da Washington
La partita di pesca è andata bene, anche se è stato solo Putin, apparentemente, a tirar fuori una preda dalle acque dellAtlantico davanti a Kennebunkport. Troppo piccola, però, e così il pesce è tornato in acqua, per decisione del leader del Cremlino, che a quanto pare è perfettamente a conoscenza dei regolamenti ecologici Usa. Se vogliamo proprio andare a caccia di simboli, questa allegoria potrebbe sostituire quella che definiva lincontro come il «vertice dellaragosta»: qualcuno ha ottenuto qualcosa, ma troppo poco.
Un summit proprio da ributtare in acqua, insomma? È difficile dirlo, anche perché di informazioni ufficiali ce ne sono davvero poche. Niente conferenza stampa congiunta a Kennebunkport fra Vladimir Putin e George Bush jr: solo una breve «chiacchierata informale» dei due leader. Unatmosfera, come si prevedeva, diversa da quella del 2001 quando i due presidenti, appena eletti, si incontrarono nel ranch di Crawford, si scambiarono pacche sulle spalle e complimenti addirittura affettuosi, fra cui la frase famosa di Bush: «Lho guardato negli occhi e ho letto la sua anima», e la constatazione conclusiva: «È un amico e gli amici si invitano a casa». Comunanza che durò per circa un anno e trovò espressione concreta nella collaborazione russa alle reazioni americane dopo lattacco terroristico a New York e allinvasione dellAfghanistan per abbattere il regime dei talebani. Il bel tempo si guastò con la guerra in Irak e da allora ha continuato a deteriorarsi. Non si è passati, tuttavia, allostilità personale, tanto è vero che ieri Bush ha definito il presidente russo «affidabile, trasparente e onesto».
Le parole più cordiali, tuttavia, sono state pronunciate da George Bush sr., che dopo tutto era il padrone di casa e non poteva fare altro, ma che per carattere par essere lopposto del figlio: freddo, riflessivo, avaro di parole, un vero yankee in contrapposizione a un bollente texano. Putin, luomo che viene dal freddo, ha probabilmente scambiato con «papà» parole deliberatamente svuotate di contenuto, anche per prudenza professionale: dopo tutto era lex capo della Cia a ricevere lex gerarca del Kgb. I «discorsi seri» toccavano a George W. e a Vladimir detto Volodia, e nessuno dei due è stato loquace, almeno in pubblico.
Quel che si sa è che non cè stato accordo pieno su nessuno dei due punti principali in agenda: lIran e lo «scudo antimissile». Al primo era soprattutto interessato il presidente Usa, al secondo il suo collega, e oggi rivale, venuto dal Cremlino. Fra i due Bush sembra aver ottenuto qualcosina di più, almeno a parole: la comune convinzione che «Mosca e Washington condividono le stesse preoccupazioni circa il programma nucleare iraniano». «Continueremo - ha detto Putin - ad avere successo nel controllare questo problema».
«Quando Russia e Stati Uniti - ha replicato il presidente americano - parlano in sintonia è più facile ottenere risultati». Senza però un impegno esplicito a dare a Washington quellappoggio di cui Bush ha bisogno nella prossima riunione del Consiglio di Sicurezza dellOnu per fare approvare la sua proposta di sanzioni rincrudite nei confronti di Teheran e che il veto di Mosca, o di Pechino, può bloccare. È più probabile, per ora, che Putin sia disposto a mandare, nelle parole del presidente Usa, «un messaggio forte agli iraniani».
È questo il pesce piccolo? Sullaltro tema Putin non sembra avere pescato neanche quello. Bush ha ribadito che intende andare avanti col suo progetto di scudo che protegga gli Stati Uniti da eventuali lanci di missili iraniani e la Polonia e la Repubblica Ceca «sono parte integrante di questo sistema». Nessuna parola sullalternativa presentata da Putin a Heiligendamm: la installazione dello «scudo» nellAzerbaigian, che confina direttamente con lIran e che metterebbe anche la Russia sotto l«ombrello».
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