James Lebron oltre il basket: quel giorno in cui immaginò "I promise", la scuola dei suoi sogni

Dei record di stellari di James Lebron nel basket si è detto tutto ma i punti che ha segnato fuori dalla vita professionale fanno ugualmente “tremare i polsi”. Vi parliamo di “I Promise” il progetto per costruire la scuola dei suoi sogni

James Lebron oltre il basket: quel giorno in cui immaginò "I promise", la scuola dei suoi sogni
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Dei record stellari di James Lebron nel basket si è detto tutto. Ma i punti che ha segnato fuori dalla vita professionale fanno ugualmente “tremare i polsi”.

E sono anche quelli che gli hanno dato più soddisfazione

A suo dire più di qualsiasi altra vittoria ottenuta sul campo. E a veder i risultati c’è da credergli.

In un’intervista su you tube si racconta alla giornalista americana Rachel Nichols e spiega che il sogno, realizzato, di creare una scuola attraverso la sua Fondazione mostra l’assenza di limiti (che non si dà nemmeno nel gioco) che ha sempre perseguito.

Un’assenza che facilita l’azione, tutta volta a migliorare la sua comunità nella città di Akron che ha nel cuore, dove nacque e visse con la mamma, senza un papà.

Il sogno avveratosi di una scuola pubblica e gratuita, per ragazzi difficili, “a rischio”, denominata “I promise”.

E James Lebron l’aveva immaginata proprio così, come un luogo famigliare e bello, anche esteticamente piacevole, dove è più facile trattenersi.

E senza barriere.

Quelle stesse barriere che impediscono ai “ragazzi a rischio” di accedere alla scuola, di frequentarla e di terminarla.

E non gli consentono di ottenere un’istruzione universitaria e di sognare un futuro diverso. E si mettono di traverso, bloccando i sogni.

E Lebron non ha fatto fatica ad individuarle. Perché erano identiche a quelle che aveva dovuto sormontare lui.

Indigenza, povertà, mancanza di una dimora fissa, di mezzi di trasporto per arrivare a scuola, scarsità di cibo per sfamarsi e poter studiare, impossibilità di essere seguito da una madre troppo impegnata a lavorare per sopravvivere ad una condizione economica senza via di uscita.

La sua lui infanzia la racconta così.

Mancai da scuola 80 giorni un anno, dissero alla mamma che quando andavo ero bravo ma vivevamo troppo lontano e non c’erano mezzi di trasporto per arrivarci”.

La sua storia, nonostante le difficilissime premesse, è stata a lieto fine.

E il suo status di “ragazzo a rischio” non ha marchiato senza appello il suo destino convincendolo che fornendo ad altri ragazzi migliori mezzi, possa cambiare anche il loro.

Concretamente.

Dotando tutti gli alunni di una bicicletta per potersi recare a scuola.

Fornendo un servizio di ristoro con colazione, pranzo e merenda.

Estendendo fino alle 17.00 l’apertura della scuola perché non rimangano soli senza supervisione mentre i genitori sono ancora al lavoro.

Istituendo borse di studio per proseguire gratuitamente il percorso fino all’università.

Per perseguire i loro sogni che James Lebron conosce bene perché un tempo furono anche i suoi.

I promise. Ecco la sua promessa. Mantenuta.

Che è mutua

e richiede di essere suggellata anche dai ragazzi che si impegnano ad andare a scuola proprio come lui va agli allenamenti.

Per aver chiaro che la scuola ( e la vita) non regalano nulla e che tutto deve essere guadagnato.

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