Calcio malato, nuova sfida anche per Verdone

Lucio Giordano

da Roma

«Tornerà a recitare, signora?». Francesca Neri fa brillare i suoi meravigliosi occhi blu, che nemmeno una fastidiosa congiuntivite riescono a ferire. E senza esitare risponde: «Per il momento posso anche farne a meno. Confesso che in fondo in questi anni ho fatto l’attrice soprattutto con l’obiettivo di mettere fine ai miei conflitti interiori. Ora che ci sono riuscita mi diverte più produrli i film, che interpretarli». Il tutto senza un filo di nostalgia. Certo, se così fosse, sarebbe un vero peccato. Francesca è una delle poche attrici italiane capace di bucare lo schermo, con quel suo sguardo sensuale, intenso. Ed è ancora bellissima. Anzi è più bella ora di qualche anno fa: «Merito dello yoga, che oltre allo spirito ha armonizzato anche il mio corpo», spiega con un sorriso.
Dunque dovremo accontentarci di ricordarla nel bacio più lungo della storia cinematografico-televisiva: con Sergio Muniz in La signora delle camelie, sfortunata fiction di Canale 5 dagli ascolti asfittici. «Non esageriamo. Il mio non è un addio definitivo. Semplicemente mi sto guardando intorno. Proprio di recente ho partecipato a La cena per farli incontrare, il nuovo film di Pupi Avati, in uscita a ottobre. In Spagna, poi, continuano a cercarmi con insistenza, proponendomi un film in costume. E anche in Italia mi hanno richiesto diversi registi. Francesco Nuti voleva affidarmi il ruolo principale di Olga, nel film che dovrebbe iniziare a girare a fine agosto. Ma adesso sono totalmente coinvolta dalla mia società di produzione, a cominciare dal nuovo progetto, Tribuna d’onore, sullo scandalo calcio, che sarà diretto dal mio compagno, Claudio Amendola. Un film scritto molto prima della bufera Moggi: uno di quei casi in cui la realtà ha superato l’immaginazione».
Immagino che anche in casa parliate solo di lavoro. È cosi?
«Non proprio. La società di produzione viene dopo tutto il resto. E per resto intendo i problemi quotidiani e la crescita di Rocco, nostro figlio. Devo anche a lui se non sono pentita della scelta di abbandonare temporaneamente la recitazione. Ha sette anni: volevo seguirlo più da vicino, ne avevamo bisogno, perché me lo sono goduto poco finora. Rocco ovviamente è contento della mia decisione. Quando vuole mi telefona in ufficio, invece di rincorrermi in giro per i set di tutto il mondo».
Come sceglie i film da produrre?
«Risponderò in maniera banale: con il cuore. Esattamente lo stesso modo con cui sceglievo un film da interpretare. Se le storie che leggo mi emozionano, passo direttamente alla fase produttiva».
Un produttore donna è cosa rara nel cinema italiano. Come hanno reagito i colleghi maschi?
«Guardando con curiosità alla mia sfida. Per il momento per loro non sono una rivale. Forse non mi temono nemmeno. Anche se poi Melissa P, il film di Luca Guadagnino con il quale ho debuttato in veste di produttore, ha avuto incassi ottimi nelle sale e il dvd, uscito un paio di settimane fa, è andato esaurito in pochissimi giorni».
Nel campo della produzione quali sono i suoi punti di riferimento?
«Fernando Ghia, Claudio Bonivento e Domenico Procacci, che considero un fratello. Da lui ho imparato a non metter mai bocca nelle scelte artistiche del regista: durante le riprese la sua parola è sacra».
Da donna, immagino, avrà un occhio di riguardo per i registi donna...
«Ce ne sono poche nel nostro cinema, che è inevitabile sia così. E infatti, dopo Tribuna d’onore, il prossimo film che produrrò sarà diretto da Anna Negri. È una commedia intitolata Elettrocardiogramma e ambientata ai giorni nostri».
Sinceramente: se Hollywood tornasse a bussare alla sua porta cosa farebbe?
«Non so, ma probabilmente risponderei “no, grazie”. Quando nel 2001 partecipai al fianco di Schwarzenegger al film Danni collaterali, presi la chiamata del cinema americano come un gioco. Portai con me Rocco, la tata, Claudio e stetti lì diverse settimane.

Ma proprio dopo aver raggiunto l’obiettivo massimo di qualsiasi attrice. Cominciai a chiedermi cosa ci facessi in quella giostra che è Hollywood. Era divertente ma non faceva al caso mio. E così tornai indietro. Anche in quel caso, senza rimpianti».

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