Boniver: nessuno spiega chi disarmerà Hezbollah

Marianna Bartoccelli

da Roma

«Io sto con Israele, unica nazione democratica dell'area, che ha non soltanto il diritto ad esistere ma anche quello di difendersi». Margherita Boniver, deputato in Forza Italia dopo i lunghi anni passati al Psi, sottosegretario agli Esteri nel Governo Berlusconi, sin dal primo momento dell’inizio della guerra tra Israele e Libano, non ha avuto dubbi: «È stata dichiarata guerra ad Israele. Gli attacchi palesemente coordinati delle ultime settimane e la presa in ostaggio dei soldati non possono essere semplicemente archiviati come atti di ordinario estremismo» aveva subito dichiarato.
E adesso che la risoluzione dell’Onu è stata votata dal Parlamento tutto, lei ritiene che l’Italia sia sulla strada giusta?
«Quella per cui abbiamo votato è un documento che stabilisce un principio, sul quale siamo tutti d’accordo. Così come va dato atto al governo di avere riferito subito al Parlamento, cosa che avevamo chiesto. Ma la risoluzione è piena di buchi neri, che neanche il governo sa come riempire».
Quali?
«I punti principali sono due: chi disarma Hezbollah? Quali le regole di ingaggio? Ma il cuore del problema è che nella risoluzione 1701 è necessario che si dica come porre un argine al finanziamento, all’approvigionamento, al riarmo degli Hezbollah. Non mi pare che ci sia un cenno che dica come rompere il cordone ombelicale tra loro e l’Iran e la Siria con chiarezza».
Il governo ha garantito che la discussione è aperta alle Nazioni Unite...
«Certo. In un delizioso dialogo tra sardi, il ministro Parisi rispondendo all’ex ministro di Fi, Giuseppe Pisanu, ha detto che la missione in Libano sarà lunga, impegnativa, rischiosa e costosa. Ma nessuno ha messo in evidenza il paradosso fondamentale. Dovrebbe essere l’esercito libanese a disarmare gli Hezbollah, ma Hezbollah fa parte, e con ruolo importante, del governo libanese da cui dipende quell’esercito. E la prima cosa che hanno dichiarato gli Hezbollah subito dopo la tregua è che non hanno nessuna intenzione di disfarsi delle armi».
Come se ne esce?
«Già la risoluzione Onu 1559 di due anni fa metteva in bella vista che bisognava disarmare gli Hezbollah. Che se ne sono fregati. Anzi il loro riarmo si è svolto sotto gli occhi “innocenti” dei 2000 caschi blu dell’Unifil. Non si sono accorti mai di nulla?».
Non è certo una situazione di facile soluzione...
«La situazione di rischio per i nostri soldati è più alta di quella in Irak. Per di più non è stato ancora chiarito se si tratta di forza “peace keeping” o “peace forcing”. Sino ad ora mi pare che sia una “forza di Frattocchia”! Le questioni sono tutte sul tavolo».
Pensa che sia stato un caso o un atto voluto che il ministro D’Alema si sia fatto fotografare con gli esponenti Hezbollah del governo libanese?
Penso che neanche a D’Alema sia piaciuta quella foto. È solo un’opportunity andata male. Ma quello che trovo grave sono le parole pronunciate dal vicepremier al Cairo, quando ha detto che in tutto il mondo arabo gli Hezbollah sono diventati i nuovi eroi! E quindi bisogna aver un atteggiamento di apertura.

Anche Bin Laden dopo l’11 settembre era considerato un eroe dal 40% dei musulmani inglesi! No, non è questo il punto. Una cosa è certa: dopo il lavoro magnifico svolto nell’82 dagli italiani, comandati dal generale Angioni, in Libano, ritorniamo in quella zona con una situazione ancora più problematica».

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