Lorganizzazione e la gerarchia della Chiesa cattolica ci sembrano oggi scontate, come dettate da una necessità che le ha poste allorigine del cristianesimo, dal quale provengono per discendenza diretta. La realtà storica non è questa. La Chiesa, per quanto riguarda la struttura e la forma organizzativa, è per larga parte decisione cosciente di uomini che lhanno voluta così come ci si manifesta. Qualche mese fa si riaprì la questione del celibato sacerdotale. Anche riguardo a un tema così importante, o per lo meno vistoso, i teologi ricordarono che la proibizione del matrimonio è una semplice disposizione organizzativa, che non si basa su alcun dogma di fede. Il fatto che i sacerdoti ortodossi, quelli di basso livello gerarchico, si possano sposare comunemente ne è una dimostrazione, date le differenze ridotte che esistono fra cattolici e ortodossi.
La Chiesa nelle forme odierne nasce in un momento preciso. Fu la faticosa e geniale elaborazione di uno dei maggiori Concili Ecumenici, quello di Trento, che si svolse in sessioni discontinue fra il 1545 e il 1563. Per un breve periodo fu addirittura trasferito a Bologna. Si trattava della risposta teologica, dottrinale e organizzativa del cattolicesimo al protestantesimo, nato dallaffissione delle tesi di Lutero nel 1517 e poi sviluppatosi con grande velocità in tutti i Paesi del Nord Europa. Limperatore Carlo V aveva sollecitato al papato una convocazione rapida dellassise, nella speranza che essa potesse rappresentare il luogo per la riconciliazione della cristianità. Ciò non accadde. Clemente VII era troppo geloso delle prerogative della curia romana per rischiare un confronto con la grande dissidenza nord europea. Il concilio fu convocato da Paolo IV quando ormai le lacerazioni non erano più componibili, ciascuno aveva percorso una strada troppo lunga per conto proprio.
A Trento quindi non si tentò la conciliazione con i protestanti. Lobbiettivo era ormai combattere la scissione dilagante. Perciò lintero cattolicesimo andava rifondato, non soltanto individuandone con certezza i fondamenti teologici e proclamandoli con forza. Si volle anche ridisegnare tutta la sua organizzazione interna, con lassegnazione di un compito decisivo allepiscopato, e ripensare agli strumenti che la Chiesa impiegava per agire nella società, primi fra tutti le scuole e le università.
Il progetto era grandioso, di unambizione priva di modestie, però riuscì. Il successo fu probabilmente superiore alle aspettative e alle speranze dei promotori e di quanti collaborarono allimpresa. Dopo Trento lespansione del protestantesimo in Europa subì una battuta darresto, ma il risultato del concilio non va cercato soltanto in questa pur importante direzione. Fu la parte di cristianità che era rimasta cattolica a trasformarsi in modo radicale sotto la nuova spinta della Chiesa.
Di ciò si occupa, da un punto di vista privilegiato, La Chiesa nellItalia rinascimentale, di Denis Hay. Il rapporto fra i vertici ecclesiastici e il nuovo pensiero politico, scientifico e filosofico nato nel Rinascimento è infatti una chiave di lettura necessaria per comprendere la violenta spinta di modernizzazione che a Trento venne espressa e che sfociò tra laltro in uno slancio artistico che rimane il marchio delle nostre città darte e il vanto della nostra musica fino alla fine del Settecento. Larte fu però solo il segno più visibile della novità che il concilio introduceva nella storia, della capacità che la Chiesa dimostrava di interpretare i segni dei tempi e di precorrere e indirizzare il futuro sviluppo della società.
Un esempio può valere per tutti: listituzione dellanagrafe nelle parrocchie. Una decisione di portata storica, che traghettava verso un sentire moderno le nostre comunità, sia quelle urbane, sia quelle contadine.
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