Pippo Inzaghi come Michel Platini: quel folle anno all'Atalanta

Il nove della Dea vinse il titolo capocannonieri con 24 centri, ma eguagliò pure il record di Le Roi: segnare ad almeno quindici squadre diverse

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Filiforme, asciutto all'inverosimile, persino spigoloso. Quasi incapace di dribblare, come anche di venire dentro al campo per smistare. Sportellate con i difensori per aprire varchi? Il minimo indispensabile. Segni particolari: attaccante. Gol segnati malgrado tutte queste carenze: moltissimi. Filippo Inzaghi ha già dato prova di saper flirtare con lo specchio ai tempi del Piacenza. Quindici reti e squadra che sale in Serie A. Allora se lo prende il Parma di Nevio Scala, che in quegli anni - è il 1995 - nutre un'ambizione forsennata.

Dai forzieri della Parmalat esce un gruzzolo di quasi 6 miliardi delle vecchie lire. Pippo parte spesso titolare, ma le cose non sembrano girare nel verso giusto. Al punto che, con la riapertura della finestra del mercato autunnale, vorrebbero spedirlo in prestito al Napoli. Poi si mette in mezzo una di quelle notti che fanno una vita: gioca il ritorno di Coppa delle Coppe contro gli svedesi dell'Halmstad, che all'andata avevano surclassato i Ducali con un terrificante 3-0, e segna dopo un minuto. Il Parma vince 4-0 e lui assurge al grado di beniamino. Salta tutto. Non parte più. Ma si fa male poco dopo e dovrà stare fermo tre mesi. Stagione densa di travaglio. Alla fine soltanto quindici presenze e due centri.

L'Atalanta di Ivan Ruggeri e Maurizio Radici però scrolla le spalle. Il potenziale, in questo ragazzo di 23 anni, lo vedono eccome. Così Pippo passa alla Dea nella stagione successiva. La maglia ha il numero 9 sulla schiena e lo sponsor Somet sul petto. Seconda giornata, doppietta alla Fiorentina. Terza, gol della bandiera contro il Vicenza. Quarta, gol del pareggio contro l'Inter. Quinta, rete al Perugia pur nella sconfitta finale. La squadra sta disputando un campionato vacillante. Ci giocano i Micillo, i Fortunato e i Carrera, i Mirkovic, i Morfeo e i Magallanes. La proposta pallonara è tiepida, ma Pippo no. Lui segna praticamente sempre, sia in caso di vittoria, sia quando prendono un'imbarcata.

Inzaghi
Filippo Inzaghi in azione con la maglia della Dea (Wikipedia)

C'è il suo nome inciso nella vittoria contro la Lazio di fine ottobre e anche nel pareggio contro il Milan, a inizio novembre. Spunta anche nella sconfitta contro il Napoli, nella vittoria con la Roma e in quelle contro Reggiana e Cagliari. Si fa prima a dire che, in quella Serie A ancora a 18 squadre, Filippo Inzaghi buca quasi tutte le squadre rivali. Alla fine della stagione sarà il capocannoniere della Serie A, con 24 gol segnati. Un record al quale se ne somma subito un altro: è andato in rete contro 15 squadre diverse. Prima di lui c'era riuscito soltanto un certo Michel Platini. La folla bergamasca lo acclama e lo elegge a leader carismatico. Alquanto spigoloso e molto poco indulgente con le porte altrui, Pippo è però già un astro troppo luccicante e l'Atalanta - che in quel campionato si piazzerà decima - una piazza distante dalle sue legittime aspettative.

Dopo un anno

soltanto a Bergamo lo ingaggerà la Juventus, pagandolo 20 miliardi di lire. A Torino scriverà un'altra storia, ma quel record che lo accomuna a Le Roi fa parte della sua straripante stroia nerazzurra.

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