Nel dicembre del 2004, quando la guerra di camorra superò gli argini della civile rassegnazione e tracimò, col suo sangue e col suo orrore più di cento morti in un solo anno sulle prime pagine dei giornali, Giuseppe Pisanu, sardo tenace e poco loquace, non si trincerò dietro la fatalità di uninsostenibile eredità storica. Disse che a Napoli lo Stato si sarebbe impegnato nella «riconquista» della sovranità e del territorio, annunciando più uomini, più mezzi, più tecnologia per contrastare la camorra. È stato di parola, le forze dellordine tutte hanno fatto egregiamente la loro parte, hanno sfidato anche la reazione violenta di quella frazione di popolazione napoletana che vive di camorra e con la camorra, lontana dalla legge, ostile allo Stato. Giorno dopo giorno, i vertici dei diversi clan sono stati disarticolati e colpiti e ieri è caduto nella rete Ciruzzu o milionario, ricchissimo in euro e prodigo di omicidi. In carcere ha raggiunto il figlio, arrestato a gennaio. Un buon colpo, i cui effetti positivi non tarderanno a manifestarsi. È presto per dichiarare Napoli liberata, non si cancellano in nove mesi più di centanni di malastoria, ma è un balzo in avanti. Cè ancora da lavorare, a lungo e non poco.
Inutile cercare il primo della classe, stabilire se il merito sia da attribuire al solo ministro o ai capi delle diverse polizie, è importante che la coordinazione, voluta da una precisa volontà politica di lotta al crimine, abbia funzionato. Si è anche realizzata una fruttuosa cooperazione con gli uomini dei «Servizi».
Attenzione. Lo sforzo prolungato su Napoli non ha penalizzato, riducendola, lazione delle forze della legge in altre zone del Paese. Va ricordato che in agosto è stato preso un pericoloso latitante di Cosa nostra, Luigi Putrone, condannato a tre ergastoli per numerosi omicidi. Larresto è avvenuto in una cittadina della Repubblica Ceca, dove la cosca aveva stabilito un «santuario», a pochi chilometri dal confine con la Germania. Anche lì hanno avuto un ruolo i «Servizi». E poche settimane fa, unaltra mazzata alla ndrangheta, un altro latitante di lungo corso, Rocco Facchineri, caduto nella rete. Lo cercavano inutilmente da 16 anni. Insomma, non si dorme e sullelenco dei più pericolosi ricercati non sono cadute la polvere delloblio e lamnistia camuffata del lassismo. I dati pubblicati su questo stesso Giornale dimostrano che mai come negli ultimi anni la lotta alla grande criminalità organizzata è stata tenace e fruttuosa. E sono stati rintracciati anche terroristi di cui da anni serano perse le tracce allestero. Mai come in questo periodo il Viminale dimostra di avere memoria e mani lunghe, comprendendo perfettamente che ogni latitanza di boss o di capo terrorista è un insulto alla sovranità della legge, un accidente diseducativo. Si è superata anche linadeguatezza determinata spesso dalla «coperta corta»: negli anni di piombo tutte le forze erano schierate sul fronte del terrorismo e le mafie si espandevano con velocità e facilità, oggi si riesce a colpire tutte le forme di «anti-Stato», nonostante gli impegni aggiuntivi impostisi dopo l11 settembre.
Se certi risultati si sono ottenuti, lo si deve, ripetiamo, a una precisa volontà politica. Bisogna dirlo, anche se questa elementare verità contrasta con la «vulgata» di una certa sinistra, girotondista ma anche post-gramsciana, secondo la quale lattuale governo avrebbe ammorbidito la lotta alla mafia, avrebbe abbassato la guardia, per rispettare chissà quale patto infame stretto con i boss. Abbiamo ben presenti parecchi titoli dellUnità e le suggestioni calunniose di certe ipotesi inquisitorie pompate dai giornali, così come ricordiamo le risibili analisi socio-criminali sul successo del centrodestra in talune aree del Mezzogiorno nel 2001. Le cifre spazzano le menzogne: 435 pericolosi latitanti acciuffati nei quattro anni di governo Berlusconi smentiscono le invenzioni che certa opposizione politica distilla e un attrezzato spaccio mediatico vorrebbe far bere. Spesso latitante è anche la semplice verità dei fatti.
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