Parlare di una giornata di Serie A quando la capolista deve ancora giocare è una delle tante stranezze alle quali tocca abituarsi ma cercheremo comunque di raccontarvi quel che si è visto in questo fine settimana. Come al solito lo faremo senza prenderci troppo sul serio ma soprattutto in maniera diretta e onesta. Il bello del calcio è che talvolta le sconfitte fanno meglio ad una squadra di certe vittorie e che, alla lunga, giocare bene paga sempre. Ecco perché, ad esempio, la sconfitta della Lazio e della Juventus non sono così gravi come certi vorrebbero farvi credere mentre le vittorie di Milan e Napoli nascondono insidie non trascurabili. Parleremo ovviamente anche del miracolo Bologna e del carattere incredibile di un maestro del calcio come Ranieri. Trovate tutto qui sotto nel nostro solito pagellone del lunedì, scritto a notte fonda perché se non ci complichiamo la vita non siamo contenti. Buon divertimento.
Thiago Motta da Oscar (8)
Descrivere la corsa del Bologna senza scivolare nell’agiografia inizia a diventare impossibile. C’è chi dice che il quarto posto dei felsinei vale forse di più del trionfo del Leicester di Ranieri ed è sicuramente un’esagerazione ma nessuno si aspettava che, dopo il doloroso addio a Sinisa Mihajlovic, i rossoblu avrebbero vissuto una stagione del genere. Come si fa a non sdilinquirsi in alti peana quando l’undici di Thiago Motta riesce a rimettere in sesto una partita iniziata male su uno dei campi più difficili d’Italia, dove strappare un punto è un’impresa. L’ex campione del mondo ha lasciato il segno nella vittoria al Gewiss Stadium azzeccando ancora le sostituzioni giuste ed ora si può considerare il Bologna favorita nella lotta per il quarto posto senza essere ricoperti di insulti. La cosa più impressionante dei rossoblu è proprio la capacità di rimanere compatti anche quando le cose non girano come vorresti. La roccia Skorupski ha messo una partita decisamente negativa, Posch è in serata no e lo stesso Beukema viene scherzato da Lookman: per non parlare di come Orsolini fosse deleterio per il gioco del Bologna, incaponendosi negli uno contro uno.
La capacità di Motta la capisci vedendo il Bologna nel secondo tempo: Lucumi mette a posto la difesa, Beukema sulla fascia fa molto meglio per non parlare della partita di Saelemakers, che semina il panico nella difesa della Dea. La forza dei rossoblu è nel nocciolo duro, la linea Calafiori-Freuler-Ferguson, che con la fascia da capitano al braccio ha giocato una partita quasi commovente. Meglio così, visto che Fabbian sente il peso della partita e che, spesso e volentieri, le penetrazioni di Ndoye non erano seguite dal resto della strada. La cosa assurda del Bologna è che sembra che i giocatori si diano il cambio da partita a partita nel fare la differenza. Quando Fabbian e Orsolini non brillano, sale in cattedra Zirkzee, che si prende l’attacco sulle spalle e conferma quanto di buono si sia detto di lui. Vedere un giocatore con la sua qualità smazzarsi in copertura senza nascondersi e impegnarsi sempre al massimo è davvero rassicurante. Vorrei solo dire una cosa a quei tifosi bolognesi che ancora si aspettano di tornare alla mediocrità nella quale hanno sguazzato per decenni. Non c’è niente di casuale in questa stagione. Questo è davvero uno dei migliori Bologna di sempre. Godetevelo fino all’ultimo minuto.
