Da una parte Gianni Rivera, monumento. Dall`altra il Milan, sito archeologico della storia calcistica. Entrambi patrimoni mondiali del football. Gianni ha conquistato il trofeo più ambito da ogni calciatore del pianeta: il Pallone d`oro; il Diavolo ha una bacheca di trofei che per esporli tutti ci vorrebbe un museo.
Un museo, appunto: proprio ciò che da un po` di tempo sta facendo litigare il leggendario Golden Boy e quella che l`ex presidente Silvio Berlusconi definiva «la squadra più vincente al mondo». Due «entità» che dovrebbero andare d`amore e d`accordo e che, invece, da anni si stanno giocando un infinito derby di carte bollate e sentenze contrapposte.
La sfida in sintesi: il signor Rivera Giovanni contesta per via giudiziaria l`uso scorretto che il Museo di San Siro farebbe di alcuni cimeli esposti senza riconoscere all`ex calciatore i diritti di immagine. Rivera presenta denuncia e così parte la partita infinita giocata sul campo neutro del tribunale civile di Milano. La gara di andata se l`aggiudica Gianni (Milan multato di 200mila euro); il match di ritorno, in appello, lo vince invece la società rossonera (multa annullata); la palla, per la «bella», passa così alla Cassazione, che - appena qualche giorno fa - ha confermato la sentenza d`appello. Milan soddisfatto. Rivera deluso. Si arriva così, in zona Cesarini, l`ennesimo colpo di scena: ricorso alla Corte europea dei diritti dell`uomo, competente proprio nella materia al centro del contenzioso Rivera-Museo di San Siro.
Signor Rivera, ha deciso di portare il Milan in Europa. Sì, ma davanti alla Corte di Strasburgo...
«È l`ultima occasione che abbiamo per far valere le nostre giuste ragioni».
Ma in Italia giudici d`appello e Cassazione le hanno dato torto...
«Non ne capiamo le ragioni. La situazione è chiara fin dall`inizio».
E cioè?
«In quel museo sono finiti cimeli (alcuni dei quali falsi) senza il mio consenso».
Ma lei non è orgoglioso di essere «in mostra» in un museo?
«No, se ciò avviene a fini speculativi».
E dove sarebbe la «speculazione»?
«Nel fatto che si paga un biglietto d`ingresso».
Appello e Cassazione parlano invece di fini «didattici».
«In tal caso l`ingresso dovrebbe essere gratis».
Lei ha fatto cenno a «cimeli falsi», ma c`è anche qualcosa di autentico?
«Sì, c`è un busto che mi fece Paolo Todeschini che oltre ad essere un bravo giocatore e allenatore era anche un ottimo scultore. Quell`opera, di mia proprietà, l`avevo dimenticata a Milanello e ora è in bacheca nel museo senza che io sia mai stato interpellato».
Ma il Pallone d`oro vinto nel `69 dove lo tiene?
«In banca, al sicuro. A meno che non sfondino la cassetta di sicurezza».
Ma non le crea imbarazzo aver ingaggiato questa guerra con il «suo» Milan?
«Non lo faccio solo per me, ma anche per tutti quei campioni i cui cimeli vengono sfruttati illegittimamente a fini di lucro».
Il calcio di oggi?
«Una cosa proprio non la capisco: ora le azioni cominciano tutte da dietro e così invece di superare 5 avversari se ne debbono scavalcare 10. Pensavo avessero cambiato il regolamento... Invece si è solo trasformata la testa degli allenatori».
Spalletti è il ct giusto per gli azzurri?
«Il ct giusto è solo quello che vince».
Mancini ha lasciato la nazionale per i milioni degli arabi.
«Difficile rinunciare a tanti soldi».
Invece è mancata l`onestà intellettuale di ammetterlo.
«Diciamo pure che Mancini se n`è proprio fregato».
Lei con gli arbitri ha sempre avuto un rapporto conflittuale.
«Ai miei tempi non c`era il Var, altrimenti avrei vinto qualche scudetto in più».
Anche i giudici sono degli arbitri...
«Il Var sarebbe utile anche a loro».
Magari per rivedere la sentenza della Cassazione che le ha dato torto...
«La Corte di Strasburgo non ha il Var ma è certo più veloce dei tribunali italiani. Ciò che qui decidono dopo anni e anni, lì lo definiscono in pochi mesi».
Si confida ora nei tempi supplementari. Seguirà la lotteria dei rigori. E cos`è la giustizia se non anch`essa una lotteria?
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