Uno schiaffo ai valori dello sport di universale inclusione e superamento di ogni barriera, che fa ancora più male perché riguardante un torneo giovanile: la decisione del governo regionale di Bali, uno dei più importanti dell'Indonesia, di non voler ospitare la nazionale di calcio di Israele ai Mondiali di calcio Under 20 e di rifiutare un eventuale incontro contro la selezione dello Stato ebraico, è vergognosa sul piano sportivo e politico, ed è costata ad opera della Fifa la revoca dell'organizzazione della manifestazione per il Paese indopacifico.
L'inutile tentativo dell'Indonesia di ricucire
A niente è servita la mediazione in extremis della federcalcio indonesiana, presieduta dall'ex proprietario dell'Inter Erik Thohir. La decisione del governatore di Bali Wayan Koster, avallata dalla federcalcio dell'Iraq, getta anche un cono d'ombra sulla Fifa, che a pochi mesi dai controversi Mondiali in Qatar si mostra nuovamente fragile di fronte alla prospettiva della commistione tra eventi sportivi e politici.
Il presidente indonesiano Joko Widodo, reduce del successo d'immagine del recente G20 tenutosi proprio a Bali, non è sceso in campo sulla questione per diversi giorni, ma alla vigilia della revoca decisa dalla Fifa ha ricordato che "non bisogna mescolare politica e questioni sportive". Anche l'ambasciatore palestinese in Indonesia, Zuhair Al-Shun, ha invitato a seguire le regole della Fifa.
L'Indonesia è il Paese musulmano più popoloso al mondo, il quarto del pianeta in assoluto per popolazione, non ha mai avuto relazioni diplomatiche con Israele ma nemmeno cavalcato esplicitamente l'anti-sionismo come concetto politico, data la distanza dal Medio Oriente. Ciononostante, la causa palestinese è retoricamente una delle più seguite in Indonesia e l'esplosione delle proteste contro il governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu ha fornito l'assist a Koster per rompere con Israele, la cui nazionale Under 20 si è qualificata per i primi Mondiali Under 20 della sua storia.
Il colpo di testa del governatore indù
Il governo locale di Bali, ricorda Social Expat, ha anche rifiutato una delegazione israeliana alla cerimonia di sorteggio dei gruppi per il Mondiale, che proprio sull'isola si sarebbe dovuto tenere nella giornata del 31 marzo. La questione più spinosa del dibattito è legata al fatto che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è certamente l'estremismo religioso di stampo musulmano a aver sancito lo stop. Bali è infatti l'unica isola dell'Indonesia, tra le maggiori, dove l'Islam è minoritario. Nove balinesi su dieci nell'isola da oltre 4 milioni di abitanti sono di fede induista. Bali potrebbe aver temuto o la possibilità della strumentalizzazione della decisione, che avrebbe causato un eccesso di zelo, o il rischio che la scelta dell'isola come ospitante per la nazionale dello Stato ebraico portasse a un aumento del rischio terroristico o dell'intromissione di frange estremiste del tifo.
Nella mente dell'Indonesia è fresca la memoria della tragedia dell'ottobre scorso, quando a Malang, nella provincia di Giava Orientale, 125 tifosi sono morti dopo una partita di calcio a seguito di un'invasione di campo. Timori di questo tipo, però, non giustificano nessuna chiusura a una nazionale regolarmente qualificata ai Mondiali Under 20 sulla base di una decisione presa in modo unilaterale da Bali e subita sia dal governo di Giacarta che dal comitato calcistico nazionale presieduto da Thohir.
Il calcio dovrebbe unire, e invece...
Lo sport dovrebbe unire, non tagliare ponti. La nazionale di calcio dell'Iran e quella degli Usa, nonostante i Paesi fossero ai ferri corti, giocarono in un clima disteso al Mondiale di Francia 1998. Ventiquattro anni prima, si confrontarono addirittura le due Germanie, al Mondiale in Germania Ovest. E che dire delle partite tra le due Coree alle qualificazioni per diversi Mondiali o alle sfide tra Usa e Cuba nel periodo più duro delle sanzioni? Sport come il calcio hanno sempre un talo peso sociale da risultare anche "politici", ma il focus deve essere sempre sul rettangolo verde, su ventidue uomini che per novanta minuti corrono dietro a un pallone.
Trasmettendo emozioni e sensazioni profonde, di verace umanità. Accomunando nella passione gli uomini al netto di colore della pelle, religione, nazionalità, orientamento politico. Sarebbe stato meraviglioso vedere la nazionale giovanile di Israele, qualificata tra le cinque squadre della Uefa tra cui rientra anche l'Italia, giocare contro i padroni di casa ed essere applaudita o criticata solo per i risultati sul campo. Dimenticando per un giorno Netanyahu, Gaza e tutto il resto, fornendo allo sport la prospettiva di garantire la pace oggi negata.
L'eccesso di zelo e l'autogol politico di un governatore hanno danneggiato l'immagine dell'Indonesia a livello mondiale. Hanno colpito l'Indonesia "pontiere" dello scorso G20, gettato senza che centrasse nulla un'ombra anche sull'orientamento islamico della nazione, sfavorito la modernizzazione del Paese.
Chi ci perde più di tutti, però, è la Fifa, incapace di alcuna politica di crisis management e chiamata a un fallo di reazione dopo l'assegnazione di un torneo che, prossimo a disputarsi per la prima volta dopo il Covid, si aspettava dovesse essere destinato a filare liscio. Salvo incagliarsi di fronte alle piccolezze dell'essere umano e delle sue ipocrisie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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