Quell’azzurro imbuto d’acqua salata che bagna le sponde di Calabria e Sicilia è un luogo mistico, per certi versi, epico. Nel corso dei secoli lo Stretto di Messina ha rappresentato un lungo sentiero di imprese, perché se anche le due terre riescono a vedersi a occhio nudo, la navigazione non è mai stata cosa semplice in quella lingua di Mar Mediterraneo. In tempi antichi la sua fama era spaventosa, a causa delle correnti rapide e irregolari che lo attraversano. I venti qui spirano violenti e talora in conflitto tra loro. Il mito di Scilla e Cariddi, decantato da Omero nell’Odissea, parla proprio di quei pochi chilometri di mare che separano l’isola siciliana dal continente. Cariddi (colei che risucchia), si forma davanti alla spiaggia del Faro, mentre Scilla (colei che dilania) si realizza sulla costa calabrese da Alta Fiumara a Punto Pezzo. Due vortici che derivano dall'urto delle acque contro Punta Torre Cavallo e Cannitello. Questo preambolo dovrebbe servire a rendere ancora più incredibile l’impresa che Bent Axel Schlesinger e Franz Kuen compirono nel giugno del 1964 a bordo di un mezzo inconsueto: un Volkswagen Maggiolino.
Niente è impossibile
Per un’auto che nasce con l’ordine tassativo di avviarsi senza problemi durante i gelidi inverni, di districarsi agevolmente su strade sconnesse, fangose o innevate, niente sembra impossibile. Per di più il Maggiolino si è dimostrato anche più forte dello stesso destino, resistendo alla guerra più crudele e spietata che si sia mai vista in Europa. Tra le rovine fumanti di Wolfsburg, nel 1945, quando tutto intorno ha ancora un aspetto lunare, escono dalla fabbrica le prime “cimici” che andranno poi a invadere tutto il mondo. Per lunghi tratti il Käfer - come lo chiamano i tedeschi - sarà l’auto più venduta della storia, prodotta ininterrottamente fino al 2003, quando l’esemplare numero 21.529.464 uscì dalle catene di montaggio di Puebla, in Messico. Dunque, può il Maggiolino affrontare con successo anche le temibili Scilla e Cariddi? È quello che si chiedono, dandosi una risposta assolutamente affermativa, Bent Axel Schlesinger e Franz Kuen, rispettivamente il responsabile dell'assistenza e il capo degli ispettori dell'Autogerma, l’antesignana dell’attuale Volkswagen Group Italia, all’epoca con sede nella città di Bologna. Lo scopo non è quello di trasformare il Maggiolino in un mezzo anfibio, cosa già vista in passato, ma di modificare una vettura civile in poche ma essenziali parti per andare ad attraversare quei famigerati sette chilometri di celeste mare. Quindi dopo l’asfalto, il fango, la neve, la sabbia, al Maggiolino tocca l’impresa più grande: tuffarsi in acqua.
Il Maggiolino in mare
È il 16 giugno del 1964, la notte è stanca e sta per cedere il passo al giorno, che si affaccia all’orizzonte con una tiepida alba di fine primavera. Quella che era nata come un’operazione goliardica stava per divenire una vera impresa. Quando tutto è pronto per lanciarsi nel mare dello Stretto, arrivano altri due contrattempi: Alfonso Turtura, il papà tecnico del progetto, non sa nuotare, quindi a bordo con Schlesinger sale il capo degli ispettori, Franz Kuen; secondo, la traversata va fatta di nascosto e prima che il sole salga alto in cielo, perché la capitaneria di porto non ha autorizzato la Volkswagen alla navigazione. Arriva il momento, la coraggiosa macchina si avvicina alla riva e piano piano scompare dentro alle onde. Galleggia, per fortuna, la sagoma a goccia della vettura tedesca si sposa perfettamente con il mare. La più improbabile delle imbarcazioni affronta i 7 chilometri tra la costa calabrese e quella siciliana e pur dovendo combattere con le forti correnti dello Stretto, in 38 minuti riesce nella traversata procedendo a 6 km/h di media, risultando anche più veloce di due minuti dell’abituale traghetto addetto alla tratta. La missione è riuscita, l'indomabile Volkswagen è capace di affrontare anche le onde del mare.
Le modifiche per il mare
Prima di tuffarsi nelle acque dello Stretto di Messina, il Maggiolino venne provato in un laghetto vicino alla stazione di servizio Cantagallo sull'autostrada Bologna-Firenze, ma fu un autentico flop: la macchina faceva acqua da tutte le parti. Quel test fu comunque fondamentale per capire dove andare a lavorare, quali modifiche realizzare per tentare la traversata più impensabile. Per rendere il Beetle galleggiante serviva realizzare una saldatura continua, con le porte a chiusura ermetica, e gli scarichi puntati verso il tetto. Il filtro dell'aria fu collocato nell'abitacolo e il carburatore inserito dentro uno scompartimento impermeabile. La ventola, invece, fu semplicemente eliminata, dato che il motore era immerso integralmente nell'acqua fredda. L'impianto elettrico - altra parte sensibile - venne protetto con una struttura a tenuta stagno, così come la bobina di accensione e lo sfiato del circuito dell'olio che furono messi nell’abitacolo. Infine, fu montata un'elica direttamente all'uscita dell'albero motore per la propulsione, mentre per indirizzare l’auto nell’acqua bastava ruotare le ruote anteriori con il volante. Con tutta questa serie di cambiamenti, il Maggiolino affrontò la traversata dello Stretto di Messina anche 8 giorni dopo la prima clandestina avventura, stavolta sotto al sole così da entrare di diritto nel libro del Guinness dei Primati. Ci fu anche una terza impresa, a vent’anni di distanza dalla prima, nel 1984.
I protagonisti sempre i soliti: il Maggiolino “da mare”, Schlesinger e Kuen. Missione riuscita anche in quel frangente, perché il Maggiolino è ufficialmente a prova di Scilla e Cariddi, più forte anche delle leggende essendo lui stesso leggendario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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