Ultras sì, ma solo al di là delle Alpi. Il tifoso violento all'estero può continuare a frequentare liberamente gli stadi in Italia. Anche se identificati dalla polizia straniera, gli ultrà «in trasferta» oltre confine che hanno violato le norme di comportamento e di sicurezza durante le manifestazioni sportive, non possono essere sanzionati «in casa».
Lo sottolinea la Cassazione che ha annullato il divieto di stadio, il cosiddetto Daspo, imposto dal questore di Roma ad un tifoso giallorosso che il 2 ottobre 2007 era stato sorpreso ubriaco dalla polizia inglese durante l'incontro tra il Manchester e la Roma. Una volta rientrato in Italia, il giovane si era visto notificare un provvedimento che lo obbligava a recarsi in commissariato in occasione di tutte le partite della Roma per i successivi tre anni. Un ordine che era stato convalidato anche dal gip contro il quale, tuttavia, la difesa del tifoso ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che i questori italiani non hanno alcun potere di intervenire per i fatti accaduti all'estero.
Una tesi che i giudici della terza sezione penale della Corte, con la sentenza 12977, hanno condiviso in pieno. La Cassazione ammette che «le disposizioni nazionali estendono il cosiddetto Daspo disposto dai questori italiani alle manifestazioni sportive che si svolgono nel resto dell'Unione europea e conferiscono alle corrispondenti autorità di polizia europee potere di Daspo per le manifestazioni sportive italiane». Tuttavia precisa che il «divieto di stadio può essere imposto dal questore italiano soltanto in seguito a episodi avvenuti in Italia». In pratica, il questore può vietare l'ingresso negli stadi anche all'estero a patto però che la violazione contestata sia avvenuta in Italia.
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