La 15a giornata del campionato di Serie A ha ancora un paio di partite da offrirci ma tradizione vuole che i verdetti del fine settimana siano quelli che rimangono di più nella memoria dei tifosi. Se avete approfittato di questa pausa nel meteo per farvi una gita fuori porta, cosa vi siete persi? Una squadra cinica come poche, un ex muratore che segna solo gol pesanti, un talentino che sta diventando letale ma anche una partita frustrante, la crisi di un protagonista annunciato e l’ennesima, preoccupante implosione nel finale di una grande. Ecco quindi il nostro pagellone del lunedì, con il meglio e il peggio del weekend della Serie A.
Un’Inter devastante (8)
Sicuramente incrociare in casa l’Udinese non è la gara ideale per valutare lo stato di salute della capolista ma di questa Inter fanno paura due cose: la convinzione e la capacità di non sottovalutare mai l’avversaria. I friulani tengono botta per circa mezz’ora, poi svaniscono nelle brume meneghine, lasciando spazio alla festa nerazzurra. Da cosa capisci che questo gruppo è in stato di grazia? Dal fatto che il giovane Bisseck giri a mille, che Barella faccia le buche per terra anche quando non serve più ma anche dalla calma olimpica di Calhanoglu, da un Dimarco che fa il proprio comodo sulla fascia. Potevano mancare i gol della nuova coppia dei sogni?
Thuram e Lautaro timbrano il cartellino e poi tirano il fiato in vista dei prossimi impegni. Difficile trovare anche minime sbavature nella partita dell’undici di Inzaghi, che si concede 45 minuti di passerella. Sembra facile ma sono proprio queste partite a rallentare spesso e volentieri la corsa delle squadre di vertice. Non riesco ad immaginare un modo migliore di scaricare la pressione sulle inseguitrici. Fino a quando continuerà a giocare così, strappare la seconda stella ai nerazzurri non sarà affatto semplice.
Gatti ci cova… ancora (7)
Siate onesti, vi sareste mai aspettati che il salvatore della patria bianconera sarebbe stato Federico Gatti, uno che sembrava una specie di miracolato, arrivato circondato da zero aspettative, che fino a pochi anni fa lavorava al mercato, caricando cassette di frutta e verdura, facendo il muratore? Il terzo gol in campionato, una partita da protagonista assoluto, un colpo di testa che ti aspetteresti da un centravanti, una prestazione difensiva perfetta e nel post-partita rimane sé stesso, umile, grato di poter vivere momenti del genere.
Si potrebbe stare lì a spaccare il capello in quattro, lamentarsi della gara anonima di Vlahovic, applaudire la crescita di un Chiesa capace di saltare difensori come birilli ma meno efficace nel creare occasioni da gol e discutere all’infinito. Questa Juventus brutta, talvolta inguardabile, difende come non si vedeva dallo storico titolo dell’Atlético del Cholo Simeone e continua a vincere, restando lì a due punti dalla schiacciasassi Inter. Chi vince nello sport ha sempre ragione ed Allegri magari non convince, ma vince. Per ora c’è Gatti a togliergli le castagne dal fuoco: quando si sbloccheranno anche gli avanti, ci sarà da ridere.
Bologna, non solo Zirkzee (7)
Sicuramente non sarà mai festeggiato dei giornali che piacciono alla gente che piace, ma il Bologna di Thiago Motta sta facendo un miracolo nemmeno tanto piccolo. Quando è stata l’ultima volta che vi ricordate i felsinei così in alto in classifica a questo punto della stagione? Essere lì, a pari punti con la Roma, disponendo di un budget infinitamente più basso, è roba da non credersi, il che spiega perché siano parecchie le grandi a corteggiare il tecnico rossoblu. La tentazione sarebbe quella di attribuire tutto il merito dei risultati straordinari del Bologna al rientrante Zirkzee, talento scuola Bayern che è cresciuto tantissimo all’ombra della Torre degli Asinelli. Eppure la forza dell’undici di Thiago Motta è un’altra, la terza miglior difesa della Serie A, tanto solida da incassare solo 12 gol in 15 partite.
Anche se davanti aveva una Salernitana svagata, nella quale non ha funzionato praticamente nulla fino allo scatto d’orgoglio del finale, Beukema e Calafiori non hanno sbagliato niente, coperti alla grande dal solidissimo Remo Freuler. Perdonabile l’amnesia di Kristiansen che regala a Candreva e Simy il gol del 2-1, ma i veri complimenti vanno fatti più a Saelemakers che a Zirkzee. Il tedesco fa un movimento da attaccante vero sul primo gol, confezionando un cioccolatino delizioso sul 2-0 ma non si ferma qui, fornendo un passaggio col contagiri a Ferguson. Il vero match winner è però l’ex milanista, davvero scatenato. Non finisce sul tabellino in quanto a gol e assist, ma sono i suoi movimenti imprevedibili a far finire ben sei granata sul taccuino del signor Sozza. Complimenti davvero.
