Che anno sarà il 2025 per la gastronomia milanese? Probabilmente non molto differente dal 2024: tante aperture assai sbandierate, altrettante chiusure non altrettanto propagandate, molto hype su qualche locale di moda di cui poi forse dopo sei mesi non si ricorderà nessuno, i format tutti uguali inseguendo le stesse tendenze (il vegetale, la circolarità). Noi abbiamo deciso di fare le carte al 2025 a tavola attraverso sette chef da tenere d'occhio a Milano e in Lombardia. Ciascuno, si badi, a suo modo.
Giacomo Lovato
Lo chef di Borgia Milano sembra pronto al definitivo salto di qualità, quello che dovrebbe proiettarlo nell'élite cittadina. La sua cucina appare sempre più precisa e messa a fuoco e il seguito sempre più convinto. Lo si capisce anche da fatto che qualche anno fa faceva notizia il menu Psiche, basato su una sorta di indagine psicologica sul cliente, che oggi esiste ancora ma non è più il motivo per andare in via Washington.
Facundo Castellani
Chef argentino di rito maradoniano che sfornella in quel laboratorio vulcanico di Cucina Franca, al numero 76 di via Friuli. Tante idee interessante, qualche ingenuità, un rapporto quasi primordiale con l'ingrediente e con l'atto del cucinare. Ce n'è abbastanza per pensare che, se il ragazzo troverà il senso della misura, potremo sentirne parlare molto in futuro.
Sabrina Macrì
Da qualche tempo teniamo d'occhio questa giovane chef della Val di Taro (ma con sangue calabrese) che guida la cucina del BistRO in via Bandello, il locale più informale e stiloso del gruppo Aimo e Nadia. Di lei ci piace la sicurezza di mano e la capacità di interpretare in modo corretto piatti dall'italianità mai banale, e come sia in grado di infondere in ognuno il suo tocco personale. Ha tempo per crescere ancora.
Gaetano Marinaccio
All'inizio mi aveva incuriosito questo campano voglioso di farsi notare, di mettere il suo locale a Rho, La Cucina nella mappa dell'alta ristorazione regionale. Ci era sembrato velleitario, ma i fatti stanno dimostrando che la stoffa c'è, soprattutto da quando ha deciso di prendere in mano la cucina in prima persona, lui che prima si limitava a fare il padrone di casa. Di lui ricordo un risotto perfetto e uno stile sovraesposto e di grande personalità. Sarà il suo anno
Giuseppe Silvestro
Sta venendo fuori abbastanza rapidamente il talente di questo chef del Ristorante Silvestro a Monza (città che si sta risvegliando, a questo è un altro discorso), che porta la migliore tradizione campana in Brianza. Lui è allievo di Nino Di Costanzo (due stelle da Danì Maison a Ischia). In carta semplicità ben arredata: Carciofo 'mbuttunato, Ravioli alla genovese, Seppia e rana pescatrice in fondo di pesce.
Davide Caranchini
Non è una novità, l'ancora giovane chef di Materia a Cernobbio (una stella Michelin). Ma il cambio di location avvenuto la scorsa estate sembra aver dato un ulteriore slancio alla sua cucina, sempre più vegetale e sempre più selvatica. L'impressione è che possa crescere e molto ancora.
Viviana Varese
Non di primo pelo la chef di origine campana che ha sempre seguito un suo percorso libero e quasi ironico.
Nel 2024 ha lasciato Milano (almeno per il fine dining, in città conservato altri progetti come Faak e Polpo) e si è trasferita armi e bagagli a Moltrasio, sul lago di Como, a cucinare in quello che è considerato tra i migliori hotel al mondo. il Passalacqua. Qui declina una cucina familiare di lusso, intercettando secondo me una linea di tendenza dell'alta ristorazione. La Michelin l'ha ignorata ma non potrà farlo a lungo.
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