Che tosta la Roma di De Rossi (7,5)
Molti li avranno rimossi ma ricordo ancora quel che molti dicevano sui social subito dopo la nomina di Daniele De Rossi. “Stagione finita”, “ha fallito ovunque”, “zero esperienza”, nessuno francamente si aspettava miracoli da Capitan Futuro. Qualche settimana dopo si è passati all’esatto opposto e la tifoseria giallorossa è in delirio, incredula di fronte alle prove di una squadra che alla fine dell’era Mourinho sembrava svuotata, timida, fragilissima dal punto di vista mentale. La sensazione è che l’arrivo di una bandiera della Roma abbia sciolto la tensione creata ad arte dallo Special One nello spogliatoio e liberato molti giocatori chiave. Sembra niente ma scegliere Svilar al posto dell’incostante Rui Patricio ha fatto capire al gruppo che non ci sarebbero stati favoritismi e che farsi strada sarebbe stato possibile. La trasformazione vista ad esempio in N’Dicka ed El Shaarawy è troppo evidente per non avere una componente psicologica. Lo stesso Angelino, certo non impeccabile nelle prime uscite, sta crescendo partita dopo partita mentre il ritorno in squadra di Chris Smalling farà tutta la differenza del mondo.
Cristante non è perfetto ma ha un piglio diverso rispetto ad un paio di mesi fa, Paredes è un po’ incostante ma, per fortuna, l’attacco decide di tornare quello di una volta, devastante e praticamente ingiocabile. Pellegrini suona la carica e mette subito una partita molto complicata in discesa mentre Paulo Dybala dimostra che l’appannamento degli ultimi mesi era principalmente dovuto a problemi fisici e psicologici. Ora che si sente libero di fare il bello e cattivo tempo è tornato incredibilmente efficace e capace di far brillare anche i compagni. A beneficiarne stavolta è Romelu Lukaku, lontano mille miglia dal fantasma che caracollava in campo quando Mourinho era in panchina. Non è ancora devastante come all’Inter ma sta tornando in fiducia: pessima notizia per gli attacchi avversari. El Shaarawy capisce che non c’è spazio là in avanti e contribuisce alla causa portando equilibrio tra le linee. Questa, forse, è la cosa più impressionante: la Roma di De Rossi è matura, sicura dei propri mezzi ed ha una ferocia assoluta. Non guardate il risultato: il Monza ha giocato una buona partita ma non c’è stato niente da fare. Sottovalutare questa Roma costerà carissimo a chiunque.
Napoli, serve più attenzione (6,5)
Allenare una squadra che rappresenta una città come Napoli offre insidie impensabili altrove, come farsi prendere troppo in fretta dall’entusiasmo. Calzona è uno che di calcio ne ha masticato parecchio e spero davvero che questa lezione l’abbia imparata. Dopo la scoppola rifilata al Sassuolo e la vittoria in extremis con la seconda in classifica, c’è gente che sta già parlando di remuntada e, magari, sogna la finale di Champions. Occhio, gente, che il Napoli non è ancora guarito. Vista la stagione orribile che sta vivendo, ogni vittoria merita di essere celebrata come si deve ma il rischio di prendere abbagli clamorosi è altissimo. Non dimentichiamoci mai che senza la stupidata di un diciottenne al debutto i bianconeri sarebbero tornati a casa con un punto che gli sarebbe pure stato stretto. Insomma, non perdiamo il contatto con la realtà. A parte Di Lorenzo, tornato su buoni livelli, la prova della difesa è stata discreta ma diverse delle occasioni lasciate alla Juventus sono colpa di Juan Jesus e di Olivera, specialmente sul gol di Chiesa.
Il centrocampo del Napoli vive della grinta di Anguissa e della classe di Lobotka, direttore d’orchestra nel giro palla che, specialmente nel secondo tempo, ha fatto rivedere sprazzi del gioco di Spalletti. Peccato che Politano sia avulso dal gioco, Traoré sbagli troppi passaggi e lo stesso Zielinski si perda Alcaraz sul gol di Chiesa. Tutto da rifare? Assolutamente no. Kvaratskhelia conferma i grossi passi avanti delle ultime settimane e Raspadori è tornato decisivo nel momento cruciale, quello che vale i tre punti. Preoccupante, però, che il duello rusticano tra Osimhen e Bremer abbia tolto al Napoli l’arma più devastante che ha a disposizione. Il nigeriano vive di entusiasmo e autostima ma non può passare dalla tripletta a Reggio Emilia ad una prova del genere. Tutto rimediabile, intendiamoci: basta che Calzona e l’ambiente sappiano che questi tre punti sono frutto di una buona dose di fortuna. Con più attenzione e disciplina, questo Napoli può ancora togliersi parecchie soddisfazioni. La stagione è ancora lunga.
