Sul suo conto ne abbiamo sentite di ogni tipo, perché la Maserati Biturbo, fin dal primo attimo è stata un'auto divisiva che al netto dei pregi e - soprattutto - dei difetti è stata fondamentale per traghettare il marchio del Tridente fino ai nostri giorni, con relativa tranquillità. Su di lei si è abbattuta la scure di quel fenomento che odiernamente viene chiamato "diffusione delle fake news", ma che ai suoi tempi, nel cuore degli anni '80, era un chiacchiericcio maligno e un passa parola gretto per affondare un piccolo gioiello, riservato a una platea inedita. Ovviamente nella sua prima fase di commercializzazione ha sofferto non pochi problemi di gioventù, d'altronde la Biturbo è un'automobile figlia della fretta, e si sa, "la gatta per la fretta fece i figli ciechi" come dice il popolare adagio. I tanti difetti nel tempo sono stati corretti, ma quella sporca etichetta è stata dura da cancellare. Eppure, questo progetto è stato ambizioso e coraggioso fuori misura, seppur non esente da complicazioni e da una pessima gestione, tanto tecnica quanto comunicativa. La Maserati Biturbo è frutto di passione ardente e di un orgoglio innato, quello di Alejandro De Tomaso, che l'ha desiderata a ogni costo. Questa storia, intrisa di pura italianità, merita tuttavia di essere raccontata con ordine.
La Maserati in grave difficoltà
Siamo nella metà degli anni '70, un decennio turbolento e irrequieto, nel quale la Maserati versa in cattive acque. Dopo aver passato una manciata di anni alle dipendenze dei francesi di Citroën, che ne avevano rilevato le quote di maggioranza dalla famiglia Orsi, il Tridente si ritrova senza più una guida, un supporto economico e prossimo alla chiusura degli stabilimenti. Il Double Chevron ha deciso di tagliare i rami secchi, la fabbrica di Modena seppur prestigiosa è un orpello poco redditizio, soprattutto dopo la clamorosa crisi energetica del 1973, scatenata dalla guerra del Kippur tra Egitto e Siria contrapposte a Israele, che aveva fatto sprofondare l'industria dell'automobile (e non solo) in prossimità di un baratro senza uscita. Ed è così che si ritrova la Maserati, a un passo dal cadere nell'abisso.
Al suo capezzale, però, arriva in soccorso lo Stato italiano nelle vesti della Gepi, Società per le Gestioni e Partecipazioni Industriali, che ha lo scopo di salvare le grandi realtà della filiera nostrana attanagliate da un momento di transitoria difficoltà economica, attraverso una serie di piani di riassetto e riconversione. L'Italia, dunque, offre il ruolo di amministratore delegato di Maserati ad Alejandro De Tomaso, un imprenditore argentino con i motori nel sangue e con il fiuto per gli affari. Quando nel 1975 gli viene offerta la poltrona di numero uno del Tridente, sono almeno vent'anni che De Tomaso risiede in Italia e nella città di Modena, la stessa della Maserati, ha fissato il centro nevralgico dei suoi affari, dove si colloca la sua omonima azienda produttrice di automobili di nicchia. Per qualcuno questo argentino è un tipo spregiudicato, un vile affarista, per altri è un genio e un grande conoscitore delle quattro ruote. Come sempre, la verità sta nel mezzo, ma l'intuizione di De Tomaso di concepire la Biturbo si colloca certamente tra le invenzioni che riescono solo alle menti più acute e brillanti.
Una Maserati "popolare" e veloce
La Gepi dà carta bianca a De Tomaso nella progettazione della nuova Maserati, d'altronde quell'istituto è infarcito di tanti burocrati e di altrettante persone poco avvezze alle realtà automobilistiche. Le aspettative che gravitano intorno alla Biturbo sono molto alte: almeno 5.000 unità all'anno per far uscire il marchio italiano dalle sabbie mobili. Quando arriva il semaforo verde al progetto si assiste a una proverbiale rivoluzione nella storia del Tridente, che sceglie di cimentarsi in una categoria finora inesplorata come quella delle 2 litri di cilindrata (per ovvie ragioni fiscali), avvicinandosi a una clientela che mai avrebbe sognato di potersi permettere una Maserati. Ampliare la propria fetta di mercato, dando in pasto agli automobilisti una raffinata sportiva da 20 milioni di lire, è l'idea trainante del progetto Biturbo. La sfida è quella di creare un'auto meno elitaria, mantenedo però intatto il fascino esclusivo di una nobile casata come quella modenese. Chi dovrebbe scegliere l'Alfetta, la Lancia Gamma o la BMW 320 quando può mettere le mani su un'esclusiva Biturbo? Questa è la sintesi dell'ambizione di De Tomaso.
