Tuta non doveva segnare: quel (presunto) biscotto spezzato in Venezia-Bari

Il brasiliano entra in campo e segna al novantesimo, generando lo sconcerto dei compagni e l’ira degli avversari: "Quella gara era combinata"

Tuta avvicinato dai giocatori del Bari all''uscita dal campo
Tuta avvicinato dai giocatori del Bari all''uscita dal campo
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Gennaio a Venezia è una sequela di spilli che fremono sotto pelle. Clima glaciale anche sugli spalti del Penzo: la gente accorsa sfrigola mentre i padroni di casa stanno per scendere in campo contro il Bari. Non è certo il match più indimenticabile della Serie A 1999, ma sarà senz’altro il più controverso. E il freddo dentro, al triplice fischio, lo avvertirà tutto tra le scapole un carneade brasiliano che di nome fa ufficialmente Moacir Bastos, ma si gira se lo chiami Tuta.

Mettiamo ordine in campo. Sugli spalti abbaia Zamparini e nel tunnel sfila Beppe Marotta. In campo la gara scorre via placida: la sblocca per i lagunari un vecchio arnese dell’area di rigore, Pippo Maniero. La rimette in pari per i pugliesi De Ascentis. Il linguaggio del corpo racconta quasi inequivocabilmente che le due contendenti, a secondo tempo inoltrato, intendono deporre le sciabole. I ritmi si fanno più blandi. I contrasti meno decisi. La gara decelera progressivamente.

Un po' come se il pareggio facesse gola ad entrambe. Impossibile stabilirlo con certezza, dal momento che l’inchiesta federale che ne sgorgherà durerà quanto un corto di Chaplin. L’incrinatura nasce quando mister Walter Novellino chiama dalla panchina Tuta. Gli dice di scaldarsi, svestirsi ed entrare al posto della stella Alvaro Recoba. Quello, che non spiccica fluentemente l’italiano, esegue. Appena entra in campo Maniero gli sussurra qualcosa all’orecchio. Lui fa segno di aver compreso.

Invece pare non aver capito per nulla. Squadre che proseguono al rallenty, ma al novantesimo irrompe proprio lui e la sbatte dentro. Due a uno Venezia, Tuta che esulta da solo, giocatori trasecolati. C’è chi tiene le mani tra i capelli. Chi fissa il vuoto. Nessuno lo celebra, e sarebbe già stranissimo così. Gli avversari lo applaudono. A fine gara De Rosa e Spinesi lo avvicinano furiosi: il primo allunga le mani nel tunnel. Maglie che si allungano, occhi fuori dalle orbite, bocche schiumose.

Nel post gara le ammissioni dello sconcertato brasiliano costringono la procura federale ad aprire un fascicolo: “Maniero mi ha detto di non segnare, che andava bene l’1-1”, confessa. Versione drasticamente smentita dal centravanti: “Non capisce l’italiano, gli ho detto che non dovevamo subire gol, che l’1-1 era buono per noi”. Vicenda singolare, considerato che comunque mancavano ancora quattro mesi alla conclusione del film. Tuta poi ritratta, ma nutre un insopprimibile convincimento interno.

Impossibile appurarlo con certezza, perché i giudici archiviano tutto, pur ammettendo che la storia lascia “margini di forte perplessità”. Nessun biscotto dunque: la versione ufficiale è che Tuta si è perso nella traduzione.

Un pomeriggio controverso che determina l’epilogo della carriera italiana della punta. Farà rientro in Brasile, dove capirà tutto benissimo e segnerà oltre 150 gol vestendo maglie pesanti, dal Palmeiras al Gremio.

Tornando sulla vicenda, anni dopo, confermerà la sua versione: “Quella partita era combinata. Ho giocato in tutte le categorie e quella è l’unica volta in cui mi è successa una cosa del genere. Una vergogna e una mancanza di rispetto verso i tifosi”.

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