Quando meno te l’aspetti, ecco un’altra pausa che interrompe l’emozione di un campionato combattuto come non si ricordava da anni. Invece della solita corsa a due o di una squadra che saluta la compagnia già a novembre, stavolta abbiamo ben sei squadre in due punti, con alcune presenze davvero sorprendenti. Più che ti aspetti che le grandi mettano la freccia, più che le provinciali terribili rimangono lì, pronte a rovinarle la festa. La bagarre è emozionante anche se mancano due protagoniste annunciate, che si sono tirate la zappa sui piedi. Cosa vi siete persi in questa 12a giornata di campionato? Un big match combattuto, un derby a senso unico, un finale tragicomico, un bomber in stato di grazia e diverse vittorie sporche. Vi raccontiamo tutto nel nostro pagellone del lunedì: buon divertimento.
Fiorentina, Kean meraviglia! (8)
Qualcuno avrà storto la bocca vedendo che nelle ultime settimane la Viola era costantemente in testa al nostro pagellone. La banda Palladino non se ne preoccupa più di tanto, continuando a travolgere chiunque le si pari davanti. Si dice che le squadre importanti, dopo un tonfo pesante come quello a Cipro di giovedì, scendano in campo col dente avvelenato. Chiedere al malcapitato Hellas Verona per referenze. Ad un certo punto Moise Kean sembrava ovunque, incontenibile, muovendosi come un pazzo, indovinando giocate di classe e segnando gol a grappoli come non gli era mai successo in carriera. Eppure, ad impressionare di più è il fatto che i Viola giochino con la consapevolezza di una grande, gestendo le energie in maniera perfetta, senza esagerare.
La nuova Fiorentina si lascia scivolare tutto addosso, dal gran gol di Serdar ai cross taglienti di Lazovic, ma Dodò e Comuzzo fanno buona guardia in difesa. Nonostante il risultato, non è stata una prestazione memorabile: Bove ed Adli rischiano poco, Gosens è poco preciso in avanti mentre Colpani sembra meno efficace sulla fascia. Per fortuna, invece, Sottil e Beltran si fanno trascinare dall’entusiasmo generale, rientrando pure in difesa spesso e volentieri. Cosa dire, poi, di Kouamé, che non soffre la concorrenza e sfrutta al meglio il quarto d’ora che gli concede Palladino. I pessimisti diranno che è solo una congiunzione cosmica, che, prima o poi, i Viola torneranno alla normalità. Sarà, ma per ora a Firenze si continua a godere parecchio.
Lazio, Zaccagni torna magico (7)
I tifosi delle Aquile si staranno domandando se si tratta di un sogno. Da quando è arrivato coach Baroni, la Lazio non fa che vincere non solo in Europa ma anche in campionato. I dubbi di inizio stagione, i passi falsi sono ormai lontani, visto che i biancocelesti continuano a viaggiare a ritmi da record. Parecchi giocatori, a partire dal velocista Tavares, iniziano ad avere il fiato corto ma riescono a strappare i tre punti anche all’ex Brianteo, contro un Monza niente affatto arrendevole. Il punteggio potrebbe far pensare ad una partita sparagnina ma è rimasto ravvicinato solo grazie ai miracoli di un Turati ispiratissimo. Alla fine della fiera, i tre punti tornano nella capitale, tanto per spargere un altro po’ di sale sulle ferite dei cugini giallorossi.
Non tutto è andato secondo i piani, a partire dai problemi di Gila nel contenere Dany Mota ma ci ha messo una pezza il solito, inossidabile Romagnoli; per non parlare della coppia Vecino-Rovella sulla mediana, con un Pedro che non brilla ma compensa con tanta grinta. Se Isaksen non brilla, Dia e Castellanos sfiorano il 2-0 ma la palma del migliore in campo va a Mattia Zaccagni che, dopo aver preso un palo pieno, s’inventa un gol tanto spettacolare quanto pesantissimo. Alla fine, però, contano i tre punti, le quattro vittorie consecutive in Europa e campionato ma soprattutto quel secondo posto a due punti dalla capolista che fa sognare una stagione memorabile. Per una volta, se la Sparta giallorossa piange, l’Atene biancoceleste se la ride. Finché dura, meglio godersela.
Juventus, la forza dei giovani (6,5)
Il brutto di invecchiare è accorgersi che le certezze che davi per scontate sono ormai superate. Chi ricorda le battaglie campali al Comunale di una volta non poteva che preoccuparsi all’idea di un derby della Mole proprio dopo la gara scialba messa contro il Lille. Purtroppo per i tifosi granata, la stracittadina si è trasformata in una passeggiata di salute per l’undici di Thiago Motta, che ha asfaltato un Torino troppo brutto per essere vero. Considerato che Perin ha passato una serata da sbadigli, verrebbe da sottovalutare la prestazione dei bianconeri ma il fatto è che i granata non hanno giocato anche grazie alla prova della Juve, che ha sbagliato poco o niente. Con l’unica eccezione di un Vlahovic annullato dall’ottimo Coco, il resto è ampiamente sopra la sufficienza.
