Alfa 75, il canto del cigno della vecchia Alfa

L'Alfa 75 nasce per celebrare il 75esimo anniversario della fondazione del marchio, in un periodo complessivamente difficile. Riuscirà a divenire un mito

Alfa 75, il canto del cigno della vecchia Alfa

Nei discorsi tra appassionati di auto, puntualmente, emerge il tema "Alfa 75" con prevedibile sequela di luoghi comuni invidiabili: "Ce l'ha avuta mio zio, veniva fermato a tutti i posti di blocco della Polizia. Troppo cattiva quella macchina", oppure "Se ti fermi davanti alle poste con la 75 suonano l'allarme, pensano subito a una rapina in atto". La discussione spesso, poi, converge su quella che all'unanimità è l'etichetta di questa berlina dal cuore sportivo: "È l'ultima vera Alfa Romeo". Questa tranciante affermazione meriterebbe di essere sviscerata con cura, anche se un fondo di verità lo possiede senza dubbio. La 75 è stata l'ultima macchina del Biscione a sfruttare il fortunato schema transaxle che aveva debuttato con l'Alfetta nel 1972, che prevedeva motore anteriore, frizione, cambio e differenziale al posteriore. Dopo di lei, la prima Alfa Romeo a buttare a terra la potenza con le ruote posteriori è stata l'attuale Giulia (non considerando le varie 8C e 4C), entrata in commercio nel 2016. Inoltre, la 75 è l'ultimo baluardo della storica produzione di Arese, quella del Biscione sotto l'IRI, prima dell'avvento di Fiat. Per questi motivi, nel tempo, si è guadagnata la fama di "ultima vera Alfa".

Nata per il 75esimo anniversario del marchio

L'Alfa 75 riveste un ruolo importante nell'ultracentenaria storia del Biscione, perché è il modello pensato per celebrare i settantacinque anni di età della casa di Arese. Tre quarti di secolo sono un traguardo prestigioso e degno di nota. La presentazione ufficiale arriva nel maggio del 1985, in un periodo storico travagliato per l'azienda, pressata da una contingenza economica molto negativa. Sopra alla testa del Biscione soffiano dei venti raggelanti, infatti tutti sanno che, presto o tardi, arriverà un cambio della guardia con conseguente addio all'indipendenza. L'IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, è in completa ristrutturazione e in molti conoscono l'accordo che lo Stato ha in mano con la Fiat per la cessione dell'Alfa Romeo. Dunque, manca la liquidità necessaria per progettare e concepire da capo una nuova macchina, tuttavia, c'è la volontà di offrire qualcosa di fresco e moderno partendo da una base già presente in casa. Una soluzione di emergenza divenuta ormai consuetudine nell'Alfa di inizio anni Ottanta, che da una parte ha prodotto un ottimo successo con la 33, dall'altra meno con la 90. Adesso, la palla passa all'Alfa 75.

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Grinta da vendere

Ermanno Cressoni si ingegna per disegnare un'auto che possa rispettare i limiti imposti dal progetto K1, che prevede il mantenimento completo della meccanica e dell'ossatura della Giulietta del 1977. Lavoro complesso e ingegnoso, ma l'architetto milanese è scaltro e intelligente, ha l'occhio furbo e la mente vivace, ma soprattutto ha già esperienza in questo genere di compito. Dunque, il capo del Centro Stile Alfa parte da una base ben fissata e si limita, insieme al suo team, a concepire dei nuovi lamierati esterni adottando uno stile moderno e contemporaneo. Il risultato finale è eccellente, perché nonostante sia evidente il giro porta della Giulietta, la 75 è esteticamente un'automobile inedita. La linea a cuneo viene esaltata in modo favoloso, con il musetto molto basso e grintoso, che irradia un piglio deciso e inconfondibile. Sempre all'anteriore, poi, compaiono dei gruppi ottici di forma trapezoidale, esattamente come quelli del posteriore. La soluzione più ingegnosa, però, è quella evidenziata dalla linea laterale, perché per evitare le eccessive analogie con la sua antenata, la 75 sfoggia una striscia di plastica che scorre lungo tutta la fiancata, capace di donare dinamicità alla vettura, oltre a nascondere le saldature sui lamierati di parafanghi e fianchi. In generale, la nuova Alfa piace e riscuote consensi fin da subito, perché incarna uno spirito aggressivo e battagliero, come vuole la tradizione delle sue berline. Scegliendo un approccio razionale e geometrico al design, Cressoni vince la sua ennesima sfida.

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Motori carismatici

Al debutto l'Alfa 75 si presenta con un parterre di motori così composto: tre quattro cilindri bialbero a carburatori di 1.6 (110 CV), 1.8 (120 CV) e 2 litri (128 CV), e il V6 a iniezione elettronica di 2,5 litri (156 CV). Quest'ultimo rappresenta il vertice della gamma, per prestazioni ed emozioni, tanto che la berlina media di Arese arriva a toccare una velocità massima di 205 km/h. In un secondo momento, giungono in scena anche i turbo a rinforzare l'offerta propulsori. In quel periodo storico viaggiare col turbocompressore è più di una moda, è quasi uno stile di vita. L'Alfa lo capisce con colpevole ritardo, ma quando lo fa coniuga uno slogan che funziona: “Finalmente il turbo si merita un’Alfa Romeo". Dunque, il 1.8 bialbero viene dotato di un turbocompressore raffreddato a liquido Garrett T3, che porta la potenza a 155 CV e si piazza - a livello di performance - al pari del 6 cilindri. Nel 1987, debuttano su questa vettura anche i celebri motori Twin Spark, provvisti di due candele per cilindro, dalla potenza di 148 CV. Sempre in quell'annata, anche il V6 progettato da Giuseppe Busso, riceve un aumento di cilindrata, fino a toccare i 3.0 litri, e di potenza (185 CV). Il "Violino di Arese" spinge l'Alfa 75 in versione "America" a 220 km/h di velocità massima. La massima espressione di sportività è servita.

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L'ultima vera Alfa

L'Alfa 75 possiede un destino baciato dalle stelle, perché sopravvive al passaggio di proprietà in modo impeccabile e trascina le vendite del Biscione fino al 1992. Nel frattempo viaggia Oltreoceano, dove si fa conoscere e apprezzare come Milano, mentre in Italia riceve alcune versioni speciali come la "1.8 Turbo Evoluzione" e prende parte con discreto successo a vari campionati turismo. La sua carriera si chiude con 355.433 esemplari venduti, passando il testimone alla successiva 155, che si discosterà profondamente da lei per stile e tecnica.

La 75, anche un po' a sorpresa, riesce a conquistare il cuore degli "Alfisti", avendo costruito attorno a sé un'aura di intoccabile, di totem messo a difesa di una tradizione scartata con troppa fretta per motivi industriali. Per quasi venticinque anni ha rappresentato l'ultima berlina a trazione posteriore del marchio, e questo fato da "ultima dei Mohicani" ha contribuito certamente a renderla più iconica del previsto.

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