Solo 12 mesi: perché Roberto Carlos restò così poco all'Inter

Nel 1995 Moratti lo compra dal Pameiras, nell'ambito del suo primo faraonico mercato: le incomprensioni tattiche con il tecnico Roy Hodgson saranno decisive

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Nell'estate del 1995 il polpastrello che scorre lungo la lista degli acquisti dell'Inter ci mette un mucchio di tempo per arrivare fino in fondo. Il nuovo presidente, Massimo Moratti, è intenzionato a riscrivere le ambizioni del club mixando risultati e fluidità di gioco. Per questo apre il portafogli e compra Roberto Carlos, Javier Zanetti, Paul Ince, Maurizio Ganz, Rambert, Benny Carbone, Caio e, nella finestra invernale, pure Pistone. Il patron vorrebbe anche Eric Cantona, ma per l'asso francese non c'è nulla da fare. Il primo e l'ultimo acquisto diventeranno una parte dell'oggetto del contendere.

Roberto Carlos è giovane - ha soltanto 22 anni - ma in patria, al Palmeiras, ha già fatto vedere di cosa sia capace. Terzino coast to coast, sinistro terrificante, personalità da vendere. Quando atterra a Milano però, sia lui che gli altri acquisti vengono accolti con una certa freddezza dal tecnico Ottavio Bianchi: "I sudamericani non li conosco. Io la domenica alleno, non ho tempo per guardarmi le cassette". Roberto però fa spallucce, anche perché il feeling con Moratti è scoccato subito: "Un tipo allegro, proprio come me", dice.

Ci mette poco a convincere il mister che deve giocare titolare. Terzino sinistro, quello è il suo posto. Prima amichevole, contro il Monza, e assist. Prima partita di campionato, contro il Vicenza, e gol decisivo su punizione rasoterra. Arriva il match di coppa Italia contro il Venezia e segna pure lì. Secondo turno di campionato, contro il Parma, altro gol. I tifosi già stravedono per lui. Moratti gongola in tribuna. L'Inter però è una barca che si sta inabissando.

Al Tardini Roberto ha segnato, ma è arrivata una sconfitta. Quindi un pareggio a Piacenza e un'altra sconfitta a Napoli. Nel frattempo il piccolo Lugano sbatte i nerazzurri fuori dalla Coppa Uefa. Un disastro diffuso che costa la panchina a Bianchi. Suarez fa da traghettatore per una partita, poi arriva l'inglese Roy Hodgson. E qui la musica cambia sia per l'Inter che per Roberto Carlos, ma in negativo.

Il nuovo allenatore, infatti, non lo vede terzino. Pensa che sia bravo ad attaccare, ma che evidenzi carenze in fase difensiva. Così, quando nel mercato invernale arriva Pistone, il delitto è compiuto. Terzino ci gioca l'ultimo arrivato, mentre il brasiliano si deve spostare davanti a lui, qualche metro più su. La percezione di Hodgson è fallace. Pensa che avvicinandolo alla porta avversaria, segnerà ancora più gol. Non è così, perché Roberto Carlos ha bisogno di sprigionare tutti i suoi cavalli lungo l'intera fascia. Compressi in quella porzione dalla metà campo in su, invece, i suoi sprint vengono anestetizzati.

Quel che ne deriva è un finale di stagione in discesa libera, sia per la squadra - che arriverà settima - che per il talento carioca. Carlos manifesta un evidente disagio per settimane e viene anche espulso nel corso della sua ultima partita con l'Inter, un vibrante spareggio con la Roma per andare in Coppa Uefa.

Per lui basta

così. Se lo prenderà il Real Madrid e il resto lo sappiamo tutti. Incisi nella memoria degli interisti resteranno però quei 12 mesi soltanto in cui, a Milano, passò il terzino sinistro più forte del mondo.

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