
Mentre von der Leyen annuncia "un’alleanza industriale" per lo sviluppo di "software, chip e tecnologia di guida autonoma" per le auto e lo sviluppo delle batterie "Made in Europe" (zu spät, troppo tardi, frau Ursula), Trump e il produttore di chip Taiwan Semiconductor Manufacturing hanno firmato un accordo da 100 miliardi di dollari. Tsmc investirà la somma in impianti di produzione di semiconduttori negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni.
Il colosso taiwanese è presente in Arizona dal 2020, quando ha avviato la costruzione di un impianto di chip del valore di 12 miliardi di dollari. Da allora ha ampliato lo stabilimento con altre due strutture e un investimento totale di 65 miliardi. Gli Stati Uniti hanno supportato la crescita di Tsmc con il Chips Act del 2022, che ha stanziato decine di miliardi di dollari in sovvenzioni per la produzione nazionale di semiconduttori. Ora, però, il gruppo di Taipei deve scongiurare possibili dazi.
Lo scorso 27 gennaio, infatti, Trump aveva detto ai repubblicani alla Camera di voler tassare i semiconduttori importati e smantellare un programma di incentivi “per riportare la produzione di questi beni essenziali negli Stati Uniti".
Si tratta, insomma, di una mossa finalizzata a ricostruire l'industria nazionale dei chip per l’intelligenza artificiale per arginare la dipendenza da produttori esteri, in particolare asiatici. Riportare in territorio americano la produzione viene considerato dalle autorità Usa un imperativo per la sicurezza nazionale.
L’accordo con Tsmc è l’ultima apertura, in ordine di tempo, delle grandi aziende a Trump nelle ultime settimane. La settimana scorsa Apple, per esempio, ha annunciato di recente che spenderà più di 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni.
Nel frattempo, l’Europa cosa fa? La presidente della Commissione Ue ha detto che a Bruxelles valuteranno “il sostegno diretto per i produttori di batterie dell’Ue" e che sarà introdotto gradualmente il principio di "contenuto europeo per le celle delle batterie e i componenti” come i chip. La semplificazione normativa della burocrazia continuerà", ha concluso.
Ma rischia di essere troppo tardi, come si vede dalla crisi dell’automotive. Tra l’altro, la Ue era stata avvisata. Poco meno di un anno fa, era il 22 aprile del 2024, la Corte dei Conti europea (il cui compito è fare da cane da guardia a come viene speso il budget della Ue, ovvero controllare che il denaro dei contribuenti europei sia speso bene e adottando le strategie giuste) aveva pubblicato un audit sul futuro del mercato delle quattro ruote.
Ebbene, in quel rapporto si sottolineava che ridurre le emissioni delle auto è “più facile a dirsi che a farsi perché l’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali, soprattutto cinesi, e questo rischia di non far raggiungere i target al 2035 fissati da Bruxelles in termini di utilizzo di auto elettriche”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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