Il vero vincitore è però Thiago Motta. Se la coppia Gatti-Kalulu non fa rimpiangere Bremer, la trasformazione di Cambiaso è impressionante, quasi come la rinascita di Locatelli e Thuram. Le accelerazioni del laterale sono state fondamentali nella prova da applausi di Weah, che qualche settimana fa sembrava completamente fuori dal progetto. Non tutto è ancora risolto, Koopmeiners può ancora migliorare, ma l’impiego dei giovani Yildiz e Conceição è la ragione per la quale è arrivato alla Continassa. Se il gol del turco con la 10 nel 50° compleanno di Del Piero ha il sapore di un’incoronazione, il portoghese è devastante quando entra nei finali di partita. Credere nei giovani paga: una lezione che altre squadre farebbero bene ad imparare in fretta…
Atalanta, la Dea sa anche soffrire (6,5)
La vulgata da sempre è che le squadre di Gasperini vincono solo quando corrono e giocano bene. Visto che con la nuova Champions tenere la tensione al massimo per mesi è quasi impossibile, una partita storta doveva prima o poi capitare. A confermare il gran lavoro del Gasp, la Dea dimostra di sapere vincere anche quando non spacca le partite, portando a casa quelle vittorie sporche che, alla fine della stagione, peseranno tantissimo. Vincere quando Hien, De Roon e Ruggeri non ne imbroccano una che sia una e perdendo Djimsiti e Zappacosta non è da tutti. La Dea ha sofferto parecchio, rischiando grosso nella ripresa, ma piega comunque una buona Udinese e continua a tenere il passo delle prime della classifica. Presto per sognare ma questi sono segnali importanti.
Se i titolari non brillano, ecco che salgono in cattedra Kossonou, Ederson ma soprattutto uno scatenato Bellanova, che suona la carica e fornisce due assist dal peso specifico mostruoso. La cosa che dovrebbe preoccupare le rivali è che l’Atalanta viaggia anche senza De Ketelaere e con Lookman e Retegui che si accendono poco e male. A prendersi il proscenio ci pensa il solito Pasalic ma anche l’ex Samardzic, che si “vendica” della sua Udinese con una gran partita. L’unica preoccupazione arriva dall’infermeria, con anche Zaniolo che è costretto ad uscire per un problema muscolare nel finale. Stavolta, però, Gasperini ha a disposizione una rosa importante, tante alternative e la possibilità di tenere duro fino al traguardo. Non succede, ma se succede…
Napoli, no Lukaku? No problem (6)
Vi piaccia o meno, Antonio Conte sarà ricordato come uno dei tecnici più efficaci del nuovo millennio. Che non sia uno capitato lì per caso lo capisci appena il suo Napoli inizia a giocare in un Meazza vibrante. La ricetta è quella di sempre, testata dal tempo: squadra compatta, attenta e pronta a scatenarsi in contropiede. Alla faccia dei profeti del calcio totale o del tiki taka, i partenopei tornano a casa con un punto che fa tanto morale, specialmente considerato quanto ha sofferto nella ripresa. A rendere speciale questo risultato il fatto che sia arrivato senza il contributo delle due stelle del Napoli: Kvaratskhelia è troppo lontano dalla porta mentre il fischiatissimo Lukaku viene annullato dal solito Acerbi. Eppure gli azzurri sono riusciti comunque a difendere il pari.
Il Napoli è rimasto in partita nonostante l’errore di Meret, un Di Lorenzo che avanza raramente, un Olivera che si limita a marcare Dumfries ed un Anguissa che si mangia ancora le mani per il lieve contatto che manda Calhanoglu sul dischetto. Quando vedi che Politano è costretto a sacrificarsi per raddoppiare Dimarco capisci quanta garra c’è voluta al Napoli per strappare questo punticino. Le buone notizie? Un Buongiorno quasi perfetto, un Rrahmani che oltre all’assist del gol annulla Thuram ma soprattutto un McTominay che, oltre al gol, fa alcune giocate clamorose che fanno davvero ben sperare. Se Gilmour ha bisogno di crescere ancora, il rientro di Lobotka è davvero un’ottima notizia per Conte. Meglio così: con una classifica così, chi si ferma è perduto.
