Barth, un contadino che rivolta la terra d'America

Torna il capolavoro dello scrittore morto lo scorso aprile, nella traduzione di Bianciardi

Barth, un contadino che rivolta la terra d'America
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John Barth (1930-2024), lo scrittore americano morto questo aprile, è stato un genio. Ammirato da Vladimir Nabokov, che detestava tutta la letteratura a lui contemporanea, amato da Thomas Pynchon che gli ha dedicato un capitolo nel suo capolavoro Mason & Dixon, ammirato dal regista Premio Oscar Steven Soderbergh che ha comprato i diritti del suo libro Il coltivatore del Maryland per lavorare a una sceneggiatura per una serie di 8 ore in 8 puntate, Barth ha sempre avuto tre fondamentali problemi. Il primo è stato essere considerato «uno scrittore per scrittori», poi essere stato considerato l'antesignano del «postmoderno», il terzo è essere diventato uno scrittore di culto, che significa essere citato e poco letto. Non solo in America ma anche in Italia.

Così si continua a detronizzarlo. Accademici che lo citano come maestro di David Foster Wallace, o come il primo negli anni 60 ad aver rotto le convenzioni del romanzo americano. E così lo rinchiudono in quel genere, il «postmodernismo», che a Barth non interessava più di tanto se non in linea teorica. Ne ha scritto il manifesto, ma così è diventato un narratore per accademici, per specialisti che lo acclamano, lo incensano, lo indicano appunto come anticipatore del postmodernismo. Ne scrivono paginate ma il vero mistero rimane: ormai non è tutto postmoderno? Anche la lista della spesa di David Foster Wallace è innalzata a esempio del genere. Mentre Il coltivatore del Maryland - appena riproposto da minimum fax (pagg. 1006, euro 25) nella traduzione di Luciano Bianciardi, edita per la prima volta in Italia per Rizzoli nel 1967 - è una critica feroce alla nuova America, a personaggi che hanno perso dignità e personalità. Ma soprattutto ha voluto dimostrare di essere un narratore che andava alle origini, con una trama complessa e di non essere interessato al fatto di superare le mille pagine. Come non interessa al lettore, se inizia a leggerlo.

Perché Barth è un compositore di parole: a lui non interessa più di tanto la storia del libro, pur importante, ma la melodia delle parole, la musica di frasi che diventano note su uno spartito. I richiami letterari sono evidenti, da Rabelais e Cervantes ma soprattutto ai romanzi del 700, conosciuti per la trama ma talmente superficiali e al contempo profondi da ingannare il lettore. Quella di Barth è una parodia esplicita dei primi romanzi di intrattenimento, che siano Tristram Shandy di Sterne o altri classici inglesi.

Il titolo originale Sot-Weed Factor, che in italiano diventa Il coltivatore del Maryland, in realtà indica la pianta del tabacco; perché attraverso il protagonista - Ebenezer Cooke - racconta di un poeta folle che nel 1600 dall'Inghilterra si trasferisce nel nuovo mondo per curare gli interessi del padre, proprietario terriero.

Ma Ebenezer non è solo il nome di un poeta inglese dimenticato - Barth lo omaggia perché sapendosi poco del poeta voleva scrivergli l'epitaffio - ma un nome che ripercorre tutta la letteratura inglese, ripreso dalla Bibbia: è citato nell'Antico Testamento, dove gli israeliti combatterono due battaglie contro i filistei, e dove Samuele costruì successivamente un monumento, e il toponimo «Eben-haezer» vuol dire «pietra dell'aiuto». Cominciò ad essere usato dai puritani nel XVII secolo e in seguito venne adoperato da Charles Dickens per Ebenezer Scrooge, il protagonista del romanzo Canto di Natale.

Nel libro Barth decostruisce e demolisce tutti i miti americani. Non è solo la storia di un poeta che viene rapito dagli Indiani e si innamora di una prostituta ma è la comprensione del fatto che il Nuovo mondo non sia altro che un inganno. Tutto questo Barth lo fa con ironia ma con una oggettività anche feroce, che condanna gli Stati Uniti ad essere un impero. Più in generale è un libro sulla assurdità umana, sulla follia della normalità e se proprio bisogna rintracciare un erede di John Barth è Bret Easton Ellis (da Glamorama a Lunar Park).

Oltre a essere una acuta parodia, il romanzo imita, recupera e riscrive le forme del Bildungsroman (il romanzo di formazione) e del Künstlerroman (il romanzo sul percorso di chi vuole essere un artista). Perché ne Il coltivatore del Maryland i personaggi sono guidati dai loro desideri e dalle loro ambizioni, ma sono costantemente ostacolati dai capricci del destino.

Una meditazione sulla natura dell'arte e sul ruolo dell'artista nella società. Ebenezer Cooke è un poeta e le sue lotte per trovare la propria voce e il proprio posto nel mondo sono emblematiche delle lotte di tutti gli artisti. E forse di tutti noi.

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