San Ranieri ora pro nobis (6,5)
Dare per spacciata una squadra di Claudio Ranieri è sempre una pessima idea. Se ne sono accorti i tifosi dell’Empoli arrivati al Castellani con l’aspettativa più che ragionevole che l’undici di Nicola continuasse il suo periodo d’oro. Nessuno, onestamente, si sarebbe aspettato che la striscia di risultati dei toscani si fermasse proprio contro il Cagliari. Evidentemente molti esperti non si prendono il disturbo di andare oltre al risultato e guardare davvero come gioca una squadra. La cosa che non si capisce neanche dagli highlights è il carattere di una squadra, la convinzione e la determinazione di non mollare mai che un allenatore hors categorie è sempre in grado di dare. I sardi hanno semplicemente incassato il credito con la Dea Bendata accumulato nelle settimane scorse, quando avrebbero sicuramente meritato di fare qualche punto in più. Questo non vuol dire che i problemi siano stati tutti risolti o che, magicamente, la rosa del Cagliari sia diventata più competitiva. Le lacune sono ben presenti e quelle nemmeno uno come Ranieri può risolverle.
La cosa che può far sperare i tifosi isolani è che, nonostante una prestazione dimenticabile, siano arrivati i tre punti. A fine maggio potrebbero essere determinanti. Il Cagliari ha confermato di reggersi principalmente grazie alle prestazioni di tre giocatori, Scuffet, Mina e Gaetano, senza i quali la salvezza sarebbe davvero un miraggio. Il portierone sardo è decisivo in parecchie occasioni mentre il difensore colombiano domina nel gioco aereo ed ha una fisicità pazzesca mentre il giocatore del Napoli farebbe bella figura nell’undici di Calzona. Il resto? Parecchi alti e bassi. Nandez meglio quando spinge, Augello fatica tantissimo mentre Jankto soffre sulla fascia ma è nel posto giusto al momento giusto. Lapadula lotta come un leone mentre gli altri fanno poco o niente: Makoumbou e Deiola sono un colabrodo sulla mediana mentre Luvumbo e Zappa sono davvero anonimi. Abbastanza per salvarsi? Probabilmente no, ma con San Ranieri tutto è possibile. Con così tante squadre in pochi punti, a fare la differenza potrebbero essere carattere e motivazione. E di quelle il Cagliari ne ha a bizzeffe.
Juve, perdere così non fa male (6)
Mi sembra quasi di vederli, i paladini dell’#AllegriOut, i nemici del calcio sparagnino per il quale il tecnico labronico è famoso, che si strappano i capelli di fronte al voto assegnato alla prestazione dei bianconeri al Maradona. Nessuno può certo tacciarci di simpatie per Allegri o per le sue dichiarazioni spesso insensate di fronte a prestazioni indifendibili. Quella che si è vista contro il Napoli, però, non è stata la solita Juventus di sempre. La cattiveria agonistica di una volta è andata, purtroppo, come la determinazione di certi campioni a fare la differenza sempre e comunque ma, almeno dal punto di vista del gioco, le cose positive non sono mancate. Se la solidità di Szczesny non è certo una novità, la solidità della difesa non era scontata, specialmente visto l’inserimento di uno come Alex Sandro che ha il pessimo vizio di sbagliare spesso e volentieri.
