Ne soffrono in tanti, per la precisione sei milioni di italiani di età compresa fra i 25 e i 60 anni. Stiamo parlando dell'ansia, ossia un complesso mix di emozioni (paura, apprensione, preoccupazione) che possono intralciare in maniera anche seria lo svolgimento delle attività quotidiane.
Quante tipologie di ansia esistono
Esistono due tipologie di ansia. Quella fisiologica è diretta contro uno stimolo noto e attiva tutte le risorse di un individuo al fine di attuare comportamenti necessari per l'adattamento. Quella patologica, invece, spesso non riconosce una causa ben precisa (talvolta, però, è associata ad altre patologie come la depressione e la schizofrenia) e limita le capacità di adattamento di chi la sperimenta.
Come si manfesta l'ansia
Le manifestazioni del disturbo sono l'espressione di un'iperattività del sistema nervoso centrale e possono essere suddivise in sintomi generali (inquietudine, senso di pericolo imminente, evitamento, paura di perdere il controllo o di morire), neurovegetativi (diarrea, tachicardia, dispnea, vertigini, sudorazione abbondante) e psicologici (irritabilità, ruminazione, problematiche del sonno, della concentrazione e della memoria).
Le cause dell'ansia
Alle volte le cause dell'ansia sono sfumate o difficilmente individuabili. Per questo si suole parlare di fattori di rischio, ossia una serie di condizioni che predispongono ad una condizione di tensione cronica. I fattori di rischio sono ereditari, biologici e inconsci.
Circa il 50% delle persone ansiose hanno almeno un familiare affetto da una patologia analoga. Numerosi studi, invece, hanno focalizzato l'attenzione sulla stretta connessione tra il problema e un'alterazione della quantità di neurotrasmettitori (eccessiva produzione di noradrenalina, ridotta secrezione di GABA e di serotonina).
Non sono meno importanti gli aspetti psicologici. Secondo Freud, ad esempio, l'ansia deriva da un conflitto inconscio presente sin dall'infanzia o sviluppatosi durante la vita adulta. Alcuni meccanismi di difesa, "allontanandolo dalla coscienza", lo relegano nell'area inconscia della psiche.
L'ansia e l'alimentazione ricca di grassi
Quando siamo stressati, spesso e volentieri prediligiamo il cibo spazzatura con la speranza di trovare conforto. In realtà gli scienziati dell'Università del Colorado Boulder hanno scoperto che tale strategia è controproducente. ll team guidato dal professore di fisiologia integrativa Christopher Lowry, è giunto alla conclusione che negli animali una dieta ricca di grassi, agendo sul complesso percorso che collega l'intestino al cervello, altera il microbioma intestinale e fa sì che alcune sostanze chimiche cerebrali alimentino l'ansia.
Per lo studio che è stato pubblicato su Biological Research, sono stati scelti ratti adolescenti e sono stati divisi in due gruppi. Il primo ha seguito per nove settimane una dieta standard con circa l'11% di grassi. L'alimentazione del secondo gruppo, invece, era composta per il 45% da grassi saturi provenienti da prodotti animali. Durante l'analisi, i ricercatori hanno raccolto campioni fecali e valutato il microbioma delle cavie. Queste ultime, infine, sono state sottoposte a test comportamentali.
I risultati dello studio
Trascorse le nove settimane, i roditori che seguivano una dieta ricca di grassi non solo avevano preso peso, ma avevano altresì mostrato una diversità significativamente inferiore di batteri intestinali. Gli scienziati hanno poi rilevato una massiccia presenza di batteri noti come Firmicutes a dispetto dei batteri chiamati Bacteroidetes. Un rapporto più elevato tra Firmicutes e Bacteroidetes è stato associato alla tipica "alimentazione industrializzata" e all'obesità.
Nel gruppo con dieta ad alto contenuto di grassi è stata anche individuata una maggiore espressione di tre geni (tph2, htr1a e slc6a4) coinvolti nella produzione e nella segnalazione della serotonina, in particolare in una regione del tronco encefalico - il nucleo dorsale del rafe cDRD - che è legato allo stress e all'ansia.
Lowry ha osservato che alcuni sottoinsiemi di neuroni della serotonina, il cosiddetto ormone del benessere, possono, quando attivati, indurre risposte ansiose negli animali. Più precisamente, l'incremento dell'espressione di tph2 nel cDRD presenta una correlazione con i disturbi dell'umore e con il rischio di suicidio negli esseri umani.
Quali cibi evitare secondo l'esperto
Lowry sospetta che un microbioma non sano comprometta il rivestimento intestinale, consentendo così ai batteri di "scivolare" nella circolazione sanguigna e di comunicare con il cervello attraverso il nervo vago. Secondo lo scienziato non tutti i grassi sono nocivi. Si pensi, ad esempio, a quelli contenuti nel pesce e nell'olio d'oliva che contrastano gli stati infiammatori e promuovono la salute cerebrale.
Le sue dritte sono molto semplici. Quotidianamente è bene consumare le giuste quantità di frutta e verdura. I cibi fermentati sono un'ottima scelta poiché preservano l'equilibrio del microbioma. Attenzione, invece, ad alimenti come la pizza e le patatine fritte.
Quando ci si concede un hamburger è consigliabile associarlo ad una fetta di avocado. Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che i grassi buoni sono in grado di contrastare l'azione deleteria di quelli cattivi.Leggi anche:
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