Bettiol: "Il ciclismo è cambiato e i ragazzi prima pensino a studiare"

Nel ciclismo si cambiano casacche, paesi, compagni e biciclette. Si cambia perché si cercano nuove opportunità e nuovi stimoli. I giovani non devono chiedere come arrivare al professionismo, ma come restare tra i professionisti

Bettiol: "Il ciclismo è cambiato e i ragazzi prima pensino a studiare"
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Uno scatto dei suoi, che non ti aspetti o forse che non ti immagini. Che però ti lasciano lì sui pedali. Così alla viglia di Ferragosto Alberto Bettiol dopo una decina di anni aveva lasciato la EF Education Easy post Procycling per mettersi la maglia dell'Astana. Fine. Fine di un bel viaggio con un team “garibaldino”, sempre pronto andare all’arrembaggio e a sconvolgere le logiche e le tattiche del gruppo. Perfetto per uno come lui perché come si dice sempre, "chi si assomiglia si piglia...". Ma le storie finiscono e l'avventura si era chiusa con un post su Instagram forse un po' all'improvviso. "Si forse sì, ma era arrivato il momento giusto- spiega Bettiol- Sentivo il bisogno di una nuova sfida e di nuovi stimoli e si ragionava per la nuova stagione poi però Vinokourov ha chiesto la possibilità di avermi subito e così abbiamo deciso. Qualche anno fa forse una scelta del genere mi avrebbe un po' destabilizzato ma ora, a trent'anni, mi è sembrato il momento perfetto per rilanciare, mi sento un corridore maturo e ho uno staff rodato con cui mi alleno e che mi seguirà. Per me è fondamentale....".
Si cambia nello sport. Si cambiano casacche, Paesi, compagni e biciclette... Si cambia perché si cercano nuove opportunità e nuovi stimoli. E per Bettiol nato trent’anni fa a Poggibonsi, dopo una carriera da professionista iniziata proprio nella casa statunitense che prima si chiamava Cannondale e poi con la Maglia della Ef con cui ha vinto il Giro delle Fiandre nel 2019, tappe al Giro e al Tour Down Under e quest’anno la Milano-Torino, il campionato italiano a Sesto Fiorentino e una tappa e la classifica finale del Tour de La Mayenne, evidentemente era arrivato il momento per svoltare. Per scattare. " Sia chiaro che anche se è stata una scelta fatta a metà stagione non è un salto nel vuoto- racconta - L'Astana è un team kazako ma conosco molti compagni di squadra e ci sono molti italiani. E poi c'è un progetto che non mi porterà a cambiare atteggiamento o modo di correre", che non è una minaccia ma assolutamente una speranza perchè in un ciclismo moderno fatto di tattiche, conti e di punti da portare a casa per le squadre che fanno classifica nel world Tour, Bettiol è ancora uno dei pochi capaci di correre "controvento".
"E' un modo di essere, forse di vivere- spiega- In corsa credo che si debba avere coraggio, anche di perdere, anche di fare una brutta figura. Ma non voglio finire una gara con il rimpianto di non averci provato. Sarebbe peggio...". E allora eccolo Bettiol che scatta sul Monte Morello, sul Vecchio Kwaremont, che ci prova a Glasgow sullo lo strappo di Montrose Street a caccia di un mondiale con un esito già scritto. C'è chi accetta e chi non s'arrende e il toscano, per nostra fortuna, appartiene alla schiera dei coraggiosi che provano sempre a giocarsela, magari anche a fine settembre nel mondiale a Zurigo.
"Spero di andarci, di essere tra i convocati- spiega l'azzurro - Ma non è la mia corsa, sarà una sfida lunga, difficile soprattutto se il meteo dovesse complicarsi, un mondiale quasi per scalatori con una salita di 5 chilometri che verrà ripetuta otto o nove volte. Io se ci sarò farò di tutto per dare una mano alla nazionale ma ci sono due favoriti assoluti: Tadej Pogacar e Remco Evenepoel. ...". E se ci sarà proverà a fare di tutto per dar loro fastidio, per rendergli la vita dura, per sparigliare. Come sempre. Nel suo ciclismo un po' antico, però modernissimo. " Il ciclismo dei nostri giorni è un altro sport rispetto agli anni epici del passato. Onore ai grandi campioni ma ora il ciclismo è completamente legato ad altre logiche. Quando qualche ragazzo mi chiede consigli per arrivare al professionismo la risposta che mi viene dal cuore non è come arrivare , ma come restarci tra i professionisti. Molti giovani arrivano e poi mollano non ce la fanno perchè arrivano in gruppo già stanchi da tanti anni nelle categorie giovanili affrontati con troppe responsabilità, troppa pressione. Poi si trovano ad affrontare stagioni infinite che cominciano a dicembre e finiisco ad ottobre, con sacrifici, viaggi, aerei, lontani dalle famigli e dagli affetti e vanno in difficoltà.

Credo che per un ragazzo oggi la priorità, anche se vuol fare ciclismo, sia studiare, imparare l'inglese, imparare a muoversi e a viaggiare, raffrontarsi co altri Pesi, altre culture...Certo poi deve anche pedalare forte è ovvio.... Ma il nuovo ciclismo è questa roba qui...".

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