«Quello che tecnicamente si può fare, va fatto. Nessuna legge deve impedirlo». È il mantra degli scientisti e in genere dei seguaci della religione del Progresso. Ed è ovvio che su tutte le invenzioni e le innovazioni buone, cioè utili all'uomo, nessuno si oppone. La discussione è più complessa su ciò che può essere utilizzato per il bene o per il male. Perfino per la bomba atomica ci si divide. Qualcuno sostiene che gli arsenali nucleari hanno evitato (finora) una terza guerra mondiale, essendo un formidabile deterrente: chi lancia il primo missile sa che distrugge il nemico, ma sa anche che verrà a sua volta distrutto. Altri dicono che prima o poi qualcuno finirà con il premere il bottone, ed è per questo che perfino Oppenheimer si tormentò per tutta la vita.
Oggi il dilemma (deregulation o paletti?) riguarda l'Intelligenza artificiale. Sarà utilissima per molti aspetti della nostra vita: l'eliminazione di lavori usuranti, l'aiuto a persone con disabilità, la precisione nelle diagnosi mediche, le traduzioni simultanee e un'infinità di altre cose. Tuttavia, per una serie altrettanto infinita di operazioni che l'Intelligenza artificiale potrà svolgere, i timori di un «liberi tutti di fare ciò che vogliono» è ragionevolissimo.
Se n'è parlato martedì scorso alla Fondazione Luigi Rovati a Milano in un convegno organizzato da Inaz, l'azienda protagonista di tante innovazioni, fra le quali (76 anni fa) l'invenzione della busta paga. Che ne sarà, ad esempio, dei diritti d'autore? L'IA, dicono, produrrà articoli migliori di quelli scritti da noi giornalisti (e forse fin qui ci vuol poco) ma anche romanzi, trame e sceneggiature di film. E come? Attingendo a romanzi e film già prodotti, mettendo insieme cose prese da migliaia di autori. Un furto con destrezza, per essere chiari: e infatti a Hollywood sceneggiatori e doppiatori hanno scioperato per sei mesi. Ma lo stesso sarà per la medicina: l'IA elaborerà studi, ricerche, diagnosi, terapie e sperimentazioni fatte nel corso dei decenni da migliaia di medici, essi pure rapinati e mazziati.
Quando arrivò Internet, nella grande
euforia e nella tragica illusione di essere tutti più liberi, non si fecero regole. Con il risultato di avere consegnato l'intero potere a quattro o cinque colossi in tutto il mondo. Un errore che la politica non deve ripetere.
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