Spalletti batte Gomorra: il Rinascimento napoletano

La vittoria della squadra di calcio non è il riscatto della città ma certamente una vittoria sociale, globale. Un traguardo sportivo che chiude un cerchio, quello di un rinascimento di Napoli

Spalletti batte Gomorra: il Rinascimento napoletano

C’è uno striscione a San Gregorio Armeno, la strada delle botteghe dei presepi celebre nel mondo, nel cuore del centro storico di Napoli: “Benvenuti a Napoli, città d’arte e campione d’Italia”. È la sintesi dell’effetto scudetto, un mare che, parafrasando Anna Maria Ortese, bagna Napoli. Anzi la sommerge, con uno tsunami positivo. La vittoria della squadra di calcio non è il riscatto della città ma certamente una vittoria sociale, globale. Un traguardo sportivo che chiude un cerchio, quello di un rinascimento di Napoli.

Dopo la pandemia, la città è rifiorita, diventando meta di turisti da tutto il mondo. Secondo uno studio di Confesercenti Campania, l’indotto turistico e commerciale legato alla lunga festa scudetto del Napoli arriva a oltre 3 milioni di euro per ogni fine settimana. Esauriti hotel e B&B, pieni ristoranti e bar. Ma soprattutto cambia l’approccio di chi viene in visita, magari per la prima volta, a Napoli.

Curva Napoli

Alcuni anni fa, la città era considerata una sorta di far west, dove si doveva uscire con pistole e cinturone per difendersi dai pericoli a ogni angolo di strada. Colpa di una narrazione volutamente esagerata nei toni, volta a raccontare solo stereotipi per far soldi. E in effetti è proprio questo avversario, più che la Juventus, la Lazio o le milanesi, che ha battuto la squadra di Luciano Spalletti. Una vittoria della Napoli capitale culturale su Gomorra, la città della camorra e delle pistole.

Festa Napoli

Certo, uno scudetto non è la bacchetta magica. E i problemi, spesso atavici, restano. Ma la vittoria della squadra di calcio può dare una spinta importante. Si impone il modello, economico ma anche sportivo e gestionale, di Aurelio De Laurentiis, il patron non napoletano che ha saputo però, in 19 anni, riportare il Napoli a uno scudetto partendo dalle secche della Serie C. Un modello chiaro, virtuoso: niente follie economiche, pochissimi debiti, gestione di una società snella. Una vittoria nella vittoria: battuto la convinzione, anche questa legata fondamentalmente a uno stereotipo, che a Napoli non si possa fare impresa, programmare in maniera seria, ma si debba sempre improvvisare, come in un’eterna commedia con Pulcinella in scena.

Festa Napoli

Il Napoli, invece, ha dimostrato che, attraverso un percorso sportivo e societario chiaro, forse lungo e accidentato ma all’insegna della crescita costante, si può vincere. Anche con un club che, prossimo al centenario (fu fondato il 2 agosto 1926), ha vinto solo due scudetti e per giunta avendo in campo il più grande calciatore della storia, Diego Armando Maradona. Che è poi una presenza costante nel trionfo azzurro. Il campione, scomparso il 25 novembre 2020, è in ogni angolo di strada, nelle bandiere, negli striscioni. Come un simbolo, un nume tutelare del Napoli e di Napoli.

Come in quello striscione struggente a via Carbonara, nel cuore antico della città, dove sono visibili solo gli occhi di Diego. Occhi che scrutano una città in festa, Una città che anche nel calcio conosce il suo rinascimento.

Napoli in festa

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