Tuffo negli anni Novanta: quando David Platt conquistò l'Italia

C'era un inglese a Bari. Ma poi anche al Delle Alpi e a Marassi: le (quasi tutte) illuminate stagioni del centrocampista dentro al film del nostro campionato

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Il ragazzino ci sa fare. Viene da Chadderton, contea della Greater Manchester, e si allena nelle giovanili dello United. Gioca da mezzapunta e vede la porta senza intralci. Eppure il tecnico dell'epoca, Ron Atkinson, decide di privarsene facendo storcere nasi in serie. "Vada pure gratuitamente in quarta divisione, al Crewe Alexandra, questo David Platt". L'anno è il 1985. L'errore appena commesso, clamoroso.

Perché da quel punto in poi il ragazzino crescerà fisicamente e tecnicamente, fino a pungolare l'appetito dei club di First Division. Lo prende l'Aston Villa, ma lui se ne infischia del balzo atomico di categoria. Tra il 1988 e il 1991 segnerà 50 gol in 121 gare e diventerà pure la rivelazione di Italia '90. David è un centrocampista offensivo estremamemente prolifico, ma non è tutto. Fabbrica quantità siderali di assist. Viene a legare il gioco tra la difesa e l'attacco. Palla in cassaforte e intuizioni luccicanti.

Così, nell'estate 1991, squilla un telefono da Bari. L'asse è con Birmingham. Il gruzzolo sborsato per assicurarsi il talento pari a 12 miliardi delle vecchie lire. Del resto la Premier League sorgerà soltanto nel 1992 e sarà ancora per un pezzo un campionato secondario, rispetto al nostro. Platt fa le valigie. La Puglia è incisa nel suo destino. La stagione però, contro le legittime aspettative della partenza, esce fuori sghemba. Travagliata. Platt piazza 15 centri tra campionato e coppa Italia, ma il fosforo che immette nel club non è sufficiente a trarlo in salvo dalle limacciose acque della serie B. La piazza è frastornata, lui pure. Una cosa è certa: un cavallo di razza del genere non può scendere in purgatorio.

Gli telefona allora Roberto Mancini: "Dai, vieni alla Samp, ti aspettiamo". Niente da fare, almeno per il momento, perché l'illuminato inglese decide di cedere alle lusinghe della Juventus, che lo acquista per 13 miliardi. Scelta sbagliata, stavolta, ma lui non può saperlo prima di scendere in campo. Il fatto è che alla Juve la filosofia è differente. Qui conta soltanto vincere e il gioco effervescente è un ammenicolo di cui si può pure fare a meno. Per cogliere l'obiettivo, i patti sono chiari: ognuno deve presidiare la sua zolla. Ti saluto libertà tattica. Addio incursioni letali in zona gol. Platt è mortificato da un posizionamento che ne diluisce le qualità e finisce per immalinconirsi. Anche se partecipa al successo bianconero in coppa Uefa, trovare una maglia da titolare in campionato risulta complesso. Solo 16 presenze e 3 gol. Andarsene è più che necessario.

Con un leggero ritardo arriva a Genova, sponda Sampdoria. Qui, ammetterà lui stesso, si materializzeranno le sue migliori stagioni italiane.

Sotto la guida di Sven-Goran Eriksson torna a liberarsi da penalizzanti compiti difensivi e sboccia di nuovo. Solleverà con i compagni la coppa Italia 1993/94 e segnerà diciassette gol in due anni, prima di tornare in Inghilterra, stavolta all'Arsenal. Una campagna inglese in Italia decisamente di successo.

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