Borse, Milano pronta all’alleanza con Londra

da Milano

Piazza Affari sembra pronta a rinunciare al suo destino di eterna zitella. Il consiglio di amministrazione della Borsa milanese, convocato per oggi alle 15, dovrebbe trovarsi sul tavolo una proposta del London Stock Exchange, il listino londinese. Secondo le prime indiscrezioni il progetto prevede che gli azionisti del mercato italiano entrino con una quota di minoranza nella holding del gruppo britannico che controllerà a sua volta due subholding: la prima gestirà la Borsa inglese, la seconda quella milanese. Piazza Affari si troverà così un partner internazionale mantenendo peraltro una propria identità separata.
A suonare l’allarme sul futuro di Piazza Affari era stato poche settimane fa il governatore di Banca d’Italia, Mario Draghi: nell’annuale relazione di via Nazionale aveva parlato di «strategie non definite» e di rischio evidente di marginalizzazione del mercato milanese, all’apparenza tagliato fuori dal processo di consolidamento in corso a livello internazionale. Le parole di Draghi non hanno mancato di avere la loro influenza sull’accelerazione delle trattative. E le prime ad ascoltarle con attenzione sono state le due superbanche, Intesa Sanpaolo e Unicredit, che insieme possiedono il 40% del capitale (hanno più o meno il 20% a testa) e che sono rappresentate in consiglio da uomini di peso come Pietro Modiano e Gaetano Miccichè. A pesare sui negoziati è stato però anche un altro elemento. Agli inizi di luglio (esattamente il 4) scade il periodo in cui Massimo Capuano, numero uno di Borsa italiana può esercitare l’opzione di acquisto del 51% della holding che controlla Mts, il mercato telematico dei titoli di Stato, vero e proprio colosso europeo del suo settore. Mts è controllato da una società, Mbe, di cui il circuito borsistico Euronext ha attualmente il 51%, con Piazza Affari al 49%. Dopo la fusione di Euronext con il New York Stock Exchange, Piazza Affari aveva deciso di esercitare una clausola dell’accordo che prevede la possibilità di rilevare la totalità del capitale nel caso di «cambio di controllo» dell’altro azionista. Gli americani peraltro non hanno mai riconosciuto che la fusione si sia tradotta in un effettivo «cambio di controllo» e negoziati sono ancora in corso. Quanto alle possibili nozze italo-inglesi è evidente che il «peso» della componente tricolore sia legato alla possibilità di apportare al gruppo britannico una società, Mts appunto, che è anche una delle storie di maggior successo della finanza italiana.
Dal punto di vista della Borsa inglese, guidata da Clara Furse, l’accordo avrebbe il pregio di diluire nel capitale la quota in mano al Nasdaq.

All’inizio del 2007 il listino tecnologico Usa lanciò un’offerta sul mercato britannico: raccolse in Borsa poco meno del 30% ma l’Opa vera e propria andò praticamente deserta. In base alla normativa inglese almeno fino a febbraio 2008 gli americani hanno le mani legate. Ma la minaccia rimane.

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