Una volta i «portoghesi» erano quelli che non pagavano, ora invece danno lezioni di morale. Da quando il calcio non è più larte di tirare calci a un pallone, ma filosofia, estetica, essere e dover essere, cè uninflazione di maestri che discettano su tutto: emigrazione, razzismo, educazione di adolescenti svogliati o ribelli, glottologie del pirla, corruzione e politica varia. Il risultato è: non bastavano le prediche di Rosy Bindi, ora ci ritroviamo gli Oronzo Canà in cattedra.
Mancava lui, José Mourinho da Setùbal, Portogallo. Come langelo con i panni sporchi del Pd, anche lo Special One è convinto che lItalia abbia bisogno di una questione morale. Sgombriamo, però, prima il campo: lInter e il suo allenatore in questa storia non centrano nulla. Entrambi unici e insostituibili, appartengono a unaltra partita. Quella di cui vogliamo parlare la gioca sì Mourinho, ma luomo, senza effetti speciali. Quello che al termine di Inter-Chelsea ha parlato di Calciopoli e della vergogna da lui provata «per aver dato da mangiare alla mia famiglia con il calcio». Sì, sembra proprio di sentir parlare Rosy Bindi. Come lei, anche Mourinho si indigna per gli altri. Eppure basterebbe che ricordasse «apito dourado», fischietti doro, lo scandalo che coinvolse il calcio portoghese, con il Porto, allenato proprio da lui, per evitare di cadere nella tentazione di dare lezioni.
Ma Mourinho, proprio come la Bindi, rimuove le macchie. E se resta lalone, la colpa, ovviamente, è degli altri. Per questo, sempre nel dopo partita, ha garantito di essere arrivato onesto e di volersene andare onesto. «LItalia non mi cambierà», ha assicurato. Come a dire che resterà immune alla corruzione che dilaga nel nostro Paese, dove la prostituzione intellettuale è una professione. Scontata la morale. Mou arriva qui, si siede a San Siro, nello stadio del balilla Meazza, si fa pagare bene in petrodollari, vince uno scudetto, si conquista le luci del palcoscenico e divide lItalia in quelli che lo trovano noioso, quelli che vorrebbero essere come lui e tutte le donne che continuano a sussurrare «stronzo ma tira da pazzi». Perfetto. Uno così sarebbe un peccato perderlo. Tutto bene, il gioco ci piace, fino a quando lo Speciale non decide di gridare in faccia a un popolo: siete una nazione di ladri. Che fai con uno così? Uno che non è razzista e ti dà del mafioso? Uno che offende ma nel modo più stupido? Tutto si può perdonare a Mourinho, tranne essere banale. Lo Special One in questi giorni si è letto un po di giornali, ha visto i titoli sulla Maddalena, sul Salaria Sport Village, sulla banda larga e le miserie di Di Girolamo e ha sparato nel mucchio come i giacobini del Fatto. Mourinho come quelli del bar, Mourinho scontato, Mourinho qualunquista, Mourinho Viola (non la Fiorentina), come quelli che scenderanno in piazza domani. Questa è la grande invenzione tattica del profeta delle manette, gridare in faccia agli italiani uno sputo e una bestemmia: non siete onesti.
Il guaio di Mou è che quando entra nella parte non si ferma più. Mettiamola così. Lo stesso Mourinho ha confessato la sua svolta bacchettona: «Quando ho mostrato alle telecamere le manette non stavo mica pensando allarbitro». Vero. Pensava a Tangentopoli.
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