Inter, senza punte non si vince (6)
Possibile che un pareggio contro la capolista dopo una serie di partite complicate possa avere il sapore di una sconfitta? A giudicare dalla reazione del pubblico nerazzurro che aveva affollato come sempre il Meazza, decisamente sì. Eppure l’Inter non ha certo sfigurato contro il Napoli, rimanendo sempre in partita e reagendo da grande squadra allo svantaggio. Certo, magari Inzaghi avrebbe potuto anticipare i cambi nella ripresa ma la prestazione dei nerazzurri non è stata certo deludente. La sensazione è che l’Inter abbia finito col chiudersi troppo, rendendo la vita più facile agli ospiti. A rispondere presente è la difesa, da un grande Acerbi agli attenti Pavard e Bastoni fino a Dumfries che, dopo essersi perso McTominay, si procura un rigore un po’ dubbio.
I problemi iniziano sulla mediana, solitamente la forza della Beneamata. Mkhitaryan incide poco e lo stesso Dimarco torna dominante solo nella ripresa. Barella si danna l’anima mentre Calhanoglu, a parte un gol regalato da Meret, combina poco per poi interrompere la striscia di rigori nel momento peggiore in assoluto. A costare due punti all’Inter, però, è una ThuLa irriconoscibile: Thuram si muove parecchio ma viene servito meno del solito mentre un Lautaro a corto d’ossigeno soffre la marcatura stretta di Buongiorno, sprecando pure un paio di grosse chances. Un punto in un big match non è certo da buttare ma la sensazione è che questi due punti saranno rimpianti più avanti. Una cosa è certa: la pausa per le nazionali non poteva arrivare in un momento migliore.
Milan, un SuperLeao non basta (4)
Commentare in poche parole una prestazione così sconclusionata e frustrante come quella messa dal Milan in quel di Cagliari è una roba di una difficoltà assurda. La tentazione di fare come tanti tifosi rossoneri, urlando contro il cielo e rovesciando montagne di vetriolo su allenatore, proprietà e certi giocatori è quasi irresistibile. Come fai a spiegare che l’undici di Fonseca, reduce dalla partita quasi esemplare messa al Bernabeu si è fatto uccellare tre volte dai rossoblu, per niente intimiditi di fronte al blasone dei rossoneri? I ragazzi di Nicola non si sono limitati a parcheggiare l’autobus davanti alla difesa ma hanno aggredito la fase di non possesso del Milan, mandando in confusione totale una retroguardia che ha pagato carissimo ogni singola disattenzione.
Per una volta, a parte Maignan, là dietro non si salva nessuno, da Theo Hernandez ridicolizzato da Zampa, a “saracinesca” Fofana che rovina la sua prestazione con un retropassaggio da corte marziale per direttissima. La cosa più frustrante è che l’inusitato pareggio finirà per far dimenticare le illuminazioni di Reijnders, il buon debutto da titolare di Camarda ed il ritorno al gol dopo due mesi di Abraham. Cosa dire poi della doppietta rabbiosa di un rinato Leão, finalmente cinico sotto porta? Il fatto che questo pari arrivi proprio prima della sfida con la Juve è una beffa perché la gente aveva ancora negli occhi il partitone coi Blancos. La cosa peggiore è che nella mente dei tifosi rimane il fatto che sarebbe bastato non sottovalutare i sardi per tornare a casa coi tre punti.
Roma, un finale tragicomico (3)
Fin troppo facile prevedere come sarebbe finita la pantomima in quel di Trigoria. Come succede da una vita, nel calcio a pagare è sempre l’allenatore, specialmente quando non è lui il principale responsabile. Intendiamoci, Juric non è certo innocente ed ha parecchio da rimproverarsi, specialmente dal punto di vista della gestione psicologica di un gruppo lontano mille miglia dal suo Torino grintoso. D’altro canto, però, quando anche uno affidabile come Mancini fa errori del genere, difficile evitare figure da cioccolatai. A tradire il tecnico slavo è ancora la difesa, con N’Dicka unico a meritarsi la sufficienza con una partita precisa come suo solito. Konè ed il giovane Dahl ci mettono corsa, grinta e tanta voglia ma non possono fare miracoli da soli.
La stagione disgraziata della Magica si può riassumere mettendo a confronto le gare di El Shaarawy e Soulé: tanto è elettrico e gagliardo il Faraone, tanto è incostante e intristito l’argentino. La doppietta dell’italo-egiziano fa sperare l’Olimpico ma, senza l’aiuto di Pisilli e Baldanzi, rapidi ma poco concreti, la rimonta non riesce. Il massimo della depressione si raggiunge guardando la gara di Dovbyk, lasciato disperatamente solo e senza avere un pallone giocabile che sia uno.
Considerato quanto il Bologna abbia sofferto la dinamicità di Shomurodov, scegliere ancora l’ucraino è sembrato un errore. Alla fine è arrivato il secondo esonero stagionale dopo 13 punti in 12 giornate. La Roma non partiva così male dal 2004/05: che la sceneggiata continui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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