Francesca Bonifazi, la dottoressa che ha seguito Sinisa Mihajlovic dal primo giorno della malattia fino all'ultimo, ha raccontato di aver saputo subito quando è morto perché è sempre stata in contatto con la sua famiglia e anche con il dottor Luca Marchetti, oncologo di Roma, della clinica Paideia, anche se lo sportivo aveva fatto ritorno nella sua casa romana e negli ultimi tempi si trovava in una clinica della Capitale.
La malattia "tra le più aggressive"
Come riportato da Il Resto del Carlino, la dottoressa ha detto di aver parlato con Mihajlovic, che nonostante le terapie e il trapianto non è riuscito a vincere contro la malattia, l'ultima volta la scorsa settimana. "Era una leucemia mieloide acuta ad alto rischio, tra le più aggressive che abbia mai visto, resistente a tutte le terapie e al trapianto. È andata bene per due anni e mezzo", ha ricordato il medico che ha anche confessato che, nonostante il mister non avesse un carattere facile, era riuscita a creare con lui un bel rapporto, molto profondo, fatto di grande fiducia e anche di amicizia. "Lui mi diceva che ero una disadattata perché in casa non avevamo la televisione e non sapevo nulla di calcio. A lui sembrava impossibile soprattutto non avere una tv. E in qualche modo forse aveva ragione: ma io sono sempre al lavoro... Poi comunque l’abbiamo acquistata", ha spiegato la dottoressa che ha raccontato di aver comprato la televisione dopo il trapianto di Sinisa, e che ogni domenica era ormai diventata una abitudine controllare che risultato avesse fatto il Bologna.
Che tipo di paziente era
Come paziente Mihajlovic era perfetto, a detta della sanitaria, perché aveva una grande personalità ma allo stesso tempo riusciva anche ad affidarsi completamente. Bonifazi ha tenuto a sottolineare che "ha sofferto molto, ma lo ha fatto con grande dignità. E il coraggio lo prendevamo insieme, ce lo davamo reciprocamente". La dottoressa ha ammesso che aveva capito che non ce l'avrebbe fatta a vincere contro la malattia, anche se la speranza è l'ultima a morire.
"C’è stato un processo di identificazione anche negli altri pazienti del reparto e sicuramente lascia il grande coraggio, la tenacia, la forza di affrontare qualcosa di sconosciuto. Sempre pronto a rialzarsi", ha aggiunto Bonifazi che ha anche ricordato che Sinisa non ha mai mollato perché aveva una voglia di vivere incredibile, con la sua famiglia e con la moglie che non lo ha mai lasciato solo. "Per stare con loro era disposto ad affrontare le sofferenze più grandi.
Ha lasciato un bellissimo ricordo anche nel reparto", tantissimi altri pazienti che lottano contro la stessa malattia, ai quali la dottoressa dice di avere coraggio e di continuare a lottare. "E noi tutti dobbiamo continuare a scommettere nella ricerca", ha detto infine concluso il medico.Segui già la pagina di Roma de ilGiornale.it?
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