Cencelli frena i ds: troppi nove ministeri a rigor di manuale

Pierangelo Maurizio

Dice l'enciclopedia: «Per manuale Cencelli s'intende una formula algebrico-deterministica per regolare la spartizione delle cariche pubbliche in base al peso elettorale di ogni singolo partito o corrente politica». E non capita tutti i giorni di parlare con un pezzo di enciclopedia e di storia patria vivente: Massimiliano Cencelli, 70 anni, in pensione da 5, autore per l'appunto del famoso manuale. Per trovarlo basta chiamare il numero, al Senato, della segreteria dell'ex presidente Mancino dove il Cencelli in carne e ossa presta la sua preziosa opera di collaboratore: «A titolo personale - precisa - non so se ci siamo capiti... ».
La storia è nota. 1967, congresso della Dc a Milano. Sarti, Cossiga e Taviani hanno appena fondato la corrente dei «pontieri» (dovevano fare da «ponte» tra la maggioranza e la sinistra riottosa del partito) e prendono il 12%. «Se fossimo nel cda di un'azienda - propone scherzando Cencelli - gli incarichi andrebbero distribuiti in base alla azioni, cioè in base alle tessere». Sarti se lo guarda ammirato, gli dice «lavoraci su». E da quel momento fu manuale Cencelli for ever.
Oggi il papà di tutte le lottizzazioni difende a spada tratta la sua creatura: «Intanto è un'idea elaborata con controlli, studi e calcoli rigorosissimi - spiega - Ed è l'unico sistema perché i partiti al loro interno e nella coalizione si scannino di meno». Esiste una vera e propria classifica delle poltrone, sulla base di due caratteristiche precise: peso elettorale e capacità di spesa. «Una volta i più importanti erano il ministero dell'Interno - esemplifica - che, prima dell'avvento delle Regioni, aveva il controllo diretto dei Comuni, quello del Fondo per il culto, importantissimo, e il ministero delle Poste: un ministro poteva assumere fino a tremila postini».
E oggi quali sono i ministeri più appetitosi? «Prenda le Attività produttive. Se come sembra avrà il controllo di Fintecna, be’, diventa molto importante». Oppure la Difesa su cui s’impunta Mastella. «Il titolare del dicastero nomina il comandante dei carabinieri, i capi di stato maggiore, è l'unico ad avere fondi da spendere» osserva, da tecnico, Cencelli. Dicono anche che un ministero vale due sottosegretariati e mezzo. «Si capisce. Anche qui bisogna distinguere. Un sottosegretario all'Interno con la delega alla pubblica sicurezza vale più di un ministro». Anche a lui sembra un tantino esagerata la pretesa avanzata dai Ds di nove-ministeri-nove. «Una volta se si prendeva la vicepresidenza del Consiglio era ritenuta una cosa molto importante.

La vicepresidenza più 9 ministeri è parecchio». C'è un'ultima leggenda da sfatare. Esiste o no una versione stampata del manuale Cancelli? «Eccome se esiste. L’hanno pubblicata una ventina d'anni gli Editori Riuniti».
pierangelo.maurizio@alice.it

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