Il 28 luglio si celebra la Giornata Mondiale contro l'epatite, ovvero un'infezione del fegato che può avere diverse cause. Secondo l'OMS le epatiti virali B e C sono responsabili del decesso annuale di oltre un milione di individui. In Italia, dati alla mano, si assiste ad una diminuzione dell'incidenza delle infezioni di origine virale, soprattutto in seguito all'introduzione nel 1991 della vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati contro l'epatite B. In questo articolo approfondiremo le varie tipologie della malattia e i relativi sintomi.
Tipologie di epatite
La maggior parte delle epatiti sono acute e la sintomatologia si manifesta dopo giorni o settimane dall'infezione o dal contatto con l'agente responsabile. Le forme virali e alcoliche tendono a cronicizzare e, a lungo andare, provocano un malfunzionamento irreversibile del fegato. Si suole distinguere le infezioni:
- Virali: epatite A, B, C sono le più frequenti
- Autoimmuni
- Da abuso di alcol.
Le epatiti virali
Le epatiti virali sono un gruppo di patologie provocate da virus di varia natura. Le più diffuse sono le epatiti A, B e C.
L'epatite A
Il disturbo è scatenato da un virus a RNA che aggredisce e distrugge le cellule epatiche. Poiché il patogeno presente nell'intestino e nel fegato viene espulso attraverso la bile e le feci, il contagio avviene principalmente attraverso l'ingestione di acqua e di cibi contaminati o mediante il contatto con un soggetto infetto. La malattia può essere altresì trasmessa con rapporti sessuali non protetti e, seppur raramente, anche per via ematica (trasfusione, scambio di siringhe tra tossicodipendenti).
Trascorso il periodo di incubazione che varia dai 15 ai 50 giorni, si manifestano in maniera improvvisa i primi sintomi simili a quelli dell'influenza: mal di testa, febbre, stanchezza, inappetenza, nausea, vomito, diarrea, dolori muscolari e articolari. Successivamente compaiono i tipici segni del danno epatico, ossia ittero, prurito e urine scure. Di solito la sintomatologia si risolve con successo nell'arco di 2-10 settimane. Questa forma virale non cronicizza e non espone al rischio di cirrosi e di cancro al fegato.
L'epatite B
Il disturbo è provocato da un virus a DNA che, insediandosi negli epatociti, inizia a proliferare e a dar luogo all'infiammazione del fegato. La trasmissione avviene attraverso il contatto con i liquidi corporei (sangue, secrezioni genitali) di persone infette. Sono, dunque, a rischio i rapporti sessuali non protetti, le trasfusioni di emoderivati, lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti, la condivisione degli oggetti personali (forbicine, rasoio, spazzolino da denti).
Attenzione anche ad alcune procedure come piercing, tatuaggi, agopuntura effettuate in locali o con strumenti non adeguatamente sterilizzati. La trasmissione può altresì essere materno-fetale, verificarsi cioè dalle madri infette ai figli durante il parto.
Il tempo di incubazione del virus è abbastanza lungo, mediamente da 2 a 3 mesi. Trascorso questo periodo, compaiono i primi sintomi aspecifici: nausea, febbre, debolezza, inappetenza, dolori addominali e muscolari. Solo in un secondo momento sopraggiungono i segni da danno epatico: ittero, urine scure e feci chiare. Rispetto ad altre forme virali, l'epatite B può cronicizzare e avere un decorso maligno fino alla cirrosi e al tumore epatico.
L'epatite C
Il disturbo è causato da un virus a RNA tra i più pericolosi in quanto dà luogo ad un'infezione epatica che evolve facilmente in cirrosi e carcinoma. Non a caso, secondo l'OMS, questa forma rappresenta uno dei principali motivi di trapianto d'organo. La via elettiva di trasmissione è quella ematica. Il contagio può avvenire anche in seguito all'uso di strumentazioni mediche infette o di oggetti di uso comune. Raramente il patogeno viene trasmesso con i rapporti sessuali non protetti.
Il tempo di incubazione varia da 5 a 10 settimane. Come per le altre tipologie virali A e B, i primi sintomi a comparire sono aspecifici e simili a quelli dei malanni stagionali. Successivamente insorgono lievi dolori addominali e ittero. Purtroppo la conseguenza più temibile, ovvero la cirrosi epatica, non è un'evenienza rara. Essa si manifesta con prurito, nausea, febbricola, algia dell'addome e ittero. A lungo andare la cirrosi si tramuta nell'insufficienza epatica e nel cancro.
L'epatite autoimmune
Disturbo alquanto raro, si presenta sotto forma di infiammazione epatica provocata da un'anomalia del sistema immunitario che, riconoscendo come estranee le cellule del fegato, le attacca. Esistono due tipi di epatite autoimmune, 1 e 2. La tipologia 1 è quella classica e può insorgere a qualsiasi età. In più del 50% dei casi si associa ad altre malattie autoimmuni (colite ulcerosa, tiroidite di Hashimoto, artrite reumatoide). Anche la tipologia 2 si presenta in concomitanza con alcune patologie autoimmuni ed è più comune tra i giovani.
Purtroppo non è ancora nota la causa dell'alterazione del sistema immunitario. Al momento si ritiene che esistono dei fattori di rischio in grado di innescarla. Ad esempio: il sesso femminile, precedenti infezioni batteriche o virali, familiarità, disturbi autoimmuni, assunzione di particolari farmaci (minociclina, atorvastatina).
I sintomi sono numerosi e la loro gravità varia da paziente a paziente. Tra questi figurano: affaticamento, ittero, prurito, dolore addominale diffuso, fegato ingrossato, nausea e vomito. Ancora algia articolare, angiomi a ragno, urine scure, inappetenza, amenorrea e rash cutanei. Se non diagnosticata per tempo, l'epatite autoimmune può essere responsabile di cirrosi epatica.
L'epatite alcolica
Come suggerisce il termine, il disturbo è provocato dall'abuso protratto di alcol. Poiché tale condizione è quasi sempre associata a un accumulo di trigliceridi, la si suole definire steatosi epatica. Non è però detto che la steatosi sfoci nel danneggiamento delle cellule epatiche. Affinché si verifichi questa evenienza devono essere presenti altri fattori di rischio, come lo stato nutrizionale dell'individuo e le sue caratteristiche genetiche e metaboliche.
I sintomi variano a seconda che si tratti di una forma acuta o cronica. La forma acuta si manifesta con febbre, dolore addominale, ittero, ascite, mancanza di appetito. Ancora aumento dei neutrofili nel sangue, encefalopatia e sanguinamento gastroesofageo dovuto alla rottura delle varici dell'esofago. La forma cronica comporta algia nella zona del fegato, febbre, nausea, vomito, malessere generale e perdita di peso.
Anche in questo caso la complicanza più temibile è la cirrosi. Con il tempo l'alcol impedisce la rigenerazione delle cellule epatiche. Queste ultime, cicatrizzandosi, causano uno stato di fibrosi che, a lungo andare, modifica l'architettura e la funzionalità dell'organo. Nei casi estremi il trapianto è indispensabile.
Prevenzione
La prevenzione è la cura migliore. Essa si basa sul rispetto di alcune semplici norme:
- Vaccinarsi contro le forme virali A e B
- Praticare rapporti sessuali protetti
- Sterilizzare gli strumenti di lavoro negli studi dentistici e nei centri estetici
- Curare l'igiene alimentare
- Controllare gli emoderivati, il sangue e gli organi utilizzati in ambito clinico
- Non condividere rasoi, spazzolini da denti e lamette.
- No all'abuso di alcol.
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