Roma - Non è lo scontro tra due civiltà, quella del giornalismo anglosassone integro e indipendente versus quella dell’informazione italica sempre interessata e asservita. Gli attacchi della stampa straniera al governo di Silvio Berlusconi sono semmai sintomo di una vendetta di Rupert Murdoch. Il «collega tycoon» del premier «che gli sta facendo pagare con gli interessi una serie di sgarri subiti negli anni».
L’analisi non sarebbe nuova, non fosse altro perché in questi giorni è ripetuta da diversi esponenti del centrodestra. Il fatto è che a sostenerla ed esporla in modo analitico è stato anche Marco Benedetto, manager per anni vicino a Carlo De Benedetti. Uno dei maggiori conoscitori italiani del mondo dell’editoria nonché esponente di punta, fino a poco tempo fa, di un gruppo, quello l’Espresso-Repubblica, non sospetto di simpatie verso il premier.
Benedetto ha affidato il suo pensiero al quotidiano online Blitz. Dietro le mosse del Times del potente editore australiano ci sono due episodi che Murdoch si è legato al dito. Prima la mancata vendita di Mediaset allo stesso Murdoch nel 1998, episodio ricordato ultimamente anche da Berlusconi. E poi, più recentemente, il raddoppio dell’Iva sulla pay tv che ha colpito direttamente Sky. «Come stupirsi che Murdoch ce l’abbia con lui? Più che legittimo il sospetto che schieri i suoi giornali contro di lui, approfittando dei liquami della rissa in famiglia scatenata dalla moglie Veronica», scrive l’ex top manager di Repubblica».
Tesi lineare, che però non è condivisa dal quotidiano romano, che ospita praticamente ogni giorno gli attacchi dei sempre autorevoli quotidiani esteri, interpretandoli come puro esercizio della libertà di stampa. Segno - ha osservato ieri Franco Bechis su Italia Oggi - che «tutto il mondo è paese: la libertà di informazione è una chimera in Italia come in Gran Bretagna, dove la stampa, salvo rarissimi casi, è piegata ad interessi di chi la possiede e la controlla». Sotto questa luce hanno un senso i pezzi dedicati all’Italia dai quotidiani londinesi. Prima l’intervista - poi smentita - alla madre di Noemi. Poi lo «scoop» - aggiunge ancora Bechis - delle ragazze che al telefono parlano di Berlusconi con il nome in codice Papi. E, infine, l’editoriale nel quale si definisce il presidente del Consiglio un clown.
In questi attacchi, scrive Benedetto, non c’è niente di politico. Perché «Murdoch non è di sinistra, i suoi giornali sono tutt’altro che di sinistra, i giornalisti del Times e del Financial Times (che non è di Murdoch ma che ha attaccato Berlusconi per primo) sono tutt’altro che comunisti, anzi, nell’insieme sono inesorabilmente di destra».
Ai redattori inglesi l’attacco a Berlusconi è comunque venuto facilissimo visto che «sono un po’ snobbetti e prevenuti contro il tipo salesman brianzolo che Berlusconi incarna tanto bene», scrive Benedetto. Sulle capacità di Murdoch di condizionare il potere politico, il manager ha pochi dubbi: «Murdoch è un signore che è stato capace di piegare ai suoi voleri personaggi come Ronald Reagan e Margaret Thatcher, di andare d’accordo con il governo della Cina rossa. È forse il più bravo e geniale editore del mondo». E l’Italia gli interessa molto. Lo sbarco del tycoon australiano nel Belpaese «ricorda un po’ quella dei normanni nel nostro meridione: vennero chiamati, quasi mille anni fa, come dei mercenari. Piacquero loro il clima e la natura e nel giro di un paio di generazioni diventarono i padroni del Sud. Chiamato da Berlusconi per quello scherzetto, Murdoch ha capito che il mercato italiano era promettente e ci si è installato.
Di fronte a questi fatti è da ingenui stupirsi degli attacchi al governo italiano. E, forse, anche prenderli sul serio.
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