan, eletto sia a Nord-Ovest che a Nord-Est: se sceglie il collegio orientale, taglia fuori Corrado. Che a quel punto non le resterebbe altro da fare che stropicciarsi per il clima, però senza seggio.

- La rettrice della Sapienza fa sapere che le occupazioni pro-Palestina sono costate all’Università, cioè ai contribuenti, cioè a tutti noi, qualcosa come 330mila euro di danni vari. Sono stati vandalizzati i muri, la cappella, gli spazi per gli studenti disabili e il Mammut di Geologia. Qualcuno secondo voi si scandalizzerà? No, ovviamente. “Son ragazzi”, diranno. “È la contestazione”, ribadiranno. Ma vien voglia di non pagare le tasse sapendo che i soldi di chi lavora verranno buttati nel water per pagare i danni di chi gioca a manifestare anziché studiare.

- Nico Balice sarà nuovo sindaco di Termoli. E voi direte: embé? Giusto. Ma il fatto è che Nico ha trionfato col 70% dei voti, praticamente un plebiscito, e il Consiglio comunale sarà composto da 19 membri di maggioranza e solo 5 di minoranza. Ha un consenso tale che potrebbe auto-intitolarsi una statua equestre in piazza e nessuno oserebbe dire nulla.

- Il nuovo idolo delle masse è il giovane rider che per consegnare le pizze a Treviso senza ritardi utilizzava il lampeggiante blu. Genio totale. Poi aveva anche qualche grammo di hashish e gli hanno ritirato la patente, ma son dettagli.

- Piccolo appunto a margine. Nella sfida delle preferenze, Roberto Vannacci ha battuto Ilaria Salis tanto a poco. Ma soprattutto ha stracciato Alessandro Zan, il papà di quel ddl sull’identità di genere e l’omofobia tanto discusso e infine abortito dal Senato. L’esponente dem e il generale sono come il diavolo e l’acqua santa, vivono agli antipodi.

Fatto sta che nelle due circoscrizioni dove correvano l’uno contro l’altro armati Vannacci ha incassato 328mila preferenze e Zan solo 177mila. Quasi il doppio. Forse aveva ragione il generale quando sosteneva che a contestarlo, e a contrastarlo, era una “minoranza di persone, ma un numero ben inferiore a quelli che mi sostengono”.

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