Bravo Ruggeri a sottolineare lo "strabismo" della censura

A "Tv Talk" ricorda che non c'è nessuna indignazione quando bloccano Morgan o annullano concerti a Povia

Bravo Ruggeri a sottolineare lo "strabismo" della censura
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Spesso i fatti di cronaca sono relativizzati, o addirittura spiegati, dai fatti del recente passato. Ad esempio quelli rievocati da Enrico Ruggeri (foto) l'altro giorno a Tv Talk di Mia Ceran su Raitre e passati abbastanza sottotraccia. Premessa. Si parla del «caso Tony Effe» che ha tenuto banco per giorni con regolare dispiego di retorica. La sua apparizione al prossimo Concerto di Capodanno di Roma è stata prima annunciata e poi annullata dal Comune di Roma. Motivo: il sessismo, la misoginia, la volgarità talvolta persino criminofila delle sue canzoni. Tutte cose note da anni che evidentemente agli organizzatori romani erano sfuggite e che la polemica ha contribuito a far risaltare trasformandole in argomento di discussione nazionale.

Risultato: il «censurato» Tony Effe è diventato un martire in tempo reale, la giunta romana passerà un brutto Natale e la popolarità del trapper è un trampolino nazionalpopolare perfetto per l'imminente Sanremo nel quale è stato incluso tra i concorrenti senza che nessuno fiatasse. Una caporetto comunicativa di Roma Capitale che, come piace tanto agli italiani, ha subito convocato le due squadre di cui, a turno, siamo tutti giocatori: i guelfi e i ghibellini. C'è chi ha applaudito perché quei testi fanno schifo e quindi bravi bene bis. E c'è stato chi, anche artisti e intellettuali, ha puntato il dito contro la censura sempre inaccettabile. Vero. Però c'è chi, come Enrico Ruggeri, ha fatto notare («per onestà intellettuale») che l'indignazione per la censura è a corrente alternata. In sostanza, in certi casi non ci si indigna per niente. «Dopo la seconda volta che ho parlato di Covid non sono andato in tv per tre anni, a parte qui a Tv Talk e nessuno ha levato scudi». Verissimo.

«E Morgan? Perché quando annullano un concerto di Povia non succede niente? Perché non appartiene a una multinazionale come me, non ha un grande management dietro, non c'è la possibilità di creare un blocco solidale» a suo favore. Parole di buon senso che, al di là del caso specifico, confermano che peggio della censura c'è solo la censura di comodo, quella strabica, quella di parte.

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