Choc Silicon Valley Bank, le Borse si riprendono. Ma Moody’s usa la scure

La casa di rating boccia le banche Usa, S&P: "Pochi rischi nella Ue". Piazza Affari +2,3%

Choc Silicon Valley Bank, le Borse si riprendono. Ma Moody’s usa la scure

Le buone notizie dall’inflazione americana e le ondate di rassicurazioni sulla tenuta delle banche europee favoriscono una giornata di sereno sulle Borse. L’andamento incerto della mattina, infatti, ha lasciato spazio a un recupero consistente nel pomeriggio, con Piazza Affari che guadagna il 2,36%, meglio di Parigi (+1,86%), Francoforte (+1,83%) e Londra (+1,17%). Tutti risultati trainati dal buon avvio di Wall Street, ringalluzzita dall’intervento del governo Usa.

La vicenda, tuttavia, pare non aver scritto l’ultimo capitolo. Almeno stando a quanto sostenuto dall’agenzia di rating Moody’s, che ieri ha declassato il rating della Signature Bank, fallita, a «spazzatura». Inoltre, sono stati messi sotto osservazione i giudizi su altre sei banche: First Republic Bank, Zions Bancorp, Western Alliance Bancorp, Comerica Inc, Umb Financial Corp e Intrust Financial Corp. Ma a finire sotto esame ora è tutto il sistema bancario degli Stati Uniti, con Moody’s che ha declassato l’outlook da «stabile» a «negativo» in seguito al «rapido deterioramento del contesto operativo» dopo il fallimento di Silicon Valley Bank e Signature Bank. Insomma, dalle parti dell’agenzia di rating mantengono le antenne dritte su una situazione che potrebbe peggiorare. Il Financial Times scrive di un fuggi-fuggi in atto dalle banche regionali per trasferire i depositi a grandi istituti come JPMorgan e Citigroup. Una vera onda anomala, con gli istituti che velocizzano le procedure per aprire nuovi conti correnti. Permane dunque un clima di paura circa la solidità delle banche medio piccole. E che qualcosa non abbia funzionato nella vigilanza traspare anche dalla decisione della Fed di aprire un’indagine interna per indagare sui controlli fatti (o eventualmente omessi). La Sec, l’equivalente della nostra Consob, insieme al dipartimento di Giustizia Usa, ha avviato un’indagine separata sul fallimento della banca californiana. Si tratta di inchieste ancora in fase preliminare, ma al centro dell’attenzione ci sarebbe la vendita di azioni di Svb da parte dei suoi massimi dirigenti nei giorni precedenti al crollo (che fa ipotizzare la possibilità del reato di insider trading). La sensazione, ora, è che si sia di fronte a un bivio: sale infatti la pressione su Fed e Bce per una frenata sull’aumento dei tassi d’interesse.

In Europa permane la fiducia. «Stiamo monitorando la situazione», ha dichiarato il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis dopo la conclusione del Consiglio Ecofin. «A livello Ue c’è una presenza molto limitata di Silicon Valley Bank e siamo in contatto con le rilevanti autorità ma non ci aspettiamo ripercussioni». Lo pensa anche S&P Global che vede «limitati rischi di contagio» per le banche europee. «Non vediamo alcuna banca europea tra quelle da noi valutate che abbia lo stesso profilo di raccolta e di business» di Svb, aggiunge l’agenzia.

Diversi esperti, ieri, hanno dispensato sicurezza: «Al momento, le implicazioni della crisi bancaria americana sull’attività economica in Italia ci paiono assai limitate», ha dichiarato Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo. Mentre il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha dichiarato che «le regole, per fortuna, in Europa sono molto diverse rispetto a quelle americane e sulle banche c’è una vigilanza, talora criticata, ma costantemente informata e molto attenta».


Chi non è del tutto convinto è l’Istat, che nella nota mensile sull’andamento dell’economia scrive di un «elevato grado di incertezza» e «rischi al ribasso» innescati «dalla crisi di una banca statunitense». Insomma, potrebbe esserci ancora da ballare.

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