Il 4 luglio si avvicina e, salvo colpi di scena dell’ultima ora, ci sarà il via ai dazi (dal 27,4% fino al 48,1%) sulle auto elettriche importate dalla Cina. Da una parte ci sono Paesi, Germania in testa, che stanno facendo di tutto per evitare l’aggravio delle tariffe per interessi commerciali e di relazioni; dall’altra, come nel caso di Stellantis, si vuole accelerare affinché i partner di Pechino vengano a produrre in Europa, aggirando in questo modo il problema. A spaventare fin da ora i costruttori occidentali è la minaccia di ritorsioni immediate arrivate subito dalla Cina.
E a soffrirne sarebbe chi esporta nel grande Paese asiatico, ma anche le future produzioni europee di veicoli elettrici nel caso venissero a mancare le materie prime per le batterie. Tra i costruttori, spicca la «capriola» di Stellantis, prima favorevole ai dazi, ma da alcuni mesi contraria per voce sempre dell’ad Carlos Tavares, dopo aver agganciato il costruttore Leapmotor (1,5 miliardi l’investimento per il 20% della società) con l’obiettivo di importare in Europa vetture elettriche a basso costo, a partire dalla piccola T03 già da settembre. La prospettiva di dazi più cari obbliga ora Stellantis a premere sull’acceleratore allo scopo di trasferire alcune produzioni nel Vecchio continente. Si è ipotizzato a Mirafiori - e sarebbe un toccasana per il polo torinese ormai allo stremo - ma anche a Tychy, in Polonia.
Dello sbarco di piattaforme e linee di assemblaggio di Leapmotor in Europa, aveva parlato lo stesso Tavares proprio alla luce delle crescenti tensioni commerciali. L’ad di Stellantis è tornato sul tema in occasione dell’Investor Day che si è svolto nello storico ex quartier generale di Chrysler, negli Usa. «Leapmotor è il numero tre dei veicoli a ridotte emissioni in Cina, vuole crescere all’estero ed è nostro interesse che lo faccia. Loro si occuperanno del mercato cinese e noi dell’export. In questo modo sfrutteremo il vantaggio competitivo e tecnologico della Cina», così Tavares ad Auburn Hills.
Da Leapmotor (by Stellantis), alle big cinesi Chery e Dongfeng. Entrambe, stimolate dal ministro Adolfo Urso, hanno puntato i riflettori sull’Italia alla ricerca di possibili insediamenti produttivi. A tale proposito, Chery avrebbe mandato un emissario a Termini Imerese, l’ex sito siciliano di Fiat chiuso a fine 2011. Ma zero sviluppi a causa delle carenze logistiche e infrastrutturali. Ecco allora, sempre Chery, il più importante gruppo esportatore dalla Cina, secondo indiscrezioni, accendere un faro anche sullo stabilimento Stellantis di Melfi (Potenza), visitato giorni fa da Tavares il quale ha promesso 5 nuovi modelli. Nella fabbrica sono in corso i lavori di allestimento delle nuove linee. Proprio in questi giorni, tra l’altro (coincidenza?), è in Italia il vicepresidente e capo delle attività europee di Chery Auto, Charlie Zhang, che in una call con alcuni giornalisti ha ribadito «che stiamo cercando un secondo sito europeo», dopo quello (ex Nissan) di Barcellona che riguarda solo l’assemblaggio di veicoli in arrivo da Pechino.
Ed è l’Italia «con le sue eccellenze, come Ferrari e Pininfarina», le parole di Zhang, che continua a calamitare l’attenzione di Chery. Gli 007 cinesi, intanto, si sarebbero informati anche sulle Acciaierie di Terni e su Campogalliano (Modena), ex storica sede di Bugatti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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