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«Centro storico, odore di camorra»

Il sospetto è pesante, l’accusa di quelle destinate a fare rumore (e a sollevare polemiche, per un riferimento «linguistico» forse frainteso): dietro a un vorticoso giro di compravendite di locali commerciali nel centro storico di Roma ci sarebbero le mani della Camorra. A ipotizzare che la criminalità organizzata campana abbia deciso di investire in bar e ristoranti capitolini per creare un network del riciclaggio è Rita Bernardini. La segretaria dei Radicali italiani, nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio sulla relazione 2006 al Parlamento sulle tossicodipendenze, ieri mattina rivela la sua convinzione. «Ho l’impressione - le sue parole - che ci sia un grande riciclaggio di denaro che deriva dal mercato illegale delle sostanze stupefacenti, di guadagni che provengono dal proibizionismo, proprio intorno ai palazzi della politica». Bernardini entra ancor più nel dettaglio, indicando largo Sant’Eustachio, via di Torre Argentina e le strade intorno a Montecitorio come quelle dove «sono stati rilevati molti locali, non so se dalla camorra». Poi l’esponente radicale insiste: «Rilevo che la lingua parlata sempre di più nei locali e nei bar intorno a questi palazzi è il napoletano», spiega la Bernardini, sottolineando come le gestioni di questi esercizi commerciali siano «ingressi recenti con la spesa di centinaia di migliaia di euro in ristrutturazioni di locali che non sono certo mal messi». Il dettaglio sulla crescente diffusione del dialetto napoletano, frainteso come una «equazione» napoletano uguale camorrista, accende le polemiche. Ma il dato più inquietante sono le reazioni sul merito delle accuse lanciate dalla Bernardini. Così, ecco che il prefetto Achille Serra prima fa il pompiere, nega di aver avuto segnalazioni che confermino le «sensazioni» della segretaria di partito, e «bacchetta» anche Bernardini per le «poco comprensibili sottolineature» su eventuali infiltrazioni mafiose. Ma poi rende noto di aver messo in calendario il tema sollevato dall’esponente radicale per la riunione del 23 agosto del comitato provinciale di Roma per l’ordine e la sicurezza pubblica. Poi qualcuno raccoglie con ancora meno distinguo l’allarme. È Giuseppe Lobefaro, presidente del I municipio, a dire che «il pericolo della mafia dei colletti bianchi esiste in tutti i centri storici». E a Roma, prosegue Lobefaro, «il tema esiste e non viene sottovalutato come dimostrano interventi anche recenti della Dia e della Finanza. Di recente sono stati sequestrati dalla Dia un palazzo al Rione Monti e l’“Osteria del pesce”, un ristorante rinomato vicino piazza Farnese». Nelle vie «segnalate dalla Bernardini non mi risultano problemi», conclude Lobefaro, ammettendo però che «certo colpisce molto vedere, nel centro storico, locali acquistati e rivenduti con grande rapidità».
Con Walter Veltroni in spiaggia, per il Campidoglio parla Mariapia Garavaglia. «Non bisogna mai abbassare la guardia contro l’illegalità e la criminalità e contro le possibili infiltrazioni nel territorio della capitale», dice il vicesindaco, che però critica i riferimenti al dialetto napoletano «profondamente ingiusti per quelle popolazioni». In Parlamento, infatti, quasi tutti alimentano la polemica sul presunto tenore razzista delle dichiarazioni della Bernardini. Con l’eccezione di Massimo Donadi, capogruppo dell’Italia dei Valori a Montecitorio: «Ha usato espressioni un po’ rudi - commenta - ma è evidente che non sarebbe certo una novità scoprire che attività illecite collegate alla camorra siano passate da una ambientazione tipicamente provinciale ad una più cittadina». E non ride di certo del possibile allarme sollevato dalla segretaria radicale il coordinatore della Dda presso la procura capitolina, Italo Ormanni: «La direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma ha sempre guardato con attenzione alle vicende della criminalità organizzata nel Lazio, compreso il fenomeno della camorra».

Lo riprende il coordinatore degli azzurri romani, Francesco Giro: «La segretaria di Radicali italiani ha certamente commesso una gaffe ma da qui ad aggredirla ce ne corre. La camorra a Roma c’è eccome, e lo stesso giudice Italo Ormanni lo ha denunciato a più riprese».

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