Decisamente più preoccupante la prestazione del centrocampo, dalla prova di Cambiaso, uscito con le ossa rotte dal confronto con Kvaratskhelia alle prove anonime di Miretti e Locatelli. Positivo quanto fatto da Alcaraz, che si salva con l’assist per il gol di Chiesa, mentre Iling-Junior è riuscito a salvare la sua prestazione con un buon secondo tempo. Da cosa viene il nostro ottimismo per il resto della stagione bianconera? Dalla rinascita di Chiesa, che molti tifosi avrebbero già voluto veder lontano dalla Continassa e, paradossalmente, dalla prova da 4 secco di Dusan Vlahovic. Se fosse riuscito a mettere una delle tante occasioni che ha avuto la vittoria avrebbe impedito a tutti di fare un esame di coscienza. Così egoista non serve a nessuno, bene che lo impari subito. Allegri stesso ha avuto il merito di continuare a provare i giovani: anche se il giovane belga Nonge ha fatto una cavolata mostruosa, avrei evitato di toglierlo prima del 90’. La Juve ha giocato bene, creato tanto e sprecato ancora di più. Ci sta, ogni tanto le cose vanno così. Meglio di uno striminzito 1-0 giocando da far schifo.
Milan, qualcosa ancora non va (5,5)
Una delle leggi non scritte del calcio è che, talvolta, una vittoria non meritata è controproducente. I tre punti strappati dal Milan sono preziosi ed hanno consentito ai rossoneri di farsi sotto alla Juventus. Eppure la sensazione al 90’ non è delle migliori. Come succede da qualche tempo, il Milan parte molle per riprendersi nel secondo tempo, quando il giro palla inizia ad essere efficace. Alcune delle scelte di Pioli sono singolari, come cambiare entrambi i centrali a dieci minuti dalla fine, con la partita ancora apertissima, tanto da chiedersi che senso abbia un cambio del genere visto che si gioca a sei giorni dall’impegno di coppa. Si è detto che la Lazio è sempre in grado di far giocare male gli avversari e la cosa ha senso, basta vedere la partita messa dal Bayern all’Olimpico ma il Milan non ha certo giocato una bella partita. Il solidissimo Florenzi soffre come un cane a trattenere Zaccagni mentre Gabbia dimostra di essersi guadagnato una maglia da titolare da qui a fine stagione.
Stranamente a soffrire stavolta è il binario sinistro, con Theo Hernandez e Leao in ombra, sufficiente solo perché dà il via all’azione del gol e la mediana, dove Bennacer fa un netto passo indietro rispetto alle ultime partite e Adli si limita a contenere il centrocampo laziale. Quando anche Loftus-Cheek parte malissimo e il baluardo Giroud non ne imbrocca una, solitamente le cose finiscono a schifio. Per fortuna la panchina rossonera toglie le castagne dal fuoco a Pioli: Reijnders è determinante mentre Noah Okafor conferma che ad un attaccante basta segnare per garantirsi un futuro. Fino al gol sembrava lì per caso. Sorvoliamo per amor di patria sull’arbitraggio indecente di Lo Bello ma è davvero preoccupante il fatto che Pulisic non sia in grado di suonare la carica e trascinare in avanti il Milan. Quando uno col suo talento è decisivo solo per causare le espulsioni che azzoppano la Lazio qualcosa non va. Possibile che si tratti solo di una partita storta ma anche con l’Atalanta i rossoneri non avevano certo brillato. Temo che le troppe speculazioni sul futuro di Pioli stiano diventando un problema serio. Meglio fare chiarezza prima che sia troppo tardi.
Atalanta, ora è crisi vera (5)
Come si fa a passare da dipingere Gasperini come il nuovo profeta del calcio ad uno capitato lì per caso, incapace di mettere due risultati di fila? Onestamente non so spiegarmelo. È proprio vero che nel calcio l’unica cosa che conta è il risultato dell’ultima partita, altrimenti non si spiega proprio come si faccia a parlare di crisi in quell’Atalanta che, fino a qualche settimana fa, era una macchina perfetta. D’altro canto, però, non si può nemmeno negare la realtà delle cose. Più che l’ennesima sconfitta in uno scontro forse decisivo per la corsa all’Europa che conta, fa impressione l’involuzione di quel gioco incredibilmente efficace che aveva impressionato il mondo. La cosa forse più preoccupante è che se Thiago Motta ha deciso la partita in positivo, Gasperini non è riuscito a trovare le contromosse, steccando la terza partita importante in una sola settimana. Da un lato è comprensibile che giocare così tante partite da sei punti in così poco tempo tolga alla Dea la sua incredibile fisicità, componente essenziale del gioco del Gasp ma qualcosa si è inceppato nell’ingranaggio perfetto dell’Atalanta.
