Alla Champions League del diritto d’impresa (copyright Milano Finanza) il fronte Mediobanca-Generali, che esprime il pensiero della casta milanese in contrasto con il voto espresso dal Parlamento, promette di lottare alacremente per la finale. Ma per rimettere un po’ in fila pesi e contrappesi, visto che qualche giornale ha ritenuto di fare commenti maliziosi sui professionisti romani che partecipano al Comitato per la riforma del mercato nell’ambito della legge da poco approvata, vale descrivere personalità e meriti professionali di alcuni esponenti della formazione targata Milano.
Premesso che sono di primissimo piano i giocatori di cui il blocco Mediobanca disporrà all’interno del Comitato (32 componenti in tutto oltre al ministro Giancarlo Giorgetti che li ha nominati) che ha lo scopo di riformare il Testo unico della finanza, ecco alcune loro caratteristiche. In prima linea due assi del diritto d’impresa: Lorenzo Caprio, ordinario presso l’Università Cattolica nonché membro del cda di Banca Generali, e Stefano Caselli, prorettore e vice del presidente delle Generali in Università Bocconi (Andrea Sironi, attuale presidente delle Generali) e consigliere di Unipol (azionista schierato di Mediobanca) e di Generali Real Estate. Una rapida ricerca online ci ricorda che quest’ultimo, in una intervista rilasciata al Foglio alla vigilia dello scontro per la governance di Generali, rivendicava la natura di public company della compagnia triestina messa in pericolo dagli azionisti privati (sic!).
Nel blocco milanese viene annoverato anche Marco Ventoruzzo (allievo prediletto di Piergaetano Marchetti, notaio storico di Mediobanca, il cui figlio lo è tutt’ora), presidente di Assosim, professore ordinario alla Bocconi e partner dello studio Pedersoli Gattai di Milano. Anche in questo caso una veloce ricerca online ci ricorda come, proprio presso questo studio milanese qualche mese fa, durante i lavori parlamentari sul Ddl Capitali, fu organizzato un incontro lobbistico a porte chiuse fra esponenti della comunità finanziaria milanese (Assosim, spiega il sito internet dell’associazione, rappresenta gli operatori del mercato mobiliare italiano e vede fra i suoi 80 associati banche, società d'intermediazione mobiliare, succursali italiane di intermediari esteri) e i vertici del Pd (Elly Schlein inclusa, accompagnata dal responsabile economico del partito Antonio Misiani).
Ciò solo per dimostrare che in questa vicenda non ci sono «anime belle», ma soprattutto professionisti altolocati che rappresentano interessi ben precisi.
Intanto, mentre si stanno mettendo le basi per l’apertura dei lavori del Comitato prevista giovedì 21, è interessante registrare i primi effetti positivi della nuova Legge Capitali (entrerà in vigore a fine mese) sulla nostra Borsa: Amplifon, storica multinazionale italiana con una capitalizzazione di 7 miliardi, ha comunicato venerdì scorso l’intenzione di proporre all’assemblea dei soci l’adeguamento dello Statuto alla nuova disciplina in materia di voto maggiorato al fine di «incoraggiare una struttura del capitale in grado di supportare il proprio percorso di ulteriore crescita di lungo periodo a livello globale». Senza la Legge Capitali, Amplifon avrebbe probabilmente rivolto la prua in direzione Amsterdam, come hanno già fatto altri gruppi. L’iniziativa, funzionale alla volontà dell’azienda di rimanere con la testa in Italia - probabilmente seguiranno altri casi - testimonia, ove ci fosse ancora bisogno, dell’opportunità di una norma che, insieme alle novità introdotte in materia di “lista del cda“, ha migliorato l’impianto originario predisposto dal ministero dell’Economia.
Quanto alla lista del cda, al blocco Mediobanca, pronto a dare battaglia con ogni mezzo, va ricordato, riprendendo quanto detto recentemente dal relatore della legge Fausto Orsomarso in risposta alle dichiarazioni critiche del ceo di Generali, Philippe Donnet, che «la delega introdotta all’articolo 19 del provvedimento dà al governo la facoltà di modificare ed aggiornare il Testo unico della finanza nel rispetto dei paletti e dei criteri indicati dal legislatore che ha escluso espressamente nel corso dei lavori parlamentari le modalità di elezione degli organi sociali dall’ambito della delega».
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