Lo stellone del Gasp (6,5)
Alla fine, la Dea Bendata si è ricordata della “Dea”, restituendole un po’ di quanto gli aveva preso in questo inizio di campionato. Contro un Milan sperimentale e parecchio pasticcione l’Atalanta non ha fatto la migliore partita dell’anno ma, una volta tanto, lo “stellone” sorride a Gasperini. Se la difesa, a parte due svarioni di Scalvini che costano due gol, fa una partita più che dignitosa, Ederson e Koopmeiners fanno filtro in maniera quasi perfetta. Più avanti, se Lookman fa passare una serata da incubo alla difesa milanista, De Ketelaere si divora un gol fatto per poi tornare alla sufficienza con l’assist per il 2-1.
Il genio di Gasperini si capisce dagli inserimenti che valgono tre punti d’oro: sia Miranchuk che Muriel fanno una prestazione da applausi. Se il primo provoca l’espulsione di Calabria e fornisce l’assist, il colombiano si sblocca inventandosi un taconazo tanto bello quanto beffardo. Tornare alla vittoria dopo la pessima figura col Torino contro una delle rivali dirette per la Champions è il modo perfetto di riportare entusiasmo e dare una bella iniezione di autostima all’Atalanta. Fortunato? Forse, ma anche parecchio bravo.
Il Torino “incompiuto” di Juric (5)
D’accordo che vincere a Frosinone non è semplice per nessuno, ma il Torino ha buttato al vento un’occasione d’oro per fare il tanto sospirato salto di qualità ed entrare una volta per tutte nella lotta per l’Europa. Il problema più grave è che l’undici di Juric non è che abbia fatto una cattiva partita al Benito Stirpe, tutt’altro. Qualche sospetto dovrebbe venirvi se, secondo molti colleghi, il migliore in campo dei granata è stato Vanja Milinkovic-Savic, che porta a casa l’ennesimo clean sheet con un paio di parate importanti nel primo tempo. Il resto? Prestazioni decenti, talvolta pure apprezzabili, dal solito Buongiorno a Tameze fino allo scampolo di partita giocato da Karamoh, che forse avrebbe meritato la titolarità.
Dalla cintola in su, però, il Toro manca di concretezza e, soprattutto, di precisione: dei lampi che ti aspetteresti da gente come Sanabria e Vlasic neanche l’ombra, il che spiega più o meno il risultato. Zapata prova a spaccare la difesa e fare tutto da solo ma Di Francesco l’aveva ingabbiato troppo bene. Sorpassare la Lazio e confermare le ottime cose fatte vedere con l’Atalanta sarebbe stato fondamentale per dare la scossa ad una tifoseria che soffre da troppi anni. Invece, niente da fare, ennesima occasione persa, ennesimo treno che se ne va senza i granata a bordo. La sensazione strisciante, però, è che nemmeno questa sia l’annata buona. Vista da lontano inizia ad assomigliare ad una maledizione: davvero non invidio i tifosi del Torino.
Aridatece Kvaradona (5)
Una partita storta capita a tutti, anche ai campioni più grandi, ma vedere Khvicha Kvaratskhelia divorarsi un gol come quello sbagliato davanti a Szczesny dovrebbe preoccupare non poco i tifosi del Napoli. Forse ancora più preoccupante è vederlo prendersi un giallo per reazione e, soprattutto, evaporare dal campo dopo nemmeno mezz’ora di gioco. D’accordo, aveva a che fare con un pessimo elemento come Andrea Cambiaso, che gli morde le caviglie facendogli perdere la trebisonda più di una volta, ma sembra di rivedere quelle prestazioni messe quando giocava in Russia, le stesse che lo avevano fatto uscire dal mirino delle grandi d’Europa.
Nonostante i passi avanti che ha fatto il Napoli da quando è arrivato Mazzarri, forse il tecnico toscano dovrebbe iniziare ad affrontare l’elefante nella stanza. Kvaradona non è più lo stesso, gli manca la sicurezza dell’anno dello scudetto, quella sfacciataggine che gli aveva permesso di lasciare di stucco difensori su difensori. Non sarà facile, ma forse potrebbe valere la pena di dare più spazio a Raspadori: in meno di mezz’ora ha fatto impazzire la retroguardia bianconera, svariando di continuo. Cosa avrebbe potuto fare se Politano fosse stato quello del primo tempo, col serbatoio ancora pieno? Per tornare a vincere, sarà necessario compiere scelte anche impopolari: speriamo che a Mazzarri sia consentito di farle.
