Il mondo della musica (pop ma non solo) è cosparso di cause di plagio. Quanti - furbescamente o inconsapevolmente - come spesso dicono i tribunali, copiano arie o titoli di altri autori. Forse la causa più celebre è quella che perse George Harrison con la sua My Sweet Lord (inserita nella classifica di Rolling Stone tra i 500 brani più belli di sempre): fu condannato a pagare un risarcimento di oltre un milione e mezzo di dollari per aver ripreso il brano del 1962 delle Chiffons (il primo gruppo pop femminile a scalare le classifiche Usa) He' s So Fine. Il colmo è che a denunciarlo furono The Tokens, diventati famosi con The Lion Sleeps Tonight, un traditional che divenne il plagio più riprovevole della storia del pop.
Quante cause per plagio - persino su Faccetta nera e sulle opere di Puccini - che oggi vengono raccontate nel volume di Michele Bovi Ladri di canzoni (Hoepli, pagg. 350, euro 24,90) con una infinità di aneddoti e curiosità. Partiamo da un'illustre sconosciuta che però ha fatto la storia... Chi ricorda Maria Pia Donati Minelli? Insegnante di lettere e autrice di canzoni (tanto da aver guadagnato la medaglia d'oro della Siae per il numero di composizioni scritte), Donati vanta uno storico record: è stata l'unica a vincere una causa per plagio al festival di Sanremo. Era il 1970 e il brano incriminato era Taxi, l'allegra canzoncina di Antoine e Anna Identici, scritta dal tandem di gran moda Panzeri e Pace. Il brano era però identico a Valzer brillante, depositato nel 1948 dalla Donati, che per questo fu risarcita con 110 milioni di lire. Alcuni plagi sono dei veri e propri scherzi del destino, come L'arca di Noè di Sergio Endrigo, che in concerto a Bratislava fu obbligato a togliere il brano dalla scaletta di un concerto perché troppo uguale all'inno dei lavoratori. Numerose e complesse le cause per la paternità di Faccetta nera, musicata dal maestro Mario Ruccione, che all'inizio fu osteggiata dai fascisti perché esortava alla contaminazione razziale. La melodiosa voce di Carlo Buti (che ne incise tre versioni) fece però innamorare gli italiani. Nel 1988 Luciano Pavarotti fu denunciato per plagio dal noto cantante napoletano Bruno Venturini. Oggetto della contesa l'album L'oro di Napoli; tre anni prima Venturini ne aveva inciso uno con titolo analogo e con sette brani identici. Per la caratura dei personaggi intervennero anche i presidenti delle regioni Campania ed Emilia Romagna e si arrivò a un accordo stragiudiziale. Pavarotti si scusò tramite stampa e si decise di siglare la «pax» con una spaghettata e un'esibizione insieme per beneficenza. «Peccato che quella sera Pavarotti non si presentò», scrive Venturini.
In questo mare magnum di cause e litigi, c'è anche qualcuno che la prende sul ridere. Prendete Neil Sedaka... per la somiglianza tra la sua I Must be Dreaming e Settembre di Antonello Venditti ha dichiarato: «La somiglianza è dovuta alla popolarità del mio brano in Italia. Venditti ha scritto la sua canzone 25 anni dopo, anche se avesse preso spunto intenzionalmente non ci vedrei nulla di male». Sedaka a sua volta fu accusato di essersi fatto conoscere con Oh! Carol, copia di Diana del canadese Paul Anka, fatto smentito dal maestro Vince Tempera che dice: «Erano anni in cui l'industria discografica americana sfruttava i brani che funzionavano e imponeva ai cantanti esecuzioni somiglianti». Infatti Paul Anka poco tempo dopo incise Remember Diana, con il titolo che ricordava il suo successo precedente e la melodia simile a Little darlin' del gruppo The Diamonds.
La iperpopolarità porta spesso all'invidia e all'accusa di plagio. Ciò e accaduto in Italia a gente come i Pooh, Zucchero e - negli anni 2000 - a Gigi D'Alessio (che ha venduto 20 milioni di dischi nel mondo) definito «habitué del plagio». D'Alessio si difende dicendo: «Mai ricevuta una denuncia» e cita le sue fonti. «In A riva 'e mare c'è un'ispirazione colta da Io dal mare di Claudio Baglioni; in Mezz'ora fa c'è un riferimento a Ragazze dell'est sempre di Baglioni. La frase musicale più significativa che ho catturato è senza dubbio quella in L'ultimo gettone, presa dalla splendida Canzone di Don Backy». Julio Iglesias ha venduto 300 milioni di dischi ed è uno degli artisti più amati dalle donne, ma per plagio ha rischiato il sequestro del suo faraonico ranch a Buenos Aires. Il caso risale al 1980, è durato 16 anni e Iglesias è stato condannato in primo grado e in appello per Morrinã, brano contenuto nell'album Hey! e scritto con Rafael Ferro Garcia (depositario di 300 canzoni alla Siae spagnola) e l'arrangiatore e produttore Ramón Arcusa Alcón. Un anno dopo l'uscita del disco saltò fuori il cantante argentino Norberto «Larry» Moreno accusando il trio del plagio del suo Yolanda.
Iglesias non diede peso alla cosa e non seguì la strada dell'accordo amichevole; così fu massacrato in primo e secondo grado e costretto a pagare 500 milioni di pesos. In caso di mancato pagamento gli sarebbe stato requisito il faraonico ranch a sud di Buenos Aires. Iglesias pagò, salvò il ranch e fece ricco Moreno.
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