Alessandro M. Caprettini
da Roma
Si devono attendere almeno un paio dore, prima che il governo italiano faccia sentire la sua voce. Già mezzo mondo era in subbuglio ieri pomeriggio per lassassinio di Pierre Gemayel, il leader cristiano di Kataeb (Falange), ma allappello mancavano le voci di Prodi e di DAlema che pure, della pace in Libano, dopo la guerra con Israele, avevano fatto una bandiera. Difficoltà di comunicazione? Problemi di linea? Timori di esporre i nostri soldati a ritorsioni?
Resta avvolto nel mistero quel lungo silenzio, rotto dal ministro degli Esteri con una nota - per lappunto un paio dore dopo il colpo di pistola che ha ucciso il ministro dellindustria libanese - con la usuale notifica del «profondo sdegno» per laccaduto, coniugato ad uno scontato invito «a non far prevalere la logica del terrore a danno dei reali interessi del paese».
Certo, nella nota si conferma anche pieno sostegno al Governo di Fuad Siniora - col quale, si saprà poi, Prodi si è messo in contatto telefonicamente prima di diramare a sua volta un comunicato in cui esorta a «isolare ogni forma di estremismo e di barbarie» - ma le cose non sono così semplici per un esecutivo che nei giorni scorsi ha giocato più di un ruolo e che ora rischia di trovarsi alle prese con un maledetto puzzle capace di mandare in frantumi la missione europea, di cui lItalia è gran parte, ancor prima dellavvio dei suoi compiti a nord del fiume Litani. È un fatto che gli hezbollah di Hasan Nasrallah, che forse ora rinunceranno alle annunciate manifestazioni di piazza, insistono per la cacciata di Siniora. E che, a parte i cristiani maroniti, già scesi per strada a protestare, si rifà viva massicciamente la coalizione cosiddetta del «14 marzo» guidata da Saad Hariri che vede Damasco dietro lassassinio di Gemayel e vuole battersi anche contro le pretese di Hezbollah.
I quali sono sostenuti da Damasco, ma anche da Teheran, paese verso il quale proprio Prodi - che ha parlato anche col leader israeliano Olmert, confermando lidea di una missione Ue sulla striscia di Gaza - concede invece fiducia, visto è tornato a ripetere «che il dialogo con lIran non è affatto morto e anzi oggi sembra dare qualche frutto». Così la posizione del governo si fa difficile. In Medio Oriente ma anche in patria. Visto che a fare la voce grossa, reclamando chiarezza a tutela dei nostri militari non cè solo lopposizione. Ma anche ampi settori della maggioranza. Prendete il diessino Ranieri, presidente della commissione Esteri della Camera: «Lassassinio di Gemayel dimostra quanto sia complessa la situazione in Libano. Cè da augurarsi che possa non precipitare», ha ammonito. Ma ancora più del suo allarme, a colpire non pochi osservatori è stata ieri la dichiarazione dellex-direttore del Riformista Antonio Polito, oggi senatore dellUlivo il quale ha chiesto al Governo di riferire in aula «sulle nuove condizioni in cui si svolge la nostra missione militare» e soprattutto «quali iniziative si intendono assumere per fermare il tentativo di quelle forze politiche, in primis Hezbollah, che intendono eliminare il governo Siniora e riportare il Libano in zona dinfluenza siriana».
Valgono così a poco i richiami allunità lanciati dal presidente dei senatori dellUlivo Anna Finocchiaro che invita tutti a evitare di attribuire colpe agli avversari e meriti a sé stessi. A sinistra, anche se Rifondazione tiene il punto sostenendo che la missione militare non si tocca (Russo Spena) e che comunque si spera che la ragione abbia la meglio (il presidente della Camera Bertinotti), già fanno capolino alcuni malpancisti della spedizione, pronti a tornare alla carica se il Libano dovesse esplodere in una guerra civile. E sul centro destra non manca chi chiede di sapere come intenda procedere il duo Prodi-DAlema se Nasrallah, a parte il ritiro dei ministri sciiti che è già avvenuto, dovesse insistere nei prossimi giorni per le manifestazioni di piazza contro Siniora.
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