Berlusconi e la "stampa catastrofista" I pm assicurano: "Non fu aggiotaggio"

Parlando a Santa Margherita Ligure nel luglio 2009, Berlusconi aveva invitato gli imprenditori a non pagare inserzioni pubblicitarie ai giornali che "remano contro". Il pm Greco spiega: "Non commise aggiotaggio"

Berlusconi e la "stampa catastrofista" 
I pm assicurano: "Non fu aggiotaggio"

Milano - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non commise un aggiotaggio quando, parlando a Santa Margherita Ligure nel luglio 2009, invitò gli imprenditori a non pagare inserzioni pubblicitarie ai giornali che "remano contro". A sostenerlo è il procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, nell’istanza con cui chiede l’archiviazione della posizione del premier al gip Bruno Giordano.

Le accuse alla stampa "La condotta dell’indagato - scrive Greco - non può essere qualificata nei termini di diffusione di notizia falsa poichè l’aver definito sui media parte della stampa come 'catastrofista' per le posizioni che aveva assunto rispetto al tema della crisi economica costituisce una valutazione senz’altro opinabilissima, ma che proprio per questo non si presta a quella valutazione nei termini vero/falso necessaria a integrare l’elemento oggettivo della manipolazione informativa". Le dichiarazioni di Berlusconi portarono anche a una causa civile promossa dal gruppo L’Espresso.

Le motivazioni del pm Secondo la ricostruzione di Greco, che circa un anno fa aveva chiesto l’archiviazione di cui oggi si conoscono le motivazioni, "l’esplicito invito agli imprenditori a non rivolgersi alla stampa 'catastrofista' per acquistare spazi pubbliciari non essendo un’operazione sul mercato non può rientrare tra le operazioni simulate. L’ipotesi di aggiotaggio non è configurabile già sul piano dell’elemento oggettivo e, in ogni caso, non è ravvisabile nella condotta il profilo soggettivo della manipolazione del mercato". Greco spiega anche che "il fatto di favorire gruppi editoriali in danno di altri potrebbe integrare altre ipotesi di reato, tenuto conto anche delle modalità astrattamente diffamatorie che connotano la condotta ascrivibile all’indagato". Ma, osserva, "si tratta di fattispecie di reato per le quali la competenza appartiene ad altra Procura della Repubblica".

In sostanza, secondo la procura milanese si potrebbe ipotizzare l’abuso d’ufficio, diffamazione e illecita concorrenza con minaccia o violenza, ma spetterebbe ad altre procure, non a quella di Milano, aprire un’inchiesta.

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