Il pasticciaccio dell’Olimpico (4,5)
Perché mai il posticipo di domenica sera sarebbe un “pasticciaccio”? Perché nonostante in campo si sia visto anche del bel calcio, si è visto roba da far perdere la pazienza a Giobbe. Se da un lato hai il gol di Lukaku che è un inno alla tecnica, dall’altro hai due espulsioni incomprensibili, il pizzino dello Specialone e la solita inconcludenza degli avanti viola. Si salva qualcosa? Parecchie cose: le paratone di Rui Patricio, la classe incommensurabile di Dybala ma soprattutto l’assurdo fiuto per il gol di Lucas Martinez Quarta. Nemmeno doveva giocare e per poco non mette la doppietta che avrebbe portato la Fiorentina in paradiso. A dire il vero è tutta la mediana viola a fare un’ottima partita, da Duncan a Kouame fino al solito, immarcescibile Bonaventura: peccato che davanti avessero uno Nzola modalità fantasma. Sarebbe andata diversamente se Nico Gonzalez fosse stato in grado di giocare tutta la partita? Forse, ma chi può dirlo?
Cosa ha reso questa partita un pasticciaccio brutto anche se Via Merulana è a qualche chilometro? Il gesto assurdo di Zalewski che rovina una prestazione fino a quel momento ottima e, ovviamente, il momento di follia di Lukaku che avrebbe potuto rovinare la carriera a Kouamé. Segnare un solo gol con una Roma in disarmo è roba da non credersi. Beltran non è al meglio, ma avrebbe davvero fatto peggio di uno Nzola del genere? Cosa dire, poi, dei segnali mandati da Mourinho nel finale? Parcheggiare l’autobus davanti alla porta in nove ha senso ma le sceneggiate per distrarre i media hanno stancato. Ciliegina sulla torta, l’ennesimo silenzio stampa che non farà che soffiare sul fuoco delle polemiche. Un mio ex collega, arrivato dalla Turchia per seguire la partita all’Olimpico, mi ha detto che, secondo lui, l’era Mourinho è finita. Avrà ragione?
Quanto spreca questa Lazio (4)
Dire che la Lazio scesa in campo al Bentegodi non è bella è forse l’understatement dell’anno. L’undici di Sarri ha le idee giuste, vorrebbe controllare la partita dal primo al 90’ ma è troppo lento e prevedibile: alla lunga i motorini del centrocampo finiscono la benzina e le Aquile vengono riprese. I punti persi nel finale di partita sono già dieci e da qui alla fine della stagione si faranno sentire parecchio. Perdere i tre punti proprio quando Milan e Napoli inciampano e una tra Roma e Fiorentina potrebbe perdere il treno europeo è roba da Tafazzi. D’accordo, un Immobile così impalpabile non si vede spesso e il partitone di Zaccagni non poteva bastare ma questa partita andava chiusa molto prima.
Complimenti a Thomas Henry, talento interessante che, come con l’Udinese, entra e consegna agli scaligeri un punto preziosissimo ma anche Baroni dovrà ammettere che questo è stato un regalo in anticipo della Lazio. Intendiamoci, l’Hellas non ha rubato niente: è una squadra il cui potenziale non è certo al livello di molte altre squadre ma che gioca sempre con coraggio e tanto, tanto cuore. Per salvarsi servirà qualche vittoria, ma pareggi come quello di sabato fanno un gran bene allo spogliatoio. L’effetto sulla Lazio? Speriamo serva a spronare un gruppo che, almeno a quanto si è visto in campo, sembra un attimo a corto di ossigeno.
Calabria inguaia Pioli (3)
Col Napoli fermato a Torino, l’occasione per il Diavolo era di quelle da non lasciarsi scappare. Cosa fa il capitano del Milan, quello che sembrava sempre in grado di trascinare il gruppo, anche nei momenti peggiori? Si becca due cartellini nel finale, lasciando il Milan in dieci. Il grande rapporto tra Davide Calabria e il popolo rossonero sta iniziando ad incrinarsi. Troppi errori mentali, troppo nervosismo, troppa voglia di caricarsi sempre la squadra sulle spalle, specialmente quando non gira. Tutto sbagliato, tutto da rifare, come diceva Ginettaccio? Non proprio, ma il credito accumulato con lo scudetto da Pioli si sta rapidamente esaurendo. Maignan fa l’impossibile, mettendo paratone clamorose ma quando hai di fronte un centrale improvvisato come Theo Hernandez e un Tomori che si danna l’anima per tamponare i suoi errori, come fai a non capitolare?
Con l’infermeria così piena, forse sarebbe stato il caso di rischiare un giovane, magari quel Simic che con la primavera sta facendo benissimo e questo è un errore tutto di Pioli. Magari non è ancora al massimo, ma tra Bennacer e l’adattato Musah il confronto è impietoso, specialmente in copertura.
Florenzi trova l’assist per il solito gol dell’eterno Giroud, ma Loftus-Cheek non è ancora recuperato in pieno, è troppo discontinuo: visto l’impatto che ha avuto sulla partita, non sarebbe stato il caso di far entrare prima Jovic, che sembra finalmente sbloccato? Certo che Pulisic avrebbe potuto essere più efficace a fornire palloni buoni in area ma i problemi veri sono altrove. Con la Juve già a sette punti, il tempo degli esperimenti è finito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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