Nel tumultuoso 1974 l’Italia e l’Europa intera dovevano fronteggiare la crisi petrolifera innescata dalla Guerra del Kippur, che causò un aumento esponenziale del costo del carburante e stop inevitabili alla circolazione.
Gli automobilisti dovettero quindi cambiare le proprie abitudini e orientarsi verso modelli più attenti ai consumi, mettendo da parte le vecchie carrozze bulimiche di benzina. All’improvviso, come un fulmine pronto a squarciare il cielo della notte, dalla grande fabbrica di Wolfsburg, fino a quel momento casa del Maggiolino, uscì fuori un’alleata preziosa che da cinquant’anni ci fa compagnia evolvendo insieme alla società che spesso ha ben incarnato: la Volkswagen Golf. La berlina compatta tedesca per antonomasia, simbolo di sobrietà, pragmatismo e sportività. In poche parole, la scelta giusta per quasi tutti. Qualunque tipo di persona l'ha fatta sua, senza fare distinzione di classe sociale, di esigenze e di passione. La Golf ha invece risposto alle richieste dell'automobilista medio con garbo, solidità e con la sicurezza che soltanto le cose certe sono in grado di offrire. Forse neppure il più inguaribile ottimista avrebbe potuto immaginare che in mezzo secolo la Golf, con le sue otto generazioni, avrebbe raccolto più di 35 milioni di esemplari venduti, planando in ogni emisfero e colonizzando le città di tutto il globo. Pensare che questo modello nacque come un’ultima spiaggia per Volkswagen, funestata da una crisi quasi irreversibile. Gli anni ’70 del secolo si aprirono per il gigante dell’industria tedesca con nubi nere cariche di tempesta all’orizzonte, innescate dai fallimenti commerciali di alcuni modelli e dalla consociata NSU pronta a spingere nel baratro anche Wolfsburg. Come un giocatore di poker disperato, Volkswagen tentò il suo all-in e funzionò benissimo. Per il design della Golf venne assoldato Giorgetto Giugiaro, la matita del secolo, che tracciò delle linee moderne, belle e funzionali. Per il comparto tecnico, invece, venne rapita una Fiat 128, smembrata fino allo scheletro e studiata in ogni minimo dettaglio. Dunque, per la Golf venne scelta la stessa impostazione della vettura torinese, all’epoca punto di riferimento della categoria, adottando uno schema con motore anteriore trasversale raffreddato ad acqua e trazione anteriore. Tutto il contrario dell'ormai anacronistico Maggiolino. Il successo non tardò ad arrivare: appena due anni dal lancio venne festeggiato il primo milione di esemplari venduti. Sempre nel 1976 nacque la versione GTI, che lanciò la moda delle piccole sportive, tutte agilità e divertimento, seguita poi dalla Cabrio per farsi baciare dal sole e dal vento nei capelli. Nel 1983 la Golf cambia volto con la seconda generazione, diventando più tedesca, mentre dieci anni più tardi fece capolino una terza generazione, l’unica a vincere l’ambito premio di “Car of the Year”, mentre per la quarta bisogna aspettare quasi la fine del secolo. Questa è forse una delle più apprezzate dal popolo dei “golfisti”, mentre la quinta del 2003 è probabilmente quella meno riuscita di tutte, seppur abbia avuto un fragoroso riscontro commerciale. Nel 2008 la sesta generazione viene firmata da un altro italiano illustre, Walter de’ Silva, che rimanda la Golf al comando delle vendite continentali, mentre nel 2012 atterra sul mercato la settima fatica di un modello sempre verde.
Dal 2019 l’ottava versione ha il compito di traghettare la Golf verso un mondo della mobilità diverso dal passato che ha sapientemente interpretato, pur conservando tutte le qualità della sua ricca storia, e di aggiornare un contatore di vendite da record. Per comprendere meglio il fenomeno Golf è consigliabile fare un salto al raduno annuale al lago Wörthersee, in Austria.Provare per credere.
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