Quella difesa che gestiva con facilità ogni attacco non ha commesso errori gravi ma allo stesso tempo è sempre sembrata in sofferenza, specialmente nella difesa, quando il Bologna ha cambiato marcia. Kolasinac e Holm erano a corto d’ossigeno, costantemente fuori posizione ed incapaci di reagire alle accelerazioni di Saelemakers e Ndoye. Zappacosta e De Roon reggono solo un tempo mentre Pasalic sceglie la partita più sbagliata per prendersi una delle sue solite pause mentali. Meno comprensibile come se Ruggeri sia il solito di sempre, Koopmeiners sia quasi irriconoscibile: a parte il fallo che causa il rigore, ne combina davvero di tutti i colori. Altrettanto assurdo come De Ketelaere soffra la pressione della difesa e sbagli anche le cose più semplici: Lookman prova a fare tutto da solo ma, alla fine, anche lui è costretto ad alzare bandiera bianca. La cosa che mi ha stranito di più è l’involuzione di Scamacca: parte bene, usa il fisico, si smazza per un po’ ma non trova il modo di pungere. Entrare in crisi nel momento più critico della stagione potrebbe avere conseguenze devastanti e, francamente, non si vede chi possa prendersi la squadra sulle spalle. In passato è bastato poco per svoltare l’angolo ed è certo possibile che l’Atalanta riesca ancora nell’impresa. Fossi in voi, però, non ci scommetterei un centesimo.
Lazio, basta polemiche inutili (4,5)
Come giudicare una partita influenzata in maniera decisiva da un arbitraggio al limite dell’indecenza? Mission impossible, verrebbe da dire, ma sarebbe un po’ vigliacchetto. Visto che si è detto di tutto e di più, preferisco non partecipare alla caccia all’uomo scatenata nei confronti di Lo Bello e concentrarmi su quello che ha fatto vedere la Lazio a pochi giorni dalla trasferta da incubo all’Allianz Arena. Per una squadra che ha di fronte la possibilità storica di accedere ai quarti di finale di Champions, la prova dell’undici di Sarri è stata ben più convincente di quanto si possa capire dal risultato. A parte la prova inqualificabile di Pellegrini, che grida vendetta al cielo e l’ingenuità di Guendouzi, che rovina l’ennesima prestazione sopra le righe con la stupida reazione su Pulisic, il resto della Lazio ha fatto davvero una buona partita. Provedel è tornato a fare miracoli, Marusic sarebbe stato quasi perfetto se non fosse per il ridicolo rosso nel finale mentre Romagnoli ha annullato il vecchio amico Giroud, cosa mai semplice.
Vecino ha fatto la differenza a centrocampo mentre Luis Alberto e Felipe Anderson fanno discretamente fino a quando la Lazio non è costretta ad arretrare una volta rimasta in dieci. Se Cataldi ed Hysaj fanno tanta legna sulla mediana e non molto altro, Zaccagni fa fare una pessima figura a Florenzi mentre Isaksen dimostra di meritare forse più spazio lavorando bene sulla destra. Molto meno bene in avanti, dove sia Castellanos che Immobile sbagliano troppo, rovinando quanto di buono fatto dai compagni. L’undici di Sarri avrebbe sicuramente meritato almeno un punto ma è rimasto solido, compatto, anche quando il Milan rischiava di travolgerlo. Come mai l’insufficienza? Perché è la media tra la prova della squadra e il comportamento autolesionista della società.
Anche un cieco si rende conto che l’arbitraggio è stato inqualificabile e che Lo Bello ha perso completamente la trebisonda ma scatenare un putiferio del genere finirà per far male alla stessa Lazio. Benissimo chiedere che prestazioni del genere non siano tollerate ma del resto ne avremmo fatto volentieri a meno. Le polemiche esagerate non servono a nessuno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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