Casini l'Alieno può divorare Pdl e Pd

Come i "baccelloni" extraterrestri che hanno bisogno di corpi umani in cui proliferare, così gli ex Dc ora si stanno insinuando nelle coalizioni di destra e di sinistra

Casini l'Alieno può divorare Pdl e Pd

Roma - Il bello è che l’aveva preannunciato quattordici anni fa con quella frase profetica: «La democrazia cristiana è morta, i democristiani non moriranno mai». In ossequio a questo principio Pier Ferdinando Casini oggi persegue il suo unico obiettivo: la sopravvivenza e la riproduzione di una specie estinta. Visto che la balena bianca non esiste più, visto che gli elettori hanno relegato scudi, vele e altri reperti archeologici simili, in percentuali che rasentano il quorum esattamente come quei baccelloni alieni che nei film di fantascienza hanno bisogno di un corpo umano per potersi sviluppare, così i democristiani superstiti si infilano nelle coalizioni, ora a destra ora a sinistra, per ritrovare la forza che la storia gli ha sottratto, per ritagliarsi nicchie di potere che altrimenti gli sarebbero precluse.

Casini rappresenta il più vecchio e il più post moderno dei politici insieme, è il ritratto di Dorian Gray degli apparati senza più casa, è il saltimbanco che fa il gioco delle tre carte per imbonire i turisti della seconda Repubblica. La strategia non solo è chiara, ma anche dichiarata: «Non faremo alcuna alleanza nazionale». Sembra quasi convincente quando enuncia questo principio come si trattasse di un esercizio spirituale. Un pronunciamento etico. Nella pratica, l’Udc, si comporta molto più prosaicamente. Allearsi con il Pdl dove si è sicuri che vinca la destra, allearsi con il Pd dove si è sicuri che vinca la sinistra, andare da soli dove c’è incertezza.

L’unica motivazione esistenziale di questa linea delirante è la caccia alle poltrone. Gli uomini dello scudo crociato si sono specializzati in quelle tecniche di sottogoverno di cui le regionali sono l’apoteosi. Il posticino blindato nella lista del presidente, la nomina negli enti del mangia mangia parastatale e affini. Ha ragione Berlusconi: l’unico modo per mettere fine a questo scempio è chiudere la porta con un gesto netto. Come fanno i portelli tagliafuoco per impedire la propagazione delle fiamme. Perché ogni volta che è stato consentito al centro di espandersi, mettendo a profitto queste tattiche del doppio forno, il bipolarismo ha fatto un passo indietro. Ogni volta che si è abbassata la guardia è proliferato il suk dei voti e si è azzerata la politica.

Se il Pd, in questo momento, avesse un minimo di lucidità capirebbe che l’alleanza con Casini non lo sta rinforzando ma divorando. Gli può permettere di vincere (col trucco) in alcune regioni marginali, ma svuota di significato la propria campagna elettorale e quella dei suoi candidati. La battuta più bella l’ha fatta il mariniano Pippo Civati che sul suo blog ha scritto, sconsolato, un aforisma paradossale: «Quasi quasi mi iscrivo all’Udc, così posso contare qualcosa nel Pd». È questo lo stato d’animo di molti militanti della sinistra che ora si chiedono come mai sia necessario portare acqua alla leadership dell’uomo che solo tre anni fa tuonava: «Ho una sola certezza nella mia vita, mai il mio partito sarà alleato con i comunisti». No, l’Udc non dovrebbe essere corteggiato, ma chiuso in quarantena, come si fa per certi pazienti affetti dai morbi tropicali per contenere il contagio e limitare i danni. Casini ha usato i rapporti politici e personali con gli altri due leader più antichi della seconda Repubblica, Gianfranco Fini e Massimo D’Alema, perché parlano la stessa lingua: tutti e tre vengono dalla vecchia politica, dai riti di partito, dalle frattocchie, dalle camillucce e dalle scrofe. Nessuno dei tre ha mai lavorato in vita sua, uniti dalla comune certezza che solo il potere aiuta a sopravvivere.

Può darsi che se Berlusconi caccerà Casini dal tempio perderà qualche consigliere regionale, ma acquisterà forza e capacità di tenuta politica.

Non va dimenticato che quando nel 2008 espulse l’Udc dalla sua coalizione molti, alcuni persino nel suo partito, pensavano che quel gesto fosse avventato. Abbiamo visto come sia andata a finire: il Pdl, senza l’Udc, ha guadagnato voti. Espellere i centristi, quindi, non è l’amputazione di una gamba, è come la potatura di un ramo: quando lo tagli la pianta si rafforza.

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