Berlusconi: "Non temo le inchieste Abbiamo 18 mesi per le riforme"

Il caso Tarantini e le critiche alla manovra non fermano Berlusconi, accolto con un bagno di folla ad Atreju, la festa dei giovani del Pdl. Il Cavaliere: "Nessuno mi può ricattare". Il premier ha detto che il debito pubblico è "un’eredità pesantissima che ci viene dal passato recente"

Berlusconi: "Non temo le inchieste 
Abbiamo 18 mesi per le riforme"

Roma - Il caso Tarantini e le critiche alla manovra non fermano Silvio Berlusconi, accolto con un bagno di folla ad Atreju, la festa dei giovani del Pdl. "Teme le inchieste?" ha chiesto un giornalista di Ballarò. "No, perchè?" la risposta del premier, che sottolinea: "Credo di essere una persona diamantina, generosa, che ha aiutato tutti quelli che poteva aiutare. Se leggete i giornali e quello che si inventano i giudici di sinistra questo non appare vero, ma sono tutte invenzioni. Quando mi guardo allo specchio non ho nulla da rimproverarmi. Non ballo, non fumo, non gioco d’azzardo. Mi è rimasta una sola cosa che non considero un vizio e che spero mi rimanga per gli anni a venire...". E soprattutto non si sente ricattabile da "nessuno al mondo"

E non poteva mancare un cenno alla crisi economica riguardo alla quale il premier ha detto di voler "portare un po' di ottimismo". Una crisi che affonda le sue radici nei governi del compromesso storico hanno creato il debito pubblico, "un’eredità pesantissima che ci viene dal passato recente dagli anni ’70 fino al ’92". E ha ricordato che l'obiettivo del pareggio di bilancio entro il 2013 è un "record assoluto", perchè "l’ultimo pareggio di bilancio è stato raggiunto dal presidente del Consiglio Marco Minghetti nel 1876". Per arrivare a questo traguardo un aiuto è giunto anche dalla lettera risevata "che ci hanno chiesto loro di mantenere tale, scritta insieme alla Banca d’Italia la Bce ci ha indicato anche in che modo avrebbero preferito che fosse raggiunto".

Berlusconi è salito sul palco tra giovani esultanti, che ha ringraziato, senza rinunciare a mandare una frecciatina ai giornali: "Apre il cuore avere a che fare con i giovani dopo che si è avuta la ventura o la sventura di vedere certi telegiornali". Uno sconforto che viene dalla politica stessa, oltre che dai giornali, secondo il Cavaliere: "È difficilissimo fare qualcosa di concreto in un sistema che non dà nessun potere a chi è alla guida del governo. In questi anni ho sentito un senso d’impotenza drammatico. Il governo non ha nessun, nessun potere".

Ecco perché il Cavaliere continua a spingere per una riforma costituzionale che "deve dare al Premier gli stessi poteri di suoi colleghi europei, deve potere, come un capo in azienda, spostare ministri, sostituirli, dire grazie ma ho bisogno di altro modo di operare. Del resto, il premier ha ribadito che il problema in Italia è che "la sovranità popolare è dei magistrati". Impossibile, secondo lui, legiferare, perché se la norma "non piace a Magistratura Democratica, politicizzata e di sinistra viene mandata alla Corte Costituzionale a maggioranza di sinistra e viene puntualmente abrogata".

Anche per questo, e per rispondere al monito di Napolitano, Berlusconi ha ricordato che "abbiamo davanti 18 mesi e dobbiamo essere in grado di fare la riforma dell’architettura istituzionale, della giustizia e quella fiscale", scacciando così l'ipotesi di un governo tecnico: "Un'idea che fa ridere. Anche se chiamate il miglior tecnico del mondo i problemi non si risolvono. Perchè un tecnico non avrebbe la mia autorevolezza personale, che fa stare in piedi la squadra e la mia autorevolezza politica.

Non poteva poi mancare un accenno alla manovra economica: "L'apposizione della fiducia è un atto di coraggio del governo, perché se ci sono contrasti nella maggioranza e qualche deputato o senatore non la vota, il governo va a casa, quindi la fiducia è un rischio che responsabilmente il governo si assume". E, anche se l'iter del decreto non è ancora finito, "ha già avuto un’influenza immediata sui mercati per le borse e lo spread" tra bund tedeschi e Btp. Mentre poi, secondo il premier "è iniziata la solita musica della sinistra, che ha detto che era ingiuista, iniqua. Il patriottismo della sinistra è arrivato a fare uno sciopero generale, il signor segretario del Pd e altri della sinistra sono scesi in piazza con la Cgil e in un momento in cui se c’era una necessità era patriottismo e coesione nazionale, hanno dato del Paese un’immagine negativa andando contro l’interesse del Paese".

Poi un siparietto: "Viene da dire che sono pronti per una dittatura, per un governo che viene e dice questa è la manovra, prendi e basta". Il premier ha accompagnato la frase con un sorriso e il gesto dell'ombrello.

  Parlando della Lega, invece, ha sottolineato di aver accettato il contributo di solidarietà "anche se aveva ricevuto un mare di critiche e io avevo detto che il cuore mi grondava sangue perchè io mi sono sempre vantato di non aver mai messo le mani in tasca agli italiani, per ottenere dalla Lega il via libera sulle pensioni. Si fa così perchè è un do ut des".

E il rapporto con Gheddafi? Solo istituzionale. Persino il baciamano, ha ricordato il premier, è stato un gesto di educazione. Ma una relazione che ha portato a dubbi quando è stato il momento di attaccare la Libia: "La notte prima di andare a Parigi per decidere l’intervento in Libia pensai di dovermi dimettere per essere fedele ai miei rapporti e al sentimento di amicizia nei confronti di Gheddafi", ha detto il Berlusconi, Ho molto sofferto vedendo come si comportava Gheddafi e ho dovuto prendere decisioni che ho assunto in base all’input del Capo dello Stato, del Parlamento e anche vedendo il comportamento di Gheddafi".
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