Oltre al prezzo, per così dire, aggressivo c'è da colpire la potenziale clientela sul lato emozionale con una succulenta proposta. De Tomaso impartisce ai suoi tecnici un ordine ben chiaro: vuole che la Biturbo sia irraggiungibile per tutta la concorrenza. Così, gli ingegneri concepiscono per lei un inedito motore V6 a 90° con testate a tre valvole per cilindro e, per la prima volta su di un’auto di serie, un turbocompressore per ogni bancata. In un'epoca in cui il turbo fa gola a tutti, chi può resistere al fascino di un doppio turbo? Nessuno - presumibilmente - e quei 180 CV sono un vero trionfo, visto che lo scatto da 0 a 100 km/h è di appena 7,2 secondi mentre la velocità massima è di 210 km/h. Nessuna è come lei. Dunque, il 14 Dicembre 1981, data della presentazione alla stampa di questa dirompente automobile nella storica sede Maserati di via Ciro Menotti a Modena, è un occasione che il controverso patron argentino commenta con queste parole: "Per tutti noi questo è un momento di rivincita nei confronti di quanti non credevano nel nostro lavoro".
Le prime magagne
Quando viene rivelata la Biturbo abbaglia con la sua linea vincente, elegante e raffinata, spigolosa e solida, cattiva al punto giusto. Il suo design è figlio di quello della Quattroporte targata 1976, opera di Giorgetto Giugiaro, ma evoluto e più proporzionato alle misure della nuova coupé grazie a Pierangelo Andreani. Sotto all'abbacinante abito e alle stimolanti premesse dichiarate dalla casa madre, si nasconde però un peccato originale che è quello della fretta. I primi esemplari sono tormentati da problemi tecnici e meccanici, di non poca entità. I vertici di Maserati decidono di lanciare la Biturbo in anticipo coi tempi, poiché De Tomaso è costretto a restituire una parte cospicua degli investimenti fatti per progettare e realizzare questo modello e l'unica strada per farlo è vendere l'auto. Quei mesi di fretta costano cari alla Maserati, che se avesse avuto un ulteriore anno o poco più a disposizione, avrebbe potuto risolvere le varie magagne di un progetto tecnicamente ambizioso e pionieristico per la sua epoca. Invece è mancata la messa a punto, specialmente di un fattore: l’alimentazione con un carburatore a doppio corpo che troppo soffriva il calore provocato dalle turbine. Il rischio di incendi era all'ordine del giorno. Un guaio che sarà risolto introducendo l'iniezione poco tempo dopo, ma nel frattempo la cattiva nomea ha galoppato veloce quanto la Biturbo.
Il problema del prezzo
Alla presentazione ufficiale coincide il momento di apertura delle ordinazioni, alle quali gli italiani rispondono con un'affluenza inarrestabile presso le concessionarie Maserati. Una fiumana di gente sogna di mettere le proprie mani su un irresistibile oggetto del desiderio, che ha un prezzo incredibilmente concorrenziale. L'illusione però dura poche settimane, perché Maserati riallinea il listino aumentando il costo complessivo di sei milioni di lire, obbligando i clienti a scegliere dei costosi optional senza alternativa. Una presa in giro, che in molti non digeriscono affatto. Poi, arriva un altro problema: l'abitacolo è all'apparenza opulento con rifiniture in radica, pelle arricciata e quant'altro; sotto sotto però la qualità dei primi esemplari non è affatto eccelsa e se ne accorgono in fretta i suoi possessori, dato che gli interni invecchiano e si deteriorano alla velocità della luce. Anche in questo caso, la fretta gioca un ulteriore tiro mancino alla Biturbo, che sacrifica la qualità in nome di una rapida vendita di massa per mettere in cascina più soldi possibile.
Maserati Biturbo e la sua epoca
La cattiva fama che attanaglia le prime Maserati Biturbo è un'onta che nemmeno gli sviluppi successivi, riusciranno a togliere del tutto. Dopo il periodo di assestamento la qualità e l'affidabilità della vettura del Tridente crescono, così come la gamma che si amplia con le versioni "Spyder", quattro porte e tutte le loro relative evoluzioni. Quando i difetti di gioventù saranno soltanto un ricordo, il passa parola continuerà comunque a condizionare le sorti della Biturbo, che per tutti resta la Maserati che prende fuoco soltanto a guardarla. Un vero peccato, perché l'utopia di De Tomaso aveva un immenso valore intrinseco, che soltanto negli ultimi tempi ha trovato la sua giusta collocazione. Adesso che il popolo dell'automobile sa come trattarla, ne assapora il reale valore.
Un veicolo che - nonostante i difetti - ha lasciato il segno nella grande storia delle quattro ruote italiane, per audace tecnica e raffinato stile, e che, inoltre, ci ha permesso di godere ancora oggi del glorioso Tridente di Maserati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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