Ha rimontato l'Arsenal dopo essere stato dietro praticamente per tutto il campionato. Ha fatto saltare la pazienza persino a Carletto Ancelotti, indispettito come raramente capita davanti ai teleschermi, dopo che il suo Real Madrid - non esattamente una combriccola di dopolavoristi - è stato incenerito per 4-0. Ha fatto piangere in cuginastri del Manchester United, abbuffandosi - famelico e irritante - anche con la FA Cup. Adesso il Man City di Pep Guardiola punta deciso ad un treble storico. L'ultimo, in patria, era riuscito ad un tale di Govan, chiamato Alex Ferguson. Così, per dire. Quello italiano lo aveva firmato José Mourinho, proprio con l'Inter. Il sarcasmo del fato a volte è un penalty calciato col cucchiaio.
Sgombriamo subito il campo. Rosa folta e qualitativamente eccelsa. Lontanissimi i tempi della squadretta che veleggiava mesta a metà classifica. Il restyling dello sceicco Mansour ha portato in dote calibri fotonici nel corso del tempo. E Guardiola ci ha messo molto del suo per ungere il meccanismo. Un abbinamento deflagrante e nella sostanza difficilmente arginabile. Proviamo a fare uno screening, reparto per reparto, per capire cosa attende Lautaro e compagni.
La difesa
Ormai Pep si è convinto: predilige un 3-2-4-1 che è pomposo solo sulla carta. Il City è una creatura che si muove solo in sincrono. I ruoli si mischiano in fretta, ma i concetti restano sempre limpidi. Dietro non si balla per nulla: in Premier i Citizens sono stati la difesa meno battuta (33 gol subiti) insieme al Newcastle. Anche in Champions l'attitudine è stata ermetica. Tra i pali c'è un portiere futurista: Ederson sa governare il reparto e diventa il più basso dai playmaker possibili, grazie a due piedi decisamente chirurgici. Nel blocco a tre Dias e Walker - velocità e potenza - fanni i braccetti. In mezzo il sempre più convincente Akanji. Dopo le partenze di Cancelo e Zinchenko il City ha saputo riassettarsi magnificamente dalla vita in giù. E i migliori successi calcistici, in Italia ne sappiamo qualcosa, inizi a costruirli in difesa. Occhio anche ad Aké, che potrebbe recuperare in tempo per giocare la finale.
Centrocampo
Qui ha la residenza il vero giacimento di metalli preziosi. Partiamo dal meno nobile ma comunque iper funzionale Stones, avanzato dal centro della difesa al ruolo di mediano: intuizione che sta premiando Guardiola oltre ogni più feconda aspettativa. Al suo fianco giganteggia Rodri: senso della posizione, interdizione, riavvio dell'azione, conclusioni dalla distanza. Eppoi ecco un manipolo di Banshee. A capitanarlo c'è Kevin De Bruyne, uno che avrebbe già dovuto sollevare il pallone d'oro e probabilmente lo farà, se vincerà la Champions. Classe da vendere, palloni in ghiaccio, assist torrenziali e gol pesanti. Ma ha anche dei difetti. Se per una qualche congiunzione astrale riesci a inibirlo, c'è sempre Bernardo Silva, asso lusitano che sa fare praticamente tutto e tutto benissimo. Altro lato: Jack Grealish. Il fantasista inglese è stato rivitalizzato a tal punto da conquistare una maglia da titolare perenne. I suoi strappi intortano difese in serie da inizio anno. Possibile scordarsi poi di Gundogan? Decisivo in finale di Fa Cup: direzione d'orchestra e gol sempre in canna. Oppure Foden, l'ex bambino prodigio. Non basta: Kalvin Philips e Mahrez sgomitano. Di certo Barella e soci avranno la missione più intricata della serata.
L'attacco
Se escludiamo la pletora delle mezzepunte poc'anzi citate, restano i centravanti. E non è per nulla poco. Erling Braut Haaland ha strapazzato la storia calcistica precedentemente nota per incollarci sopra la sua epopea. Come un brutale sovrano nordico. Record di reti in campionato (36) ed in Champions (12). In stagione ad oggi fanno 52 centri in altrettante presenze. Un gol a partita. Il valore di mercato del norvegese si è impennato fino a lambire i 170 milioni di euro. Scenari disumani, eppure attualissimi. Haaland segna in tutti i modi immaginabili: sa partire palla al piede sventrando le difese in accelerazione, la sbatte dentro con entrambi i piedi e troneggia di testa. Anche le zampate in allungo rientrano nel repertorio. Poi c'è il fatto che quando esce lui entra un altro che pare posseduto.
Julian Alvarez ne ha assestati diciassette in stagione e sempre lascia intendere che quando il pallone scivola dalla sue parti qualcosa succederà. Acerbi e gli altri sono avvertiti. Con questi basta allentare la tensione un secondo per restare crivellati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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