Il Cile e quelli che nel '73 persero i sogni ma non si arresero

In libreria «L'ombra di quel che eravamo», l'ultimo romanzo di Luis Sepulveda dedicato agli sconfitti al tempo di Allende che tentano di riprendersi una vita mentre gli sfugge dalle mani

Quelli del '73 contro il resto del mondo. Quelli che nel '73 nascevano e quelli che nel '73 avevano già vent'anni e un pugno di sogni in tasca e nel cuore. Quelli che nel '73 vivevano a Santiago, dove pioveva a dirotto. La capitale del Cile trent'anni e spiccioli dopo. C'è un agente ragazzina che nel '73 nacque e Allende non sapeva chi fosse. E ci sono quattro reduci di quel manipolo di anarchici di sinistra che Allende lo appoggiarono fino alla fine. Avevano vent'anni e un pugno di sogni.
Tre decenni dopo la ragazza agente lavora alla Mobile, gli altri quattro progettano un colpo: è la riscossa degli sconfitti. Nella vita, nei cuori, negli ideali. Sconfitta e basta. I quattro in realtà sarebbero cinque, ma uno è un cadavere sull'asfalto, impregnato della pioggia battente nell'inverno cileno. E quell'acqua che cade assomiglia tanto a una metafora triste, a un pianto del cielo, a lacrime che bagnano la testa di chi c'era e quella di chi ha sentito racconti, ma nei mesi più tristi emetteva soltanto innocenti vagiti.
Anni dopo il Cile guarda indietro e non dimentica, scopre di aver buttato via gli anni più belli e che la pioggia non è soltanto un agente meteorologico. Ma scopre anche che esiste una vita oltre l'alienazione di chi ha perso gli affetti, di chi ha visto morire i propri ideali, di chi sopravvive allevando polli. La giovane poliziotta assiste, ascolta, domanda. E' un po' la controfigura di chi non c'era, di tutti quelli che non c'erano, perfino del lettore che si trova catapultato da Luis Sepulveda nelle pieghe di un romanzo che ha il sapore di uno spaccato storico e sociale. Noi che eravamo lontani o che non c'eravamo proprio, noi come l'agente, classe '73, che ascolta rapita, triste e incuriosita. Storia di desaparecidos e di torture, storie di corruzione e di paura, di lotta e di sconfitte. Storie di emigranti di ritorno che scoprono che anche a casa propria si può morire di fame e che la casa degli altri non sempre è peggio della propria.
«L'ombra di quelli che eravamo» (Guanda, pp. 154, euro 14,50) parla a chi è scappato e a chi è tornato, a chi non ci è mai stato e a chi ci ha lasciato la pelle. E' il lamento di un sogno spezzato, di un avvenire ricostruito a fatica, di un black out di tre decenni. Appunto. La vita della giovane poliziotta, la dittatura di Pinochet, la stagnazione, il congelamento di sogni e desideri, il rimpianto dell'emigrante che è tornato dove è nato e si sente straniero a casa sua.
Gia, quelli del '73. Soli contro tutti. Soli insieme a tutti. Soli e basta. Gli sconfitti dal destino e dalla Storia: quelli che non riescono a fare il colpo e nemmeno ad andare in galera pur confessando.

Quelli che scoprono che il destino può tanto ma non tutto e anche l'uomo può essere capace di condizionarlo. Sepulveda lo chiama lo specialista: è il quinto di quel manipolo che cadde nella sfera dei reietti mentre Allende cadde alla Moneta.

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