Pechino - Ai Weiwei torna in libertà. L’artista e architetto cinese autore del celebre stadio nazionale di Pechino conosciuto anche come "Nido d'uccello", è stato rilasciato oggi su cauzione dopo circa due mesi di detenzione. La notizia è arrivata dall’agenzia di stampa Xinhua secondo cui la polizia avrebbe rilasciato l’artista per buona condotta nel confessare il crimine.
Ai, che era stato imprigionato per frode fiscale, si è detto pronto a pagare le tasse che avrebbe evaso con la Beijing Fake Cultural Development Ltd, ha riferito ancora la polizia. "Non è ancora tornato a casa", ha riferito la sorella dell’artista Gao Ge che dichiara di non aver ricevuto alcuna telefonata dalla polizia. "I giornalisti ci chiamano e ci chiedono della notizia diffusa dalla Xinhua, ma noi siamo all’oscuro di tutto". Come riferisce AgiChina24,
Ai, 53 anni artista e dissidente cinese noto al grande pubblico soprattutto per aver collaborato nel 2008 all’ideazione del design dello stadio olimpico di Pechino, era stato arrestato senza alcuna motivazione il 3 aprile mentre si trovava all’aeroporto della capitale cinese. Per i quattro giorni seguenti Pechino mantenne il silenzio sull’episodio, mentre l’intera comunità internazionale lanciava diversi appelli alle autorità cinesi per il rilascio dell’artista accusando la Cina di voler mettere il bavaglio alle voci critiche del governo. Poi, il 7 aprile, Pechino ruppe il silenzio: l’artista "è indagato per reati economici» fece sapere la portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei precisando che «il suo arresto non ha nulla a che vedere con la questione dei diritti umani o della libertà di espressione e la comunità internazionale non ha alcun diritto di interferire in questioni interne".
Poche notizie sono state rilasciate negli scorsi mesi a proposito dell’arresto dell’artista, delle sue condizioni di salute e del luogo di detenzione. Massimo riservo imposto anche nei confronti dei familiari di Ai Weiwei: "Ai Weiwei sta bene, non ha subito torture nè è stato picchiato", riferiva una fonte vicina all’artista quando rese noto che, per la prima volta dopo l’arresto il mese scorso, la polizia aveva consentito ad Ai di incontrare sua moglie. "Lu Qing ha fatto una breve visita ad Ai Weiwei domenica sera", aveva dichiarato Liu Xiaoyuan, un avvocato impegnato a favore dei diritti umani e amico dell’artista. Ai coniugi fu però vietato parlare sia della detenzione sia del motivo dell’arresto di cui Lu Qing continua dunque ad essere all’oscuro. Ignoto era anche il luogo in cui avvenne l’incontro, anche se secondo l’avvocato non si tratta del luogo di detenzione. L’arresto aveva sollevato un coro di critiche da parte della comunità internazionale per cui l’accusa di reato economico avrebbe rappresentato solo un pretesto utilizzato dal governo, laddove Ai incarna una delle numerose vittime cadute nella tela della repressione del dissenso. Un giro di vite diventato più serrato negli ultimi mesi a seguito delle "proteste dei gelsomini" pro-democrazia organizzate a fine febbraio a Pechino e a Shanghai sulla falsariga di quelle magrebine.
Da allora il governo centrale ha ordinato l’arresto, il fermo o la deportazione nei campi di rieducazione di decine e decine di dissidenti, attivisti, intellettuali e
artisti incolpati di "sovversione ai danni dello stato". Ma, in realtà, analizzati caso per caso, gli arrestati sembrano essere accomunati solo dallo stesso sguardo critico con cui osservano l’operato del governo cinese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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