A movimentare un po' la calma piatta di questa Mostra del cinema numero 80 sono arrivate le dichiarazioni di Pierfrancesco Favino che sta conducendo una sua battaglia personale in realtà rivolta a sostenere tutto il cinema italiano: «Nessun Paese al mondo in questo momento sta consentendo a Pierfrancesco Favino di fare, giustamente, Kennedy o Ford. E noi invece stiamo tranquillamente dicendo che tutta la famiglia Gucci è italo americana, senza problemi. Se va bene, va bene per tutti». Ogni riferimento a House of Gucci di Ridley Scott è puramente voluto così come al suo protagonista Adam Driver che, in concorso a Venezia, ha vestito i panni di Ferrari di Michael Mann: «Per me un attore è libero di interpretare una giraffa belga. Quello è il nostro mestiere, noi esistiamo per essere quello che non siamo. Ma se le regole comuni sono queste, allora a queste regole dobbiamo partecipare anche noi. Soprattutto perché chi viene qui da noi ha un risparmio del 45% di tasse». E in effetti, stando ai dati del Ministero della Cultura, il film Ferrari ha ricevuto un tax credit per la produzione di ben 24,1 milioni di euro (su un budget di 66,3) praticamente tutti anticipati da Intesa Sanpaolo. Insomma l'Italia ha fatto la sua parte e forse l'idea di un attore o di un'attrice protagonista (la moglie di Ferrari è interpretata da Penèlope Cruz) non era così strampalata.
Le parole di Favino «sovranista» hanno suscitato un ampio dibattito trovando una sponda tra colleghi e registi come, per esempio, Pupi Avati: «Ha pienamente ragione, ha perfettamente senso che i personaggi italianai siano interpretati da italiani. Ferrari, un modenese, che viene dal Nebraska, fa un po' ridere». Rocco Papaleo concorda e, dice, «se si creassero due fronti, uno a favore della dichiarazione di Favino e uno contrario, io sono schierato con il fronte favorevole». Tranchant anche Edwige Fenech: «Favino ha ragione, gli americani hanno avuto molto più spazio nei film italiani che non il contrario».
E per un Gabriele Salvatores e un Giorgio Tirabassi più cauti, con un invito a riflettere su un tema «molto complesso», ecco un Pino Insegno molto duro sull'appropriazione culturale: «Noi doppiatori in tempi non sospetti abbiamo fatto uno sciopero a favore di questo tema quando per I promessi sposi furono prese persone straniere, tra cui Danny Quinn, e noi abbiamo detto grazie no: per i film italiani servono attori italiani». A sottolineare il coraggio di Favino è anche Alessandro Siani: «Ben venga chi si prende la responsabilità di rompere gli argini della banalità e raccontare qualcosa che magari si dice in uno stretto giro di persone ma poi nessuno ha il coraggio di dirlo pubblicamente».
Pino Insegno torna invece su Ferrari per il quale «avrebbe chiamato un attore italiano nuovo, bravo, che magari grazie a questa interpretazione diventa un attore famoso».
Mentre Monica Guerritore, che sta preparando il suo primo film da regista su Anna Magnani, confida: «Anche io mi sono sentita dire che se avessi affidato il ruolo a una star americana avrei conquistato il mercato mondiale, ma la Magnani non può che essere interpretata da un'attrice italiana». A questo proposito Andrea Iervolino, uno dei produttori con Ilbe di Ferrari nel mirino di Favino ha annunciato che, nel prossimo Modigliani diretto da Johnny Deep, Riccardo Scamarcio sarà uno dei protagonisti».
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