La catastrofe del commercio: persi 100mila negozi in 10 anni

Dal 2012 al 2022 chiude un'attività ogni 45 minuti: il dramma del commercio al dettaglio secondo Confcommercio

La catastrofe del commercio:  persi 100mila negozi in 10 anni

Librerie, negozi di giocattoli, ferramenta, boutique di abbigliamento sono al centro della grande falcidia dei negozi che ha avuto luogo nel decennio 2012-2022 secondo i dati di Confcommercio. Tra il 2012 e il 2022 hanno chiuso definitivamente poco meno di 100mila attività di commercio al dettaglio in tutta Italia. A cui si aggiungono altre 16mila imprese di commercio ambulante che hanno cessato l'attività.

Circa 32 al giorno, ovvero una ogni quarantacinque minuti, ogni singolo giorno di questi ultimi dieci anni, le attività che hanno cessato di esistere secondo Confcommercio. L'onda lunga della distruzione della domanda interna di montiana memoria, dei governi dell'austerità e della crisi di sistema dell'Italia, compensata soprattutto dalla capacità produttiva dei nostri imprenditori e innovatori, ha lasciato un vuoto enorme alle spalle. In calo del 31,5% le librerie e i negozi di giocattoli; del 30,5% i negozi di mobili e le ferramenta, del 21,8% infine le rivendite di abbigliamento.

Calano i negozi crescono alberghi, bar e ristoranti

Il saldo studiato nell'analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio "Demografia d'impresa nelle città italiane" sui 120 centri principali del Paese è negativo nonostante l'aumento di servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%) e ristorazione (+4%). Non secondario il boom delle attività di alloggio (+43,3%): il negozio tipo del commercio di prossimità lascia spazio all'accoglienza turistica, la messa a reddito delle attività di vendita al dettaglio cede il passo agli affitti brevi. Si tratta della gentryfication, in cui il servizio alle fasce più abbienti della popolazione urbana o ai turisti supera le esigenze delle classi medie da sempre spina dorsale delle nostre città. Un dato confermato inoltre dalla crescita di alberghi, bar e ristoranti (+10.275) e del la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila).

Crolla il mercato degli ambulanti

Il dato potenzialmente è anche più complesso perchè durante il Covid ristori e cassa integrazione hanno congelato la demografia delle imprese facendo dilazionare negli anni le possibili crisi di sistema del tessuto produttivo nazionale. In cui ci si aspetta di verificare se anche la crisi energetica del 2022 avrà strascichi. La selezione sembra dovuta, più che a motivazioni di mercato, al combinato disposto tra trend complessi di costo della vita e accessibilità alle attività nei centri cittadini da un lato e stagnazione strutturale dei commerci dall'altro. A questo si aggiunge un vuoto di mercato aperto dalla crisi del commercio ambulante. "Il declino del commercio ambulante è legato anche alla razionalizzazione dei posteggi proprio nei centri storici anche per combattere le forme di abusivismo nel settore", scriveva Confcommercio in un precedente report. Esso conserva, comunque, "una posizione di rilievo sia sul piano economico che sul piano della vivibilità del centro urbano, continuando a svolgere un ruolo di complementarità rispetto alle altre forme della distribuzione commerciale, soprattutto nelle zone dove tendono a scomparire i negozi in sede fissa, in particolare, quelli che vendono prodotti alimentari".

Vedere una diminuzione sul fronte di negozi e attività ambulanti, come conferma Confcommercio, è dunque un problema strutturale a tutto campo che pone l'Italia di fronte al rischio di

vedere molte attività concentrate su grandi catene, pochi attori dominanti e scarsa diversificazione. Il tutto a danno dell'originalità dell'imprenditoria e del commercio che hanno fatto in passato grande la nostra economia.

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