CINA

Dopo aver ammirato il tradizionale drago cantonese che ha attraversato via del Corso in occasione del capodanno cinese, i Romani possono immergersi nella «Cina del XXI secolo», grazie alla mostra appena inaugurata al Palazzo delle Esposizioni, in contemporanea con una rassegna sul cinema indipendente cinese. Fino al 18 maggio si possono ammirare le opere dei principali esponenti delle ultime generazioni di artisti, che con il loro lavoro riflettono sull’impatto che l’attuale società ha sull’esperienza personale, come suggerisce il sottotitolo della mostra, ovvero «Arte fra identità e trasformazione».
Con la presenza duale e conflittuale del comunismo e del capitalismo, i cinesi degli ultimi decenni sono cresciuti vedendo cambiamenti radicali, che hanno alterato profondamente il paesaggio e l’assetto urbano. Nell’arte ha preso forma una nuova sensibilità, con forme forse non molto dissimili da quelle occidentali, ma con un diverso linguaggio. Nelle opere di alcuni artisti è prevalsa la riflessione sulla propria identità, di come essa sia stata influenzata dalle nuove condizioni sociali. Non c’è un intento pedagogico o sociologico nelle loro opere, ma un momento d’incontro tra arte e cultura.
La mostra, curata da un cinese e da un’europea, mette insieme artisti già noti in Europa a partire dagli Anni Novanta ad altri sconosciuti. Ricordiamo che l’arte cinese contemporanea è stata in mostra alla Biennale di Venezia del 1993, suscitando interesse per i simboli visivi della Cina moderna. Fang Lijun, Zeng Fanzhi, Liu Xiaodong fanno parte della generazione di artisti post-1989 che hanno già riscosso un certo successo in occidente. Il gruppo di giovani dalla testa rasata che il pittore Fang Lijun ritrae nella piazza Tian’anmen riecheggia i personaggi creati dopo il 1989 dallo scrittore pechinese Wang Shuo. Quei giovani vivono ai margini della società, tra ribellione politica e cinismo. Anche Liu Xiaodong ritrae giovani degli anni ’90, ma docili e «onesti», e quindi meno interessanti agli occhi degli occidentali.
Tra le numerose installazioni e sculture non passano certo inosservati i grandi bronzi di Wang Du. Sono forme dinamiche che subiscono torsioni e compressioni, suggerendo un'idea di metamorfosi. Di grande impatto visivo sono le grandi foto montate su alluminio di Weng Fen. Mostrano due ragazze gemelle che si affacciano su panorami mozzafiato. Shanghai e Pechino appaiono modernissime, con i loro grattacieli di cristallo e le gru, simbolo delle trasformazioni urbanistiche ancora in atto. Le foto di Yang Fudong ritraggono giovani cinesi in ambienti nuovi, come metropolitane, supermercati, discariche, mentre Yang Zhenzhong fa vedere le acrobazie di una coppia su una bicicletta. Orari: dalle 10 alle 20; ven. e sab. dalle 10 alle 22,30; lunedì chiuso.


Alla mostra è abbinata anche una rassegna sul nuovo cinema cinese. Si parte il 21 e 22 febbraio con «Bumming in Beijing-The Last Dreamers) di Wu Wenguang (sala Auditorium ore 17) e con «Il sole sorge ancora» di Jiang Wen (sala Cinema alle 21) e si finisce il